Conflitto Russia-Ucraina: a rischio paralisi il sistema produttivo

Legacoop Produzione e Servizi sollecita interventi immediati da Governo e UE

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 marzo 2022 23:45
Conflitto Russia-Ucraina: a rischio paralisi il sistema produttivo

Nell’esprimere ferma condanna nei confronti dell’aggressione russa all’Ucraina, con un impegno a sostenere le iniziative di solidarietà verso le popolazioni colpite, forte preoccupazione e allarme sono stati espressi dal Consiglio di Presidenza di Legacoop Produzione e Servizi riunitosi stamattina. Preoccupazione per la tenuta della pace su più ampia scala e per le ripercussioni economiche e sociali del conflitto: dai rincari di materie prime, energia e carburante alle difficoltà nel reperimento dei materiali, fino alle possibili conseguenze sull’occupazione.

“Serve un intervento immediato e di sistema da parte del Governo italiano e dell’Unione Europea – esorta Gianmaria Balducci, Presidente di Legacoop Produzione e Servizi - per scongiurare una paralisi dell’intero sistema produttivo e contrastare le ingenti e disastrose conseguenze dettate dalla guerra. Conseguenze che vanno a gravare su un sistema economico già pesantemente colpito dalla pandemia e già criticamente segnato da carenze strutturali e dalla pluriennale assenza di una strategia industriale ed energetica di lungo termine, italiana ed europea, che ci sta anche facendo perdere competitività con il resto del mondo".

I vertici di Legacoop Produzione e Servizi, nell’esprimere unanimemente grande preoccupazione per l’evoluzione del conflitto, lanciano un grido d’allarme sull’impatto che la guerra sta avendo sulle filiere produttive e sulla ripresa economica del Paese. Una tempesta perfetta - come da molti definita - che colpisce trasversalmente e a cascata tutti i settori di attività, dall’edilizia all’industria e manifattura, dal trasporto merci e persone all’igiene ambientale, fino alla ristorazione e alle pulizie/multiservizi. Un contesto in cui tenere particolare attenzione anche al tema della legalità, affinché le difficoltà delle aziende non rappresentino opportunità per la criminalità organizzata.

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“Alcune aziende energivore e gasivore, come la lavorazione del vetro e delle ceramiche, sono state già costrette, o lo saranno, ad interrompere la produzione, essendo i rincari non più sostenibili. Situazione che andrà a ripetersi e che si sta già ripercuotendo sulle commesse di altre aziende. Contesto molto difficile anche per l’autotrasporto merci, per il quale occorre modulare gli aiuti previsti senza penalizzare le aziende più virtuose. In forte difficoltà anche i servizi essenziali di pubblica utilità, quali raccolta rifiuti, mense ospedaliere e trasporto pubblico locale, che non riescono più a sostenere i rincari e a garantire continuità del servizio per mancanza di materiali; ragion per cui è urgente che il Governo apra ad una revisione prezzi per gli appalti di servizi, oggi esclusi.

Pur comprendendo le difficoltà dei livelli istituzionali ad intervenire in questa fase – conclude Gianmaria Balducci, Presidente di Legacoop Produzione e Servizi – senza provvedimenti rapidi e decisivi si rischia uno stop totale delle attività. Se chiudono le imprese chiude il Paese”.

Otto utenti su dieci (82%) hanno modificato il proprio stile di vita a causa dell’aumento generalizzato dei beni di prima necessità ma anche di benzina e servizi. Il 32% ha reagito all’impennata dei costi energetici limitando o razionando i consumi domestici di energia elettrica e riscaldamento. Il 16% di coloro che non ha invece cambiato le proprie abitudini. A dirlo è un sondaggio online condotto da Coldiretti Toscana.

“L’effetto dell’inflazione, delle speculazioni, degli accaparramenti e delle tensioni internazionali causate dalla guerra in Ucraina – analizza Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – hanno fatto schizzare i prezzi danneggiando gli anelli più deboli della filiera: le imprese agricole costrette a vendere sottocosto ed i consumatori nei confronti sono ricaduti i rincari. Le famiglie sono state costrette a cambiare anche profondamente le loro abitudini, a scegliere cosa mettere dentro il carrello con ancora maggiore attenzione, a ridurre l’uso dell’auto, a posticipare acquisti o rimandare pranzi e vacanze fino a centellinare l’energia elettrica o i riscaldamenti in casa. Si tratta a volte di piccoli, molto spesso grandi contromisure, che i toscani hanno dovuto adottare per difendersi dai rincari e che dipingono la difficile situazione che le famiglie stanno vivendo”.

Lo tsunami di rincari ha obbligato il 16% degli utenti che hanno risposto al sondaggio ad usare meno l’automobile per evitare il rifornimento alle pompe di carburante dove il prezzo di benzina, gasolio e metano ha toccato livelli record. Un altro 16% ha deciso di rimandare a tempi migliori, e meno incerti, acquisti programmati mentre l’11% ha deciso di rinunciare ad una vacanze, a pranzi e cene fuori o all’abbonamento della palestra. Il 4% ha invece dovuto tagliare la spesa alimentare. Beni di prima necessità, come pasta, pane, latte che per 121 mila famiglie toscane che vivono sotto la soglia di povertà sono garantiti solo grazie alla rete della solidarietà, alle mense dei poveri e molto più frequentemente ai pacchi alimentari.

Per aiutare i più bisognosi Coldiretti, Campagna Amica e Filiera Italia hanno promosso iniziative nei mercati contadini e raccolte di generi alimentari, frutta, verdura, formaggi, salumi, pasta, conserve di pomodoro, farina, vino e olio 100% italiani, di alta qualità e a chilometri zero che ha permesso di distribuire 15 tonnellate di cibo ai nuovi poveri. “Con il credito di imposta del 20% per la riduzione del costo del gasolio per pesca ed agricoltura previsto dal decreto, misura che Coldiretti aveva proposto nel suo pacchetto di richiesta al Governo, la riduzione del costo del carburante avrà un effetto calmierante sull’85% della spesa che per arrivare sugli scaffali viaggia su strada.

– conclude il Presidente di Coldiretti, Filippi – Il nostro consiglio è di programmare e diversificare gli acquisti privilegiando prodotti freschi e di stagione rivolgendosi ai mercati contadini, presenti ormai in tutte le città della Toscana, o direttamente dai produttori agricoli anche per evitare le speculazioni lungo la filiera che gonfiano il prezzo finale”.

LA CRISI DEI PANIFICATORI

L’escalation delle ultime settimane al confine ucraino – denunciano tutti gli operatori del settore di CNA Toscana Centro - ha innescato ulteriori tensioni sui prezzi di tutte le materie prime e in particolare su quelle agricole, inserendosi in una situazione di forte speculazione e grande incertezza già precedente all’attacco bellico e che gli operatori denunciavano da mesi. Le quotazioni di grano tenero a livelli mai visti prima d’ora hanno già conseguenze sul mondo della trasformazione e a cascata potrebbero ricadere presto sui consumatori. Il costo della pasta potrebbe superare il 10%, percentuale che si aggiunge all’aumento del 10% avvenuto a fine dello scorso anno. Le quotazioni del grano sono balzate del 5,7% nella sola giornata del 24 febbraio, subito dopo l’attacco della Russia all’Ucraina, raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9.34 dollari a bushel.

Come spiega la Presidente Dolciari e Panificatori CNA Toscana Centro Alessia Fanti “tra Prato e Pistoia si contano circa 250 panifici, tra produzione e rivendita, e tutti viviamo lo stesso forte disagio legato a questi incrementi continui dei costi di materie prime, energia e carburante che non sembrano voler invertire la rotta e si ripercuotono pesantemente sui beni di prima necessità come pane e prodotti della panificazione, con effetti a cascata sui consumatori finali. Parliamoci chiaro, se la situazione non cambierà e non arriveranno aiuti per contenere il fenomeno, molti rischiano di dover rallentare l’attività o addirittura di chiudere, e questo deve essere evitato in ogni modo.

Dall’inizio dell’anno stiamo cercando di resistere senza aumentare i prezzi, ma portare a due euro il costo di un filoncino da mezzo chilo, che già dopo la prima ondata di rincari costa 1.80, quando a maggio costava 1.50, è impensabile. A livello generale l’incremento è stato applicato anche a pizza e focacce mentre sui dolci riscontriamo scarsità di merce per uova, latte e derivati che necessitano per produrre creme e farciture. Basti pensare che già negli ultimi mesi del 2021 sono stati abbattuti circa 13 milioni di avicoli a causa dell’influenza aviaria mandando in crisi anche il settore della produzione di pasta e pasticceria.

La situazione poi è resa ancora più pesante per il continuo lievitare di ogni genere di materia prima, a partire dalla farina – fino a +38% per quelle di grano tenero e a +100% per quelle di grano duro - al grano, dai trasporti al packaging + 30%, cioè buste e sacchetti necessari al confezionamento che contribuiscono anch’essi al salasso finale e siamo spesso costretti a discutere con i fornitori per contenere questo pericoloso trend. Per non parlare dei costi dell’energia aumentati del 300%. Non solo.

Le prospettive per i prossimi mesi sono tutt’altro che rosee, e pur volendo tirare la cinghia per non applicare rincari, restiamo davvero preoccupati per un futuro che ci appare fosco, in cui molto dipenderà da eventuali ulteriori aumenti – che non potremmo reggere – e dall’andamento del nostro lavoro”.

Di qui le proposte avanzate da CNA al SIGEP di Rimini di marzo 2022 “bisogna ragionare in termini di filiera unica perché l’aumento dei costi riguarda tutti, produzione agricola, artigianato, commercio, industria e grande distribuzione organizzata. Solo restando uniti si può far fronte alla difficile situazione in essere, causata dall’aumento delle materie prime e dei costi dell’energia. Non è più possibile che la GDO continui ad ignorare le legittime richieste di riconoscimento degli aumenti di costo avanzate dalle aziende della filiera agroalimentare. Così come avvenuto per contrastare le drammatiche conseguenze di carattere economico e sociale derivanti dal diffondersi della pandemia, la risposta dovrebbe concretizzarsi nell’adozione di un AGRIFOOD RECOVERY FUND per attivare un regime di aiuti straordinari.

 “I fatti della strettissima attualità dovuti alla guerra in Ucraina hanno peggiorato una situazione già critica. Da maggio 2020, infatti, abbiamo registrato un aumento complessivo dei costi dei prodotti agricoli del 54%, con i prezzi ai massimi livelli per il gas naturale e i fertilizzanti. Così come aumenti a doppia cifra anche per mangimi, energia elettrica e carburanti”. Lo ha dichiarato il direttore generale di Confagricoltura Toscana, Alessandro Marchionne, in un’intervista al Notiziario dell’Accademia dei Georgofili di cui è accademico onorario.

L’Italia importa dall’Ucraina il 5% del grano tenero, il 15% di mais, il 40% di olio di semi – ha spiegato –, è necessario interrogarsi su come diventare un Paese più indipendente dal punto di vista energetico ed alimentare, mettendo in discussione, a questo punto, l’architettura appena costruita con il Green Deal di cui la nuova Pac (Politica agricola comune) ne rappresenta in parte lo spirito. Occorre fare affidamento sulla ricerca scientifica e tecnologica, e sulla formazione degli agricoltori”.

Ulteriori difficoltà che si sono palesate in un periodo già complesso, in cui l’agricoltura cercava di rilanciarsi dopo la crisi dovuta alla pandemia. “Questi due lunghi anni – ha aggiunto – hanno avuto un effetto su molti ambiti, non solo sanitario, ma verranno ricordati anche come acceleratori di sviluppo di concetti chiave come l’interdipendenza, la sostenibilità e la mobilità, riportando l’agricoltura al centro dello sviluppo dopo averla sempre considerata la ‘cenerentola’ tra i vari settori”.

Uno sviluppo in cui proprio la Toscana può avere un ruolo chiave, “se riuscirà a valorizzare i propri asset, la varietà e qualità colturale, la coesistenza di aziende moderne e piccole realtà di nicchia e la presenza di importanti università e istituzioni pubbliche che abbiano la capacità di dialogare tutte tra loro. Ha tutte le potenzialità per diventare un modello da seguire su base nazionale, ma occorre una pianificazione strategica per ogni filiera agricola e non pensare giorno per giorno”.

Infine, Alessandro Marchionne ha fatto un bilancio sul suo primo mese da direttore generale di Confagricoltura Toscana. “Ciò che bisogna migliorare è la comunicazione, in modo da facilitare alle imprese l’accesso ai finanziamenti. Una delle ragioni per cui l’Italia non sfrutta adeguatamente i fondi europei sta proprio nel non mettersi nei panni del piccolo agricoltore che riceve certe comunicazioni dalla Regione e dalle organizzazioni confederali e, trovandole complesse, rinuncia a partecipare ai bandi. Uno dei miei obiettivi sarà proprio renderla più semplice e accessibile”.

CALA IL PREZZO DEL MAIS (-2,5%) MENTRE IL GRANO RESTA STABILE

Sembrano attenuarsi le oscillazioni dei prezzi dei prodotti agricoli con il primo calo del mais dall’inizio della guerra (-2,5%) e il grano che resta ancorato alle quotazioni della scorsa settimana. Lo comunica CAI – Consorzi Agrari d’Italia, in base alla rilevazione settimanale della Borsa Merci di Bologna, punto di riferimento in Italia per le contrattazioni fisiche dei prodotti agricoli.

A determinare questo scenario, in un mercato che resta comunque molto instabile, l’arrivo in Italia di prodotti agricoli da Paesi come l’Ungheria o la Bulgaria che avevano minacciato il blocco delle esportazioni.

Il mais scende a quota 395 euro a tonnellata, in calo di 10 euro rispetto alle quotazioni delle ultime due settimane (-2,5%), mentre grano tenero e duro restano invariati. Stesso discorso per orzo e sorgo, mentre la soia tocca quota 708 euro a tonnellata (+1%).

Rispetto alle rilevazioni del 17 febbraio, ultima settimana prima dell’inizio della guerra, il grano tenero ha subito una impennata del 32,9%, il mais del 38,5%, sorgo e orzo del 39,8%, la soia del 12,3%.

L’Italia importa il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti, il 44% di grano duro necessario per la pasta, il 47% di mais e il 73% della soia, questi ultimi due prodotti fondamentali soprattutto per l’alimentazione animale.

Alla luce di questa situazione CAI - Consorzi Agrari d’Italia, ricordando che il costo dei prodotti agricoli incide sul 10% del prezzo del prodotto finale al consumatore, ribadisce come gli aumenti nel breve periodo di prodotti derivanti dal grano tenero, quali pane, farine e biscotti, sono dovuti principalmente al caro energia e ai rincari di trasporti, imballaggi, carburante.

“Apprezziamo l'impegno del Governo contro il caro carburante, ma per noi agenti di commercio, che abbiamo nell'auto non solo un mezzo di trasporto, ma di lavoro, non è ancora abbastanza”. Il presidente Fnaarc Confcommercio Pisa Domenico Greco sostiene la necessità di istituire “un'Authority europea immediatamente operativa per calmierare i costi e intervenire sulle anomalie dei mercati e delle materie prime”.

“Come dichiarato dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, c'è in atto una speculazione ingiustificata che incide direttamente sul nostro lavoro quotidiano. Per gli agenti di commercio l'auto è un vero e proprio ufficio: percorriamo in media 60 mila chilometri l'anno e secondo le stime gli aumenti del carburante ci faranno spendere dai 4 ai 5mila euro in più all'anno, senza contare i margini già assottigliati per l’aumento dei costi e la diminuzione delle vendite a causa della carenza di materie prime. Inoltre il tetto di deducibilità del costo dell’auto, 25mila euro, è bloccato da tempo ormai immemorabile e non ci consente di acquistare auto green”.

“Gli sconti grazie all’extragettito Iva e il taglio delle accise che avevamo indicato fra le misure possibili per abbassare la ‘febbre’ del prezzo del carburante, non sono più sufficienti, a causa dei continui rialzi di prezzo” ribadisce Greco. “Agire in fretta sui costi del carburante e dell’energia è indispensabile, nonostante la drammatica guerra in Ucraina e le conseguenze internazionali. Il rincaro così accentuato del carburante non trova giustificazione”.

“Purtroppo non vediamo segnali di ripresa. I mercati si stanno nuovamente bloccando e bisogna agire in fretta per calmierare i costi e ridare così fiato e fiducia a professionisti e imprese” conclude il presidente Fnaarc Confcommercio Pisa.

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