Il futuro del calcio e una sua breve storia

Lo abbiamo visto durante la prima partita della stagione 2018/19 di Serie A

19 agosto 2018 14:37
Il futuro del calcio e una sua breve storia

La Juventus del mister Massimiliano Allegri ha durato non poca fatica nel portare a casa i tre punti. Il Chievo si chiudeva bene col 4-4-2 senza concedere troppi spazi alle giocate dei calciatori più tecnici tra i bianconeri.

Un errore, francamente grossolano, è stato quello di limitare Dybala, relegandolo al ruolo di mezz’ala in fase di possesso avanzato. Pjanic non ha la velocità, né tecnica né tattica e nemmeno la fisicità che gli possano permettere di stare dentro una mediana a due. Il suo compito era fare da regista ed impostare la manovra, appoggiandosi spesso a Bonucci (unico difensore italiano che possegga un piede abbastanza educato), mentre Khedira si alzava e Dybala si abbassava. Così costruivano un centrocampo a tre con cui far circolare meglio il pallone. Anche se poi questa scelta è risultata sterile.

Cuadrado e Costa, che sono i più energici e bravi incursori, dovevano accentrarsi e ricevere palla fra le linee. Douglas Costa plausibile, ma Cuadrado, poco abile come seconda punta, brancolava nel buio più totale. Inoltre, per giocare su vie centrali quando un’avversaria ti stringe all’interno della sua morsa, devi avere sugli esterni sempre un uomo che ti garantisca di allargare le maglie opponenti. Tali erano i compiti di Cancelo e Sandro, che tralasciavano la linea difensiva per immolarsi stile Barcellona di Guardiola; dove venivano sfruttate le caratteristiche che Dani Alves aveva espresso maggiormente col Siviglia, cioè quelle di esterno rapido e inseritore. Poi ripreso da Montella durante la sua permanenza a Firenze: il 3-3-4 in fase di possesso dentro la metà avversaria.

Ronaldo aveva un compito che ovviava all’errore dell’errore dell’errore: doveva muoversi lungo tutta la linea a 4 del Chievo Verona o fungere da incontrista, lasciando spazi sia per le peculiarità degli esterni sia per aiutare Costa, Cuadrado e i tre del centrocampo ad impostare la manovra. Perciò non ha fatto gol.

Ogni problematica sarebbe stata risolta tenendo fuori Cuadrado e giocando con un classico 4-3-3 (con Dybala nel trio offensivo).

Perché citare la Juventus? Semplice, perché il calcio europeo ormai verte verso quella che potremmo chiamare “in-definizione logica dei ruoli”. E la Fiorentina non ne è esente.

Questo stile di gioco, già ampiamente utilizzato dalla Svezia del ’58, fu, prima, la corrente filosofico-calcistica che divampava nell’Argentina del giovanissimo Di Stefano. Senza nulla levare alla “mano de Dios”, ma chi cambiò la storia del calcio è un uomo che cambiò pure quella d’un club oggi padrone di quasi ogni record.

Alfredo Di Stefano portò la magia della “vieja” (il nome che gli argentini davano al pallone) in un “calcio” fatto di corsa negli spazi e palle lunghe. Spiegandolo brevemente insegnò a giocare attraverso la palla e non con essa. Quindi quella sfera diventava l’energia intrinseca che il giocatore esprimeva toccandola, passandola, sfiorandola. Diventò un amuleto, un portafortuna. Divenne un modo astratto per sfogare idee e sogni. Si sa, studiando la storia, che gli Indios (letteralmente “popolo di Dio”, perché avevano accolto i nuovi arrivati dall’Europa come fossero loro fratelli e Colombo rimase ammaliato da tanta spontaneità che diede loro questo nome) fossero uomini sensibili.

Che ciò possa essere rimasto anche dopo che furono massacrati e rinchiusi nelle riserve, si può spiegare con lo sport e la vita che vi sta attorno soprattutto nel Sud-America. Qui il “fútbol” è parte integrante se non il cuore della vita stessa. In Europa è solo spettacolo, nomi e business. Perciò i calciatori sudamericani a volte “perdono la testa”, perché entrano in contatto con un mondo diverso dove talento e soldi non vanno di pari passo. Vedono denaro e fama accrescersi.

Infine scoprono che lì si pensa solo ai propri affari. 

Pensate ad un bambino che non sa niente e deve imparare, se tu gli insegni cose buone sarà buono, se tu gli insegni cose cattive sarà cattivo. La solita cosa succede a questi ragazzi che ripartono da zero e devono imparare a vivere in un luogo fino a quel momento quasi sconosciuto.

Tornando a noi, la “in-definizione logica dei ruoli” ha due matrici, una già detta, mentre l’altra la affrontiamo adesso.

Gli europei non hanno mai accettato di buon grado i cambiamenti che le diversità etnico-culturali portano, ma davanti ad una teoria effettivamente provata non si indignano troppo. Ovviamente non vogliono perdere, come qualunque popolo, l’identità che li contraddistingue e infatti decidono sì di accettare l’idea del calcio fantasioso, però la tattica, la preparazione atletica e soprattutto i sistemi di gioco non vengono aboliti, anzi si scopre che possono essere integrati per rendere più imprevedibili le squadre. Ecco la nascita del calcio contemporaneo.

Dagli anni ’50 fino ad oggi abbiamo assistito a questa evoluzione che ha portato alla costruzione d’un gioco elastico, offensivo e dinamico. Con due figure diventate indispensabili per il calcio: il regista e il trequartista.

Subito dopo il Grande Torino era difficile trovare squadre che ricalcassero uno stile simile (nessuno potrà mai eguagliarlo), ma qualche modifica c’è stata (Di Stefano) e ha riguardato i ruoli. Oggigiorno allenatori che hanno apportato rivoluzioni abbastanza nette sono Bielsa e Guardiola. Il primo, argentino, quasi annullandoli e il secondo, spagnolo, plasmandoli. Argentina e Spagna continuano ad accompagnarsi.

Bielsa sviluppa il gioco sull’occupazione in ampiezza del campo e la circolazione ampia del pallone, mentre Guardiola lo sviluppa in chiave tattica, sfruttando gli inserimenti dei giocatori senza palla e il gegenpressing a specchio sull’avversario. Effettivamente è proprio da quest’ultimo che vediamo prendere una rotta più indefinita dei ruoli. Il regista, che nel ’92 Guardiola era per Cruijff al Barcellona, qui ottiene un diverso incarico: può dettare anche i tempi di gioco, ma, importantissimo, deve anticipare i pericoli ed essere un difensore aggiunto.

Nel football moderno questo giocatore non deve essere concepito diversamente. Poi il concetto rivoluzionario del trequartista per Guardiola lo vediamo con Muller: giocatore ombra che crea i presupposti dell’azione offensiva, che si inserisce alle spalle dei difensori o dove il giocatore avversario non c’è. Insomma due ruoli che legano un intero undici.

Tutto questo cosa significa? Significa che la Juventus, come la Fiorentina se non lavora meglio sulla mediana durante il pressing, ha giocato male per mancanza di uno di questi due giocatori. A cui ormai si sono date le chiavi per risolvere ogni enigma calcistico.

L’evoluzione del calcio sembra portarci verso un gioco corale, nel quale i sistemi tattici fanno la differenza e i giocatori diventano pedine complete, posizionate in ruoli di evenienza. Sparirà il calciatore pensante di Cruijff e talenti simili ad Iniesta, Xavi e Modric.

In evidenza