Imprese toscane e ripresa: nuovi mercati e prodotti, le leve per ripartire

Cresce la fiducia fra le imprese, soprattutto nei settori a più elevato contenuto di conoscenza e tecnologia. Permangono difficoltà nella gestione della liquidità e sul fronte del credito. Mercatone Uno di Capannoli: oggi incontro istituzioni-azienda

Nicola
Nicola Novelli
13 maggio 2014 23:28
Imprese toscane e ripresa: nuovi mercati e prodotti, le leve per ripartire

Firenze, 13 maggio 2014 – In un contesto che sta tornando ad essere maggiormente favorevole, l’indagine realizzata da Unioncamere Toscana su un campione di circa 2 mila imprenditori evidenzia un leggero miglioramento delle aspettative per i prossimi mesi: il 7% delle aziende toscane prevede una crescita del proprio volume d’affari nel corso del 2014 (era al 3% nell’indagine dello scorso anno), mentre la quota di quelle che ritengono probabile una diminuzione scende al 37% (era al 44%).

Un “clima di fiducia” maggiormente positivo si respira soprattutto nei settori a più elevato contenuto di conoscenza ed a maggiore intensità tecnologica, come l’ingegneria meccanica ed elettronica (dove la quota di imprese che prevede un aumento del proprio fatturato è pari al 14%), l’informatica (15%) ed i servizi avanzi alle imprese (16%).

Come già nel recente passato, i mercati internazionali continueranno a rappresentare la principale fonte di stimolo alla ripresa dell’attività: la domanda estera è infatti prevista in crescita dal 12% degli imprenditori toscani, contro una quota più contenuta di coloro che prevedono un’espansione della domanda interna (il 7%).

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“L’indagine realizzata – sottolinea Vasco Galgani, Presidente di Unioncamere Toscana – restituisce l’immagine di un sistema imprenditoriale che, dopo la seconda dura recessione in soli cinque anni, sta affrontando una nuova fase cercando di rialzare la testa, attraverso l’elaborazione di nuove e più complesse strategie di risposta alle difficoltà fin qui incontrate. Si tratta per il momento di segnali nel complesso ancora deboli, ma che rappresentano una condizione essenziale per tornare a progettare il futuro.

È necessario che questo nuovo atteggiamento, per ora circoscritto soprattutto ad alcuni settori, sia alimentato e sostenuto da misure volte a rendere più semplice il rapporto fra pubbliche amministrazioni ed imprese, a rivitalizzare il mercato interno e soprattutto ad incidere favorevolmente sulle condizioni di liquidità e di accesso al credito, in questo momento i fattori che maggiormente ostacolano una ripresa degli investimenti da parte delle imprese”.

Nonostante i miglioramenti attesi, la dinamica dei prezzi di vendita resterà comunque estremamente contenuta, con solo il 2% degli imprenditori che prevede adeguamenti al rialzo dei prezzi nel corso del 2014 ed il 14% che – al contrario – ritiene probabile una riduzione: l’indagine conferma dunque come, nello scenario attuale, non vadano sottovalutati i rischi di deflazione, il cui eventuale innesco potrebbe compromettere sul nascere l’avvio ed il consolidamento di una fase di ripresa.

Anche su altri fronti l’atteggiamento degli imprenditori rimane estremamente prudente, come nel caso degli investimenti, dove la quota di imprenditori che ha programmi per il 2014 si ferma al 7%, dell’occupazione, con una quota estremamente ampia di aziende (il 92%) che prevede una situazione di stabilità dei propri organici per l’anno in corso.

Si tratta di una prudenza che appare giustificata da varie circostanze, in primo luogo dal fatto che circa un’impresa su quattro (il 26%) prevede che l’anno in corso si caratterizzerà per un nuovo peggioramento sul fronte della gestione della liquidità, un dato in riduzione rispetto alle precedenti rilevazioni (33% nel 2013, 44% nel 2012) ma pur sempre elevato, soprattutto se comparato alla quota del tutto marginale (solo l’1%) che ritiene probabile un miglioramento su questo fronte.

Sono soprattutto le imprese più piccole ad avvertire le maggiori difficoltà, dal momento che la gestione della liquidità è prevista in peggioramento dal 27% delle aziende fino a 9 addetti contro il 15% di quelle con almeno 10 addetti; una situazione molto sfavorevole caratterizza inoltre le imprese artigiane, con aspettative di peggioramento che interessano il 30%.Preoccupante è inoltre l’aumento della quota di imprese che, nel ricorso all’indebitamento bancario, hanno destinato tali risorse allaristrutturazione del debito (sono passate dal 18% del 2013 al 33% della presente rilevazione), nella misura in cui a tale motivazione è connesso il diffondersi di situazioni di crisi aziendale.

L’indagine registra inoltre un’attenuazione delle difficoltà di accesso al credito: la quota di imprese che giudica le condizioni di accesso meno favorevoli scende al 33% dopo aver toccato il 60% nei due anni precedenti. La distensione nelle condizioni di erogazione dei prestiti appare tuttavia ancora parziale, dal momento che tale quota, seppur in diminuzione, resta su livelli superiori a quelli del 2009 (23%), anno già fortemente caratterizzato dall’irrigidimento delle condizioni di accesso al credito conseguente ai riflessi della crisi finanziaria.

Le difficoltà maggiori vengono segnalate dai settori del sistema moda (51%), dell’edilizia (44%), dei trasporti (38%) e dell’informatica (37%), oltre che dalle imprese artigiane (38%), subfornitrici/contoterziste (41%) e dalle aziende prevalentemente esportatrici (37%).

È soprattutto dall’analisi degli orientamenti strategici messi in atto dagli imprenditori che sembra trasparire il ritorno ad un clima di fiducia più favorevole. Gli interventi volti al contenimento dei costi di produzione/gestione restano quelli più diffusi (63%), risultando inoltre in aumento (insieme agli interventi per la razionalizzazione dei costi di approvvigionamento e logistica) rispetto ad un anno fa.

La ricerca di una maggiore efficienza operativa è peraltro ancora una volta giustificata dalla necessità di recuperare adeguati livelli di redditività, a fronte di politiche di prezzo che rimangono estremamente caute, e che si traducono in un ampio ricorso a pratiche commerciali volte alla compressione dei margini (segnalate dal 57% delle imprese).

Sostanzialmente stabile (all’11%) resta la quota di imprese che stanno ampliando la gamma dei propri prodotti/servizi ed una diminuzione caratterizza l’adesione ad iniziative di rete (9%) che – tuttavia – si rivelano più diffuse all’interno del settore dei trasporti/logistica (17%), dei servizi avanzati alle imprese (15%), dell’agricoltura (14%) e del commercio (11%).

Si registra al contrario un ampliamento dei casi volti alla ricerca di nuovi canali e forme distributive/promozionali, soprattutto fra le imprese del turismo (41%) e dei servizi avanzati alle imprese (36%), così come si evidenzia una maggiore propensione sia ad operare sui mercatiesteri (dal 9% della precedente indagine al 13% della presente rilevazione) che ad aprire nuovi sbocchi all’interno del mercato nazionale (dal 14% al 16%).

Ed è proprio la ricerca di nuovi sbocchi di mercato che più sembra “fare la differenza” nel contesto attuale: la quota di imprese che registrano un aumento di fatturato, pari nel complesso al 7%, cresce infatti in maniera significativa nel caso di coloro che hanno posto in essere strategie finalizzate alla ricerca di nuovi sbocchi sul mercato domestico (22%) e delle imprese che si sono rivolte a nuovi mercati esteri (28%), seguite a distanza dalle performance delle aziende che hanno perseguito un ampliamento dei prodotti/servizi realizzati.“La Toscana deve riuscire ad aprire il portafogli dell’Europa e cominciare a farsi finanziare progetti di sviluppo industriale, facendo leva su quelli che sono i suoi punti di forza principali, cioè i distretti.

Dalla pelle alle calzature, ma anche il marmo, il mobile e il legno, la nostra regione può contare su filiere produttive importanti, che però spesso non riescono ad accedere ai fondi stanziati dall’Unione Europea come invece fanno i distretti di altre regioni europee, che non hanno più qualità dei nostri ma solo maggiore capacità di proposta. Tocca dunque alle istituzioni governare un progetto di sviluppo che porti alla creazione delle condizioni idonee per intercettare questa opportunità.

Bisogna cominciare a lavorare in stretta sinergia tra Regione e i rappresentanti toscani nel parlamento europeo per definire le strategie più opportune. Perché l’Europa non vuol dire solo tasse, spending review e austerithy ma costituisce anche una preziosa opportunità che noi non siamo riusciti a cogliere che in minima parte per la riqualificazione e il rilancio produttivo”. Giovanni Fittante, segretario regionale per la Toscana dell’IdV e candidato alle prossime elezioni Europee, lancia la proposta di una task force coordinata dalla Regione per favorire l’accesso ai finanziamenti europei, che preveda la collaborazione di esperti delle norme che regolano l’erogazione, nella presentazione delle richieste e nella verifica dei requisiti.

“Ci piacerebbe che a questo fine contribuissero anche le università toscane attraverso loro consulenti, così da dare vita a un pool di esperti al servizio dei nostri distretti industriali. Perché occorre valorizzare le nostre eccellenze produttive, creando le condizioni per lo sviluppo e quindi il rilancio occupazionale ed economico”.Il primo obiettivo rimane la difesa dell'occupazione ed è in questo senso che le istituzioni hanno preso atto della disponibilità dell'azienda a confrontarsi con i sindacati per cercare di ricollocare il personale in esubero della Mercatone Uno di Capannoli presso altri centri vendita del gruppo, anche facendo ricorso agli ammortizzatori sociali disponibili. Questo quanto emerso dall'incontro che si è svolto oggi sulla situazione di crisi del punto vendita nel comune pisano ed al quale hanno partecipato l'assessore regionale a lavoro e attività produttive, l'assessore provinciale al lavoro, i sindaci di Capannoli e Pontedera e i rappresentanti dell'azienda. Le istituzioni, che avevano chiesto all'azienda di riconsiderare la decisione di chiudere il sito di Capannoli, hanno inoltre preso atto che è in corso un confronto a livello nazionale tra l'azienda stessa e le organizzazioni sindacali sulla ristrutturazione di tutti i punti vendita Mercatone Uno. I rappresentanti dell'azienda hanno anche informato che sta andando avanti il confronto con il sistema bancario per la ristrutturazione del debito.

Confermata anche la disponibilità di Mercatone Uno a favorire il subentro di altre attività produttive nel sito di Capannoli.

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