Le pietre parlano - Ex Sanatorio Banti, la voce di due istituzioni

Seconda tappa dentro la vicenda del ‘gigante devastato’ di Pratolino. Il caso Banti: come e perché salvare dal degrado e restituire alla collettività l'ex Sanatorio gioiello della salute, dell'architettura, dell'ambiente e del paesaggio

Girolamo
Girolamo Dell'Olio
11 novembre 2019 11:16

Proseguiamo oggi questo viaggio proponendo due testimonianze distanti tredici anni l’una dall’altra.

La prima, in data 2006, è la “Relazione Storico-Artistica” che accompagna ii Decreto di vincolo n. 108 a firma di Antonio Paolucci, storico dell’arte, qui Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana: analiticamente descrittiva, severamente ammonitrice.

La seconda - razionalmente preoccupata ma non chiusa all’ottimismo della volontà – risale a pochi giorni fa, il 6 novembre: è quella di Riccardo Impallomeni, geologo, assessore all’Ambiente del Comune di Vaglia, che ospita sul suo territorio il ‘gigante devastato’, oltre a una quantità impressionante di ricchezze storiche, architettoniche e naturalistiche, fra Bivigliano, Pratolino, Paterno, Cerreto Maggio e Pescina, dal Monastero dei Sette Santi Fondatori alle pievi medievali, da Villa Pozzolini a Palazzo Corsini, dal Parco mediceo rinascimentale di Villa Demidoff alle abetaie secolari di Monte Senario fino al Parco territoriale di Monte Morello, Sito di Importanza Comunitaria.

Lasciamo alla video-intervista all’assessore qui allegata, accordataci nella sede del Municipio, il compito di commentare l’attualità dal punto di vista dell’Amministrazione comunale.

Raccogliamo qui invece, a seguire, una serie di passi della puntigliosa Relazione consegnata da Antonio Paolucci il 27 febbraio 2006. Un atto del quale abbiamo avuto la ventura di trovare traccia negli archivi elettronici dell’Azienda Sanitaria proprietaria dell’Ex Sanatorio “Guido Banti”.

Iniziamo dai dati che ci restituiscono senza veli la qualità di questo bene.

“La costruzione del complesso fu decisa nel 1934 dall'Amministrazione Provinciale di Firenze allo scopo di realizzarvi un convalescenziario per lavoratori di ambo i sessi; il luogo fu scelto per la salubrità dell'aria, la ricchezza dei boschi e la lontananza dalla città. […] I lavori, iniziati dall'INFPS nel giugno 1934, furono conclusi con la realizzazione di un edificio sanatoriale in luogo del previsto convalescenziario, nell'autunno del 1939, su progetto degli ingegneri Giocoli e Romoli.

L'edificio sanatoriale è tra i primi edifici italiani costruiti interamente in cemento armato ed è caratterizzato da forme sobriamente geometriche tipiche dell’architettura razionalista.

L'abbondanza di balconi e finestre che si affacciano verso valle e le vetrate dell'ultimo piano, pensate per dar luce alle verande elioterapiche, testimoniano la volontà di utilizzare i benefici influssi della natura circostante a fini terapeutici.

A partire dal 1924, anno di istituzione del Consorzio Provinciale Antitubercolare, Firenze divenne una città all'avanguardia nella lotta alla tubercolosi e il sanatorio Guido Banti costituisce l'ultima realizzazione di istituzioni antitubercolari della provincia. Durante la costruzione del convalescenziario, al fine di dotare la nascente istituzione di un quantitativo di acqua sufficiente, la principessa Demidoff donò nel 1935 all'Istituto Fascista per la Previdenza Sociale le sorgenti idriche di sua proprietà. […]

Il complesso è collocato su una pendice montana esposta a sud ovest […]; l'esposizione e la forte presenza di vegetazione erano condizioni ottimali per far svolgere alla struttura la funzione sanitaria a cui era preposta, integrata anche da alcuni artifici vegetazionali e di profilo del suolo messi in atto dai progettisti del tempo per ottenere un microclima capace di fornire un risultato benefico per la salute.

Per quanto sin qui esposto, il complesso in oggetto possiede i requisiti di interesse storico artistico tali da renderlo meritevole di tutela. […] Ha la forma di un quadrilatero irregolare ed è situato in un'area collinare compresa fra quota 460 e 500 mt. sul livello del mare; è delimitato ad ovest da via dell'Uccellatoio, che collega via Bolognese con la strada dei colli alti che, a mezza costa del monte Morello, porta a Sesto Fiorentino; a nord confina con ampi prati del poggio Carega ed a est con un bosco di proprietà comunale adiacente al parco della Villa Demidoff. La distanza da Firenze è di circa 8 Km. […]

Dei vari immobili presenti, il principale è […] l'ex ospedale, costituito da 5 piani fuori terra, oltre ad alcuni vani ai piani quinto, sesto e settimo (torre) ed una piccola porzione al piano interrato, per una superficie complessiva di circa 12.000 mq ed una volumetria di circa 58.000 mc. Presenta un impianto articolato, risultante dalla somma di due corpi longitudinali slittati e raccordati al centro da un'ala trasversale; a tale articolazione planimetrica corrisponde l'estrema compattezza dei volumi che si qualificano come corpi a sviluppo orizzontale coagulati attorno al tema centrale dell'ingresso convesso e della torre dei collegamenti verticali, punto di riferimento visivo fondamentale per il paesaggio circostante.

La rigorosa volumetria dell'impianto è movimentata dal gioco delle altezze: due piani fuori terra per il corpo dell'ingresso, 5 e 6 piani per le ali dei reparti, 7 piani per la torre dei collegamenti. Benché informati al medesimo lessico razionalista, i fronti sono diversi in relazione alla funzione ed alla rappresentanza: più semplice quello orientale, caratterizzato da una maggior ricercatezza formale quello verso valle. […] La torre, vero e proprio asse compositivo del sistema, presenta due nastri verticali in vetrocemento che la tagliano per tutta l'altezza sui lati ovest e sud e in corrispondenza dell'ultimo livello; una serie di aperture a feritoia su tutti i fronti (tre e quattro per lato), costituiscono un evidente richiamo all'architettura fortificata medievale.

[…]

La struttura portante è in cemento armato con solai dei piani e della copertura in laterizio armato gettato in opera. Analogamente in c.a. sono state realizzate le scale interne”.

Alcuni fra i tanti dettagli:

- “La pavimentazione dell'ingresso principale è realizzata con disegni geometrici che esaltano la circolarità dell'ambiente con elementi di marmo e campiture in tessere a mosaico in grès di colore giallo, verde chiaro e verde scuro; i pilastri dell'ingresso sono rivestiti in lastre di marmo;

- Le scale sono tutte realizzate in lastre di marmo bianco apuano, cosi come nello stesso marmo sono state realizzate le finiture dei corrimani”.

Ma non è solo di ex-ospedale che qui si tratta.

Una descrizione altrettanto minuziosa è riservata alle numerose altre componenti edificate: la palazzina d'ingresso, la centrale termica, l’ex officina-falegnameria, la serra, l’edificio del servizio veterinario.

C’è poi l'area di pertinenza del complesso ospedaliero, “costituita da viabilità di accesso, parcheggi scoperti, viali pedonali e carrabili, aree per impianti tecnologici e verde a corredo dei fabbricati […], composto da una serie di aiuole […].Tutte le aiuole, allo stato attuale, occupano una superficie complessiva di 1.850 mq: ospitano maggiociondoli, ligustri, cipressi dell’Arizona, un bell’esemplare di mandorlo, lecci, cespugli di buxus pumila, cedri deodara, un cipresso non piramidale, pittosporum tobira, hibiscus syriacus, viburnum tinus, nerium oleander, wistaria sinensis.

Si passa, successivamente, alla descrizione dell’architettura vegetale vera e propria: “Il vasto parco, di una superficie complessiva di circa 51.500 mq., è costituito da una zona a gradoni situata immediatamente a monte del fabbricato principale, da un giardino geometrico all'italiana adiacente alla zona a gradoni e per la restante parte da bosco selvatico, prati ed un bacino idrico. Gran parte del parco confina con il bosco di altofusto misto della Garena di circa 30 ettari e di proprietà comunale.

[…] Il profilo artificiale dei gradoni ha funzione di riparo dai venti freddi di tramontana”. La superficie complessiva dei 6 gradoni “è di circa 9.000 mq. di cui oltre la metà sono le scarpate coperte da un manto erboso”.Ciascun gradone ospita una o più tipologie di piante, in svariati esemplari: ligustro, cupressus Arizonica, cupressus sempervirens, cupressus sempervirens pyramidalis, calocedrus, calocedrus decurrens, cedrus atlantica, cedrus deodara.

Vi sono infine le zone a bosco, con piante arboree spesso mature, comprendenti esemplari ad alto fusto di pino nero, cipressi, cenosi mista cedro-cipresso e piante sparse e di bordura.

L'alto fusto di pino nero occupa una superficie di ha. 1,8 ed è derivato da un imboschimento quasi in purezza ormai maturo”. I percorsi esistenti sono “parte con fondo in conci di pietra forte ed alberese e zanelle laterali in cemento, parte con fondo naturale in parte massicciato”.

E ancora: “A nord si trova un bellissimo prato stabile delimitato da un frangivento di cipresso, alberatura lineare di circa 80 m. che svolge una importante funzione di barriera al vento di tramontana. La cenosi mista è dislocata principalmente in due piccole aree a nord e a ovest del parco e comprende essenze sempreverdi, per una superficie complessiva di circa ha. 0.40”.

Infine, due sorprese.

Uno specchio d’acqua nel bosco. “Fra l'alto fusto di pino nero ed il prato stabile è inserito un bacino impermeabilizzato in cemento con funzioni di riserva idrica, di circa 1.200 mq. di superficie. E’ il lago di cui ci parlava appunto il cuoco del Sanatorio, Giuseppe Nencini…

E un giardino all’italiana. “Il giardino all'italiana è posto nella zona est del parco, a monte dei gradoni alberati ed occupa una superficie di circa 6.500 mq., in leggera pendenza, ben esposta a sud. L'impostazione del giardino è classica, con spazi simmetrici: tappeti erbosi delimitati da vialetti e siepi a forma geometrica e strutture in muratura per arredo. Numerosi i sedili in muratura, sempre ben protetti dai venti ed in certi punti anche ombrati.

I principali elementi strutturali sono:

- nella parte alta un'area con ninfeo e belvedere, contornato a monte da un ampio spazio per sedere e da una siepe molto aromatica di pittosporo;

- in basso a est un rondò in piano, chiuso da una siepe di leccio e accessibile solo da un piccolo varco, stile labirinto;

- in basso al centro uno spazio semicircolare ombrato, idoneo per relax nei periodi caldi;

- al centro una scalinata in conci di pietra e elementi prefabbricati di cemento in colore rosato posti come cordonato. Scale e vialetti del giardino all'italiana hanno lo stesso tipo di pavimentazione, una larghezza di tre metri, zanelle laterali in cemento e si sviluppano per 410 m. di lunghezza”.

Può bastare?

Vien voglia di innamorarsi, di un posto così…

Ma sarà opportuno leggere anche altri brani di questa Relazione, per toccare con mano di quanta incuria un’opera così preziosa è stata fatta segno.

Siamo ancora a febbraio 2006, e Antonio Paolucci scrive testualmente, a proposito dell’edificio dell’ex ospedale:

- “La struttura portante in c.a. è in buone condizioni così come i solai, anche se al piano delle copertura vi sono diverse infiltrazioni di acqua piovana dovute soprattutto a cattiva manutenzione del sistema di raccolta e canalizzazione delle acque meteoriche.

- Le grandi vetrate delle sale elioterapiche del quarto piano erano fornite di avvolgibili in legno, ormai in gran parte asportati o molto deteriorati.

- Le condizioni generali di tutte le finiture sono di estremo e diffuso degrado.

- L'impianto idrico sanitario […] presenta consistenti perdite diffuse ed in pratica non risulta più utilizzabile.

- Solo uno dei tre ascensori risulta ancora funzionante”.

Passando alla palazzina d’ingresso:

- “Le condizioni generali, con l'eccezione di alcuni locali al piano terreno, si presentano estremamente degradate, con pavimenti e rivestimenti con distacchi e rotture diffuse, infiltrazioni d'acqua dalla copertura nei locali posti al piano primo con grave deterioramento delle finiture e parziali cadute di intonaci e lesioni sul solaio di copertura e sulle pareti esterne.

- L'impianto di riscaldamento a radiatori, alimentato dalla centrale termica generale, è completamente fuori uso ed inutilizzato da anni.

- L'impianto elettrico è da considerarsi praticamente inesistente”.

Quanto alla centrale termica, “il fabbricato, le sue finiture e gli impianti, versano in stato di completo degrado dovuto all’abbandono”.

Anche la serra “versa in cattive condizioni di manutenzione”.

Nel parco, dove “a monte di tutte le pedate è in opera una canaletta in cemento per la raccolta e la regimazione delle acque piovane; il manufatto, lungo complessivamente 840 m., è deteriorato per uno sviluppo totale di circa 200 m.”.

Nel bosco, “l'alto fusto di pino nero, […] derivato da un imboschimento quasi in purezza ormai maturo”, presenta “esemplari deperiti e talvolta in equilibrio instabile” e “i percorsi esistenti, parte con fondo in conci di pietra forte ed alberese e zanelle laterali in cemento, parte con fondo naturale in parte massicciato, sono in gran parte degradati”. Abbiamo documentato con più scatti, nel servizio del 17 settembre scorso, le condizioni rovinose in cui versa oggi questo povero bosco! Anche la recinzione di sicurezza in filo spinato del lago “è precaria. Il fondo impermeabilizzato del bacino presenta depositi terrosi e detriti organici accumulati nel tempo. Il bacino richiede interventi di messa in sicurezza e di sistemazione del fondo naturale del percorso perimetrale”.

Nel giardino all’italiana, “le condizioni degli elementi in muratura, compreso la vasca delle ninfee, richiedono radicali interventi di pulizia e sistemazione”. L’impianto fisso di irrigazione presenta “prese e saracinesche interrate, corrose dalla ruggine e con le tubature fuori uso”. Inoltre, “diversi sono anche gli alberi e arbusti nati spontaneamente e lasciati crescere senza rispettare il criterio architettonico del giardino”.

Concludendo, annota Paolucci, anche il parco, come tutto il complesso, risente del generale stato di abbandono e necessita quindi di interventi consistenti e urgenti volti a restituirgli la sua originaria funzione.

Nel Decreto n. 108/2006 che accompagna la Relazione Storico-Artistica e vincola il bene denominato “Ex Sanatorio Guido Banti dichiarandolo “di interesse ai sensi dell’art. 10 comma 1 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in quanto possiede i requisiti di interesse storico artistico e rimane quindi sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel predetto Decreto Legislativo”, si legge anche: “La planimetria catastale e la relazione storico artistica fanno parte integrante del presente decreto che verrà notificato ai proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo del bene che ne forma oggetto”.

Ci domandiamo: che ne è stato - negli anni trascorsi dal 2006 ad oggi - dei richiami formulati da Antonio Paolucci? cosa prevedono le “disposizioni di tutela” contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio? e perché non si è provveduto agli “interventi consistenti e urgenti” analiticamente invocati per conto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali?

Qualcuno sarà in grado di dare cortesemente qualche spiegazione?

Girolamo Dell’Olio

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