Consumi ancora in stallo e timore per le nuove misure anti-contagio

Le contrazioni più marcate si registrano ad Arezzo e Siena

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 luglio 2021 23:50
Consumi ancora in stallo e timore per le nuove misure anti-contagio

Non hanno fatto in tempo a riassaporare un po’ di serenità, che subito le notizie di possibili nuove misure di contenimento dei contagi, unite alla preoccupazione mai sopita per i consumi ancora in stallo, la mancanza di liquidità e la tenuta occupazionale, le hanno fatto ripiombare nello sconforto. Sono le imprese del terziario in Toscana, fotografate dall’ultimo Osservatorio congiunturale* condotto da Format Research per Confcommercio Toscana e relativo al primo semestre 2021.

“Dopo un anno e mezzo di pandemia risultano scomparse già 1.700 imprese del commercio e 200 del turismo sulle 212 mila esistenti nel terziario toscano. A crescere sono solo i servizi (+551) – riassume il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni - Ma il dato delle chiusure è ancora anestetizzato dagli effetti combinati degli aiuti pubblici e dell’attesa di un futuro migliore”. Che, però, tarda a venire: se infatti nei primi sei mesi del 2021 il clima di fiducia delle imprese era migliorato (anche per effetto del “rimbalzo statistico” dopo il periodo più buio della crisi pandemica), adesso la maggior parte degli operatori ritiene di non poter tornare ai livelli di redditività pre-crisi prima del 2023.

“Ancora 18 mesi da vivere stringendo la cinghia, dunque, dal momento che i consumi non sono ripartiti, come dimostra anche il procedere lento dei saldi estivi, e nell’aria ci sono purtroppo nuove restrizioni a causa della ripresa della circolazione del virus”.

La fiducia nella campagna vaccinale, il cui andamento è ritenuto «adeguato» da quattro imprenditori su cinque, aveva contribuito a ridare speranza agli imprenditori, ma nessuno ha pensato che bastasse a lasciarsi alle spalle l’emergenza sanitaria: per il 56% delle imprese il virus continuerà a circolare e la maggior parte non sa definire fino a quando.

“I settori più in crisi sono il commercio al dettaglio non alimentare, i pubblici esercizi e i servizi alla persona – precisa il presidente di Format Research Pierluigi Ascani – ma si sta col fiato sospeso anche nel turismo: la ripresa delle prenotazioni negli ultimi mesi rischia di essere vanificata dal recente incremento dei casi di contagio in Italia e all’estero. Gli operatori del settore temono disdette last minute, con il rischio di compromettere la stagione estiva, che invece si era aperta all’insegna dell’ottimismo”.

In questo contesto, restano forti i problemi di liquidità: i tempi di pagamento si sono allungati, le aziende non hanno risorse per investire nella crescita e chiedono credito alle banche per stare in piedi. Il 68% si vede accordare la somma richiesta con ammontare pari o superiore a quello atteso, ma cresce la preoccupazione in vista della restituzione del finanziamento: “chi è in difficoltà teme di non riuscire a ripagare il debito nei tempi pattuiti”, commenta il direttore di Confcommercio Toscana Marinoni, “è necessario allungare la moratoria sui prestiti in essere, oltre a rateizzare a lungo termine il debito fiscale da Covid-19, anche per lasciare liquidità alle aziende nell’immediato. Le imprese dovrebbero indebitarsi per crescere, non per pagarsi una morte lenta”.

Preoccupa l’indicatore occupazionale dopo il congelamento di questi mesi: finora i lavoratori colpiti sono stati solo quelli con contratti non stabili, ma ora l’incertezza grava anche sugli altri, anche se al momento non si rilevano segnali di una significativa riduzione delle forze di lavoro.

Segnali non positivi si intravedono anche dal punto di vista della domanda di lavoro: il 34% delle imprese del terziario ha avviato la ricerca di nuovi addetti nei primi sei mesi del 2021, ma (nel 47% dei casi) ha serie difficoltà a reperire persone qualificate per le mansioni proposte. Le maggiori difficoltà sono state riscontrate nei settori ristorazione, turismo e servizi alla persona, in prevalenza a causa della mancanza delle competenze richieste. Non a caso, circa un terzo delle imprese che hanno ricercato personale non è riuscito a trovare nessuna delle risorse richieste. Un dato che, per il 61% degli operatori, ha un impatto diretto sul livello di competitività delle imprese. 

Dopo una lunga fase caratterizzata dall’emergenza sanitaria, che aveva indotto le imprese a rivolgersi con insistenza agli istituti di credito per far fronte al calo dei flussi di cassa, il progressivo consolidamento della ripresa economica ha alleggerito le tensioni sul fronte della liquidità tanto che nel secondo trimestre del 2021 a livello nazionale le richieste di credito hanno registrato una contrazione del -38,5% rispetto al corrispondente periodo 2020 riallineandosi ai livelli del 2019.

Dall’analisi delle istruttorie di finanziamento contribuite in EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF, il trend in atto riguarda sia le Società di capitali (-29,8%), sia le Imprese individuali (-50,2%).

Al contempo emerge un forte incremento dell’importo medio richiesto (addirittura +91,3%), che nel secondo trimestre dell’anno si è attestato a 98.689 Euro. Per quanto riguarda le Imprese individuali l’importo medio è risultato pari a 35.894 Euro (+69% contro i 131.941 Euro delle Società di Capitali (+77,7%).

“Già alla fine del 2019 quasi la metà delle imprese italiane presentava situazioni di liquidità delicate e senza particolari margini di manovra per cui uno shock tanto imprevisto quanto violento come quello causato dalla pandemia da Covid-19 aveva determinato un deciso incremento delle richieste di credito da parte delle imprese per far fronte alle esigenze finanziarie di breve termine. Così, per quattro trimestri consecutivi, i volumi di richieste di credito sono stati decisamente sostenuti.

Solo a partire dal secondo trimestre del 2021 si registra un’inversione di tendenza, grazie alle prospettive di ripresa economica. Al contempo è aumentato in modo significativo l’importo medio dei finanziamenti, a conferma di una crescente propensione delle imprese a frazionare meno le richieste, rivolgendosi primariamente agli istituti di riferimento con i quali intrattengono rapporti abituali” - commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF.

LA SITUAZIONE IN TOSCANA

In Toscana la flessione delle richieste è stata decisamente più contenuta rispetto al dato nazionale, avendo fatto segnare un -21,0%. Con 80.138 Euro, anche l’importo medio richiesto in Regione risulta inferiore rispetto al valore nazionale malgrado un balzo del +60,1%.

A livello di singole province, la Toscana presenta un andamento sostanzialmente omogeneo, con una flessione delle richieste più accentuata ad Arezzo e Siena, che hanno fatto segnare rispettivamente un -31,3% e un -23,5%, seguite da Pisa, con un -23,4%. Segue a poca distanza Firenze, dove contrazione è stata pari a -23,1%.

Per quanto riguarda l’importo mediamente richiesto, invece, il valore più consistente è quello registrato a Pisa, con 99.525 Euro, e a Livorno, con 93.109 Euro, contro i 78.358 Euro di Firenze. Malgrado una crescita rispetto alla rilevazione del 2020, solo Grosseto resta sotto i 60.000 Euro di media.

“Il progressivo miglioramento dello scenario economico e le misure straordinarie varate dalle istituzioni hanno contribuito in modo decisivo a contenere la rischiosità del comparto. In particolare, un ruolo fondamentale è stato giocato dalla moratoria che ha consentito alle imprese in difficoltà di congelare il rimborso dei finanziamenti in essere. Relativamente al comparto business, la dinamica registrata da CRIF mette in evidenza come il 17,5% dei contratti di finanziamento alle aziende abbia beneficiato della sospensione delle rate ma ad oggi rimangono in essere solo circa il 50% del totale dei provvedimenti attivati per le imprese- conclude Simone Capecchi, Executive Director di CRIF.

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