Ieri sera Peppe Voltarelli in concerto alla Dogaia

Per un pubblico misto di detenuti e civili

Nicola
Nicola Novelli
13 dicembre 2014 15:02
Ieri sera Peppe Voltarelli in concerto alla Dogaia

Un giorno in prigione, a cantare come Johnny Cash. Ieri Peppe Voltarelli ha offerto due concerti nel carcere della Dogaia a Prato. Un eccezionale doppio evento realizzato nell'ambito di Prato Festival 2014, che ha visto protagonista l’artista calabrese nel suo nuovo spettacolo, intitolato "Il monumento". Nel pomeriggio per un pubblico di soli detenuti e in un secondo concerto, aperto anche al pubblico esterno alle 20.30.

Lo spettacolo è il frutto di un progetto nato dall’impegno del collettivo Teatro Metropolare che da anni lavora all’interno della Casa Circondariale a Maliseti e che quest’anno l’Assessorato alla Cultura del Comune ha inserito nel programma di Natale del Prato Festival. Anzì, al termine della serata, l'Assessore Simone Mangani ha voluto annunciare l'ipotesi di rappresentare fuori dal carcere, nella primavera del 2015, l'Otello, che i detenuti partecipanti al laboratorio hanno messo in scena nelle settimane scorse nella palestra del penitenziario.

Peppe Voltarelli, come di consueto solo sul palco nel suo “one man show”, ha proposto una selezione di brani propri e della tradizione regionale meridionale, da “Vitti na crozza” a Domenico Modugno. Tredici canzoni in programma, cresciute di numero per l'entusiasmo e la partecipazione del pubblico. Uno spettacolo di teatro canzone in cui -superata l'emozione iniziale- Voltarelli ha provato a raccontare persone, viaggi, fughe, separazioni, sempre in bilico tra italiano e dialetto calabrese. Con il malcelato auspicio che il canto ispiri gli uomini a maturare nuove riflessioni sulla propria esistenza.

Approfondimenti

L'artista, ormai residente a Firenze, solista dal 2007 con il CD “Distratto ma però” sino all'”Ultima notte a Mala Strana”, Targa Tenco 2010 come migliore opera in dialetto, racconta in maniera ironica una Calabria surreale, metafora delle incertezze della vita in questa Italia di Mezzo. Ieri sera con un desiderio in più, quello di offrire una speranza a un pubblico di giovani, che anziché dare il meglio di se nel mondo, sono costretti nel recito della Dogaia a tempo determinato. Perché alla fine della serata, trascorsa insieme “quelli di fuori” con “quelli di dentro”, ciascuno è tornato da dove era venuto, gli uni a casa, gli altri nella propria cella. E allora qualcuno, parafrasando la canzone di Peppe, avrà certo percorso i corridori sbarrati, sussurrando tra i denti “Csh bum tictta, csh bum tictta”.Fotografie

di Monica Caleffi

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