Elezioni regionali 2020: un’analisi a mente fredda

Due quinti degli elettori non vanno a votare, nonostante la crisi economica. La Toscana preferisce il Centro-sinistra alla destra fascista. Il PD perde voti, FdI avanza a discapito di FI e Lega, disfatta del M5S, Italia Viva non decolla

Nicola
Nicola Novelli
27 settembre 2020 23:55
Elezioni regionali 2020: un’analisi a mente fredda

FIRENZE- Il 20 e 21 settembre si sono tenute le elezioni regionali in Toscana in concomitanza con le elezioni amministrative in alcuni comuni e il referendum costituzionale. Dopo le elezioni regionali in Umbria alla fine del 2019 e quelle in Emilia-Romagna e Calabria all'inizio dell'anno, sono state le più estese e rilevanti consultazioni dopo le elezioni europee del 2019 e le prime che si tengono durante la pandemia da Coronavirus. Avrebbero dovuto tenersi nella primavera scorsa, ma sono slittate a settembre.

L’aspetto che salta agli occhi è la disaffezione che ha contrassegnato queste consultazioni, sin dall’inizio della campagna elettorale. Pochi i partecipanti alle manifestazioni organizzate dai partiti, poco interesse per il dibattito tra i candidati e un’astensione che coinvolge due terzi degli aventi diritto. Sorprende tanto più che in una condizione di crisi economica crescente, le associazioni di categoria hanno continuamente invocato l’intervento della politica e il sostegno finanziario delle istituzioni. Ma poi le urne sono state disertate da un numero doppio di elettori rispetto a solo qualche decennio fa. Che hanno resistito al richiamo dell’emergenza, all’invito alla “responsabilità” e alla fiducia nelle istituzioni e nei governi locali, persino declinata nel “modello toscano” della gestione della pandemia.

L’astensione in Toscana cala del 14,3% (rispetto al 2015) solo grazie alla chiamata al voto per fermare la destra a trazione leghista. La paura dello “sfondamento” della Lega in Toscana e la concomitanza col referendum sul taglio del numero dei parlamentari hanno riportato al voto una parte degli astensionisti di sinistra che, turandosi il naso, si sono recati alle urne.

Quanto ha pesato il timore della “spallata della destra” che avrebbe ribaltato i governi locali amministrati dal “centro-sinistra” e poi travolto lo stesso governo nazionale?

Non abbastanza da limitare il numero di liste presenti sulla scheda, sopratutto sul lato sinistro, anche in appoggio alla candidatura di Eugenio Giani. Il Centrosinistra conquista la riconferma del mandato di governo regionale, ma alcune liste minori di sinistra non riescono a eleggere nemmeno uno delle decine di candidati a consiglieri regionali. Ciò di deve forse alla scarsa rilevanza dei nomi proposti?

Ciononostante Eugenio Giani è l’indiscusso vincitore della tornata elettorale. Dato per eterno candidato scartato solo un anno fa, poi sorprendentemente scelto in assenza di alternative, successivamente giudicato fiaccato dalla pandemia, persino a rischio di non essere eletto nelle settimane di vigilia, in fine ha staccato di otto punti la rivale Susanna Ceccardi. Alla fine la “spallata” non c'è stata e il match è finito con una sonora sconfitta per l’ennesima forzatura elettorale di Matteo Salvini, che in Toscana ha replicato l’errore tattico dell’Emilia Romagna, quello di una candidatura debole, affiancata in prima persona per tutta la campagna elettorale, nell’illusione di trascinare i simpatizzanti con il proprio personale carisma.

La Toscana rimane al Centrosinistra, nella versione rassicurante di Eugenio Giani, già membro del partito socialista, di estrazione liberale e recentemente filo-renziano, da sempre interlocutore privilegiato dei gruppi sociali e delle rappresentanze di categoria della regione. Il “voto disgiunto”, ossia la possibilità di votare sulla stessa scheda un candidato governatore diverso da quello della lista scelta, ha in parte favorito Giani, che ha intercettato anche una parte dell'elettorato del Movimento 5 stelle.

I risultati di lista

Tutti cantano vittoria. Quasi nessuno ne ha motivo. A cominciare dal PD che si vanta di essere ancora il primo partito. Un merito che deve al crollo dei partiti avversari: dal M5S alla Lega, a Forza Italia. Rispetto alle regionali 2015, se si guarda ai voti assoluti di lista, il PD perde l'8,7%. Recupera qualcosa rispetto alle politiche 2018, ma arretra di nuovo rispetto alle europee dove era risalito. I migliori risultati a Sesto Fiorentino dove Giani ha toccato quasi il 60% dei consensi e il Partito Democratico ha ottenuto oltre il 33% confermandosi la prima forza politica.

E anche nell’Empolese Valdelsa risulta essere il primo partito (54,3% dei voti a Eugenio Giani) con uno scarto di 22 punti percentuali sulla Lega. Nel comune di Capraia e Limite il partito ottiene il 51,1% dei voti. Dunque sarà proprio il Pd a controllare a maggioranza assoluta in consiglio regionale, conquistando da solo ben 22 seggi su 40, grazie agli effetti della legge elettorale regionale. 

La Lega non solo non sfonda in Toscana, ma arretra rispetto a quella che pareva un'inarrestabile avanzata alle europee di appena un anno e mezzo fa. Un flop che non può essere attribuito a dinamiche esclusivamente locali, ma ha una valenza politica nazionale. È un colpo all'ambizione salviniana di confermare la centralità della Lega nella coalizione di destra, ora insidiata da Fratelli d'Italia della Meloni, ma anche di divenire il primo partito a livello nazionale. Non sono bastati nemmeno i toni meno aggressivi, meno razzisti della campagna elettorale, nel tentativo dell'aspirante presidente Susanna Ceccardi di presentarsi come una figura più istituzionale.

Dell'arretramento della Lega, e dell'inesorabile declino di Forza Italia in Toscana spaccata in due tronconi sin dalla scelta delle candidature, si avvantaggia Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni fa incetta di voti all'interno dell'area apertamente fascista come Casapound e Forza Nuova, non più presenti alle regionali con proprie liste, e attrae elettorato moderato e di centro-destra, orfano di Forza Italia, ma forse anche di quell’ambiguo movimentismo dei 5 Stelle alle precedenti consultazioni.

Per il Movimento fondato da Beppe Grillo si può parlare di disfatta, come del resto riconoscono anche da alcuni suoi esponenti. I suoi voti sono andati in tutte le direzioni. Secondo l'analisi dei flussi elettorali in Toscana realizzato dall'Istituto Cattaneo, il 45% dei suoi ex elettori di Firenze ha votato Giani, il 33% a Livorno.

Italia Viva è praticamente inesistente in alcune regioni dove si è presentata, per cui diventano poco rilevanti anche i risultati soddisfacenti ottenuti (due consiglieri eletti) nella culla Matteo Renzi. In Toscana totalizza un risultato misero se si considera che si presentava insieme a +Europa, che da sola aveva ottenuto il 2,2% alle politiche e l'1,9% alle europee.

Praticamente scomparsi sul piano elettorale i partiti alla sinistra del PD. Sopratutto per la tradizionale volontà di dividersi tra loro. Sia che si posizionino nello schieramento a sostegno al candidato PD, come LeU e Sinistra italiana con Sinistra civica ecologista, che però raccoglie 48.000 voti (2,9%) non eleggendo nessuno in consiglio. Sia presentando proprie liste e candidati, con voti scarsissimi e inutili a entrare nel Consiglio regionale. Sono solo 46.270 (2,8%) le persone che hanno votato per Toscana a Sinistra e il suo candidato Tommaso Fattori. L’ennesimo fallimento del gruppo dirigente del PC di Rizzo, del PCI, di Rifondazione e di Potere al popolo che continuano a sparpagliare l'elettorato di sinistra in liste velleitarie

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