FIRENZE - Le mafie in Toscana? Il terzo rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione, curato dalla Scuola Normale superiore di Pisa su incarico della Regione, conferma quanto emerso nei due precedenti anni: le quattro mafie storiche, a guardare le carte dei tribunali, continuano infatti a non manifestarsi con una presenza di insediamenti stabili sul territorio. Sono però sempre più riconoscibili le ‘tracce' di una crescita di gruppi di criminalità organizzata nel territorio.
Le cosche considerano la Toscana come una terra di conquista. Preferiscono, piuttosto che colonizzare, esternalizzare a gruppi autoctoni o mimetizzarsi. Ma non si limitano a riciclarvi denaro ma la usano anche per farvi affari. Gli episodi emersi nel 2018 chiariscono la logica del ‘fare impresa' delle mafie in questa regione: più che ‘sostituirsi' al mercato ricercando forme di oligopolio criminale nell'economia legale, pare che la strada battuta sia quella di mettersi ‘ al servizio' del mercato attraverso l'esercizio abusivo del credito, l'erogazione di servizi illeciti finalizzati a reati tributari ed economici o all'abbattimento dei costi di impresa attraverso attività illecite di intermediazione del lavoro o nel ciclo dei rifiuti.
E' stabile, dice sempre il rapporto, il numero delle condanne definitive per associazione mafiosa, ma sono in calo i procedimenti definiti. Le sequenze e i numeri dell'Istat dal 2010 al 2017 passati al setaccio dalla Scuola Normale raccontano in ogni caso di un aumento del rischio di criminalità. E' il caso dell'elevato tasso delle denunce per estorsione e riciclaggio, ma anche degli attentati (sia pur in modo più lieve). Rimangono alte, rispetto al Centro Nord, anche le denunce con aggravante mafiosa. Diminuiscono però, in linea con il trend già registrato l'anno passato, quelle per contraffazione, rapine in banca, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione o per reati che hanno a che fare con droghe e stupefacenti.
Grosseto, Livorno, Prato e Massa-Carrara si confermano le province con il più elevato rischio di penetrazione criminale. Prato in particolare rimane al primo posto in Italia per numero di persone denunciate per reati di riciclaggio, con un aumento esponenziale a partire dal 2012 e livelli venti volte superiori al tasso nazionale.
Livorno continua a registrare il tasso medio annuo più elevato per quanto riguarda le segnalazioni per traffico e spaccio di stupefacenti, seguita da Firenze. Si tratta di un mercato tra i più internazionalizzati d'Italia e il 63,76% delle persone denunciate in tutta la Toscana sono straniere. Per alcuni prodotti l'intera filiera è straniera. Il porto di Livorno guadagna anche il primato nazionale per cocaina sequestrata nel 2018: 530 chili, che è una parte considerevole dei 589 recuperati in tutta la regione che catapultano la Toscana al terzo posto in Italia dopo Veneto e Lazio. Prato conquista invece il primo posto nella regione per produzione, con 17 mila piante di marijuana sequestrate negli ultimi dieci anni.
I beni confiscati alla criminalità organizzata in Toscana sono anch'essi in aumento: tolti i provvedimenti dall'esito ancora incerto, si tratta di 572 beni immobili, distribuiti in 67 comuni, ovvero il 23 per cento del territorio regionale. Di questi 145 sono quelli già destinati, come ad esempio la tenuta di Suvignano assegnata alla Regione Toscana. La matrice camorristica è la più ricorrente, con quasi il 40 per cento dei beni, seguiti da Cosa nostra (11,5%) e ‘ndrangheta (6,2%). Quel che rimane è riconducibile alla Sacra Corona Unita, la Mala del Brenta o associazioni mafiose originarie del Lazio.
Quanto ai fenomeni di corruzione, le statistiche comparate prese in esame dal rapporto segnano un aumento percentuale, tra il 2016 e 2017, anche dei cosiddetti ‘crimini dei colletti bianchi'. Crescono del 150 per cento le malversazioni, raddoppiano i reati di concussione, in crescita del 67 per cento gli abusi di ufficio e del 37 per cento i reati societari. Il coinvolgimento di manager pubblici in vicende di corruzione risulta in Toscana ancora più marcato che nel resto d'Italia.
Nell'analisi degli episodi che si sono succeduti nel 2018 emerge come, accanto ad imprenditori (29 casi) e funzionari o dirigenti pubblici (21 casi), in quasi la metà dei casi - 17 su 38 – vi siano coinvolti professionisti come avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, geometri, ragionieri, medici ma anche intermediari e faccendieri.
Il presidente della Regione Enrico Rossi commenta cosi:
"Indagare il fenomeno per capire come si presenta nella nostra società è più che mai importante – dice Rossi – e proprio per questo abbiamo deciso, tre anni fa, di promuovere questa ricerca che è uno strumento prezioso e che diffonderemo nei territori come base utile per aumentare la vigilanza e costruire argini di legalità".
Ma se il corpo sociale toscano appare reattivo di fronte a fenomeni come la corruzione, ciò non toglie che il fenomeno, pur non in forme eclatanti, tuttavia esista. "Credo che gli attori politici della nostra regione siano in media meno coinvolti, anche se non possiamo nasconderci che segnali preoccupanti ci sono. E questo, spesso, è dovuto alla poca chiarezza di una legslazione che oggi appare quanto meno confusa. E' quanto spesso ci viene segnalato ad esempio riguardo al codice degli appalti.
Credo che mettere mano alla legislazione rendendola più chiara, più incisiva potrebbe servire a togliere terreno alle attività illecite" . In Toscana, ricorda Rossi, "con la legge urbanistica abbiamo cercato di contrastare le opacità del sistema fornendo indicazioni chiare ai sindaci, in modo da non lasciare margini di ambiguità. Ma su questo dobbiamo insistere".Su un punto, in particolare, è necessario lavorare. "Il traffico di rifiuti genera facilmente illegalità, per questo credo che riuscire a risolvere il problema in modo da trattare tutti i rifiuti in Toscana, chiudendo in loco l'intera filiera, sia un imperativo per scongiurare derive criminali che purtroppo riguardano anche di recente sono state evidenziate dalle indagini della magistratura".
Un altro punto essenziale è quello della formazione. "Rafforzare le competenze degli alti dirigenti della pubblica amministrazione, quelli scelti direttamente dalla politica, sono un altro passaggio decisivo per fare muro rispetto all'illegalità. Così come dovremo interrogarci, in sintonia con il lavoro di forze dell'ordine e magistratura, su come contrastare fenomeni più gravi come quello del traffico di droga, specialmente nei porti e negli interporti o rafforzare ancora la tutela del lavoro, combattendo il nero, lo sfruttamento di tipo schiavistico che ancora permane e che alimenta sacche di illegalità diffusa"
Alzare la consapevolezza della società, costruire argini all'illegalità sono temi che vanno di pari passo. Per questo la Regione, ha detto infine Rossi, aderirà alla proposta del prefetto di Firenze Laura Lega di organizzare degli Stati generali sulla mafia in Toscana.
L'assessore alla legalità Vittorio Bugli aggiunge: "L'analisi conferma che anche in Toscana mafia e criminalità organizzata ci sono ed operano. Non esistono aree completamente immuni e di fronte a questo abbiamo deciso di intervenire: studiando il fenomeno e facendolo conoscere, per non rimanere indifferenti". L'attività di ricerca ha innescato peraltro altre iniziative. "Ci ha permesso di organizzare tre corsi di formazione sugli appalti e sui rischi di infiltrazione criminale, seguitissimi - racconta Bugli - Ci ha permesso di disseminare a livello locale numeri e analisi, tra le istituzioni e nella società, per allargare il fronte di quanti non vogliono rimanere indifferenti".
Un'attività di costruzione di una cultura delle legalità, ha ricordato l'assessore che passa anche dall'aiuto offerto ai comuni per ristrutturare, con una norma ad hoc, beni confiscati alla criminalità organizzativa in modo che tornino patrimonio di tutti o che passa attraverso i campi per ragazzi e gli eventi organizzati nella tenuta di Suvignano nei comuni di Monteroni d'Arbia e Murlo, beni simbolo tra quelli confiscati in Toscana alla mafia e dall'anno scorso affidata finalmente alla Regione.
Sull'argomento si registra anche l'intervento del Capogruppo regionale di Forza Italia Maurizio Marchetti:
«Il terzo Rapporto sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione, curato dalla Scuola Normale superiore di Pisa su incarico della Regione e presentato oggi non fa purtroppo che confermare i nostri timori. Nelle falle lasciate aperte dalle politiche regionali di Pd e sinistre che abbiamo sempre storicamente indicato, oggi si insinuano le cosche e le organizzazioni legate alle mafie storiche. Se da queste organizzazioni criminali tentacolari la Toscana - prosegue Marchetti - viene vista come terra di conquista, evidentemente è perché il nostro territorio è stato reso attrattivo per queste piovre, anziché per le energie sane.
Credito, servizi, abbattimento dei costi d’impresa, occupazione e ciclo dei rifiuti sono temi su cui da anni chiediamo al governo regionale di stringere senza sacrificare la strategizzazione di cui la Toscana ha bisogno anche sotto il profilo infrastrutturale e impiantistico al totem del consenso. Questo è il risultato: se la politica non fa, ecco che in quelle smagliature si insinua chi può supplire con l’illecito. E’ una responsabilità politica grave che oggi paghiamo in termini di infiltrazioni mafiose nelle nostre terre e nei nostri sistemi produttivi.
Un’infezione che - conclude il capogruppo di Forza Italia - non sarà poi facile eradicare».