«Chiamatemi Ferenc. Oppure professor Ungar»

Nel romanzo di Riccardo Catola la storia di una famiglia che abbraccia tutto il Novecento

Nicola
Nicola Novelli
20 maggio 2020 14:09
«Chiamatemi Ferenc. Oppure professor Ungar»

Firenze, 20 maggio 2020– La fine degli imperi, i conflitti mondiali, l’ascesa dei nazifascismi e del comunismo, l’Olocausto, la Guerra Fredda, l’incubo dell’atomica. E ancora: la rivoluzione ungherese, le battaglie politiche e culturali in Italia, il crollo dell’Unione Sovietica, la vittoria della democrazia sulla tirannide: le vicende degli Ungar vivono nel contesto della grande Storia. Prendendo spunto dalle esperienze dell’ultimo capostipite, il professor Ferenc Ungar, il giornalista scrittore Riccardo Catola ha prodotto un romanzo familiare drammatico ed emozionante, che abbraccia tutti i grandi eventi di fine Ottocento e del Novecento, il Secolo breve. Chiamatemi Ungar (pp. 336, euro 26) è il titolo del libro edito da Polistampa con prefazione dello storico Franco Cardini.

Nato a Budapest nel 1936 in una famiglia ebrea borghese, da adolescente Ferenc Ungar fu battezzato protestante per sottrarlo alla Shoah. A vent’anni fuggì dal comunismo e dai panzer sovietici che avevano invaso il Paese. Rifugiatosi avventurosamente in Italia, a Roma conobbe i grandi protagonisti dell’epoca, formò una famiglia e con lo studio riuscì a conquistarsi anche un futuro professionale importante come medico di fama. Laureatosi con Valdoni, allievo di Scaglietti e Fineschi al CTO di Firenze, primario ortopedico fino alla pensione, oggi è il Console Onorario di Ungheria nel capoluogo toscano.Scritto in forma di autobiografia, il libro narra vicende pubbliche e private incrociandole e confondendole.

Ne ricorda le tragedie, ma le illumina anche di umanità, mostrando la necessità delle scelte cui spesso la grande Storia ci obbliga. Un’opera di vibrante narrativa, fuori dagli schemi, un avvincente viaggio nelle tenebre d’Europa e uno strumento per conoscere più a fondo, con le passioni di un uomo, l’anima del vecchio continente, dove oggi – benché tra contraddizioni e incertezze – si pratica comunque la forma più alta di civiltà affermatasi nei millenni.“Pagine ricche, profonde, talora anche dure, mai però crudeli”, scrive Franco Cardini, “che si fanno particolarmente toccanti nella rievocazione di momenti decisivi della storia personale del professor Ungar e in quelli del suo Paese, dell’Europa, di tutti noi”.

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