Marò: ancora un rinvio

L'opinione del Generale Calogero Cirneco

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 marzo 2014 22:54
Marò: ancora un rinvio

del Gen.D.(r) Calogero Cirneco (Presidente Sezione Unuci di Firenze) Siamo all’ennesimo rinvio ( il 27° !!) del processo ai nostri Sottufficiali del San Marco prigionieri in India per la presunta uccisione di due pescatori. Verrebbe da affermare che la Magistratura Indiana sia talmente inefficiente da essere incapace di celebrare un processo fuori dall’ordinario. Ma è proprio così? Od invece i continui rinvii celano difficoltà interne per errori continui e/o responsabilità colpevoli delle Autorità Indiane, soprattutto locali? Questo dubbio sorge se si prende in esame il caso della petroliera greca OLYMPIC FLAIR : essa il 15/2/2012 (lo stesso giorno dell’ attacco dei presunti pirati alla petroliera italiana ENRICA LEXIE) segnala alla IMO (International Maritime Organization) ed alla ICC (Commercial Crime Services) che mentre si trovava all’ancora per operazioni di carico/scarico a circa 12 mn ad WSW di Kochi, era stata attaccata da circa 20 pirati a bordo di 2 imbarcazioni.

L’allarme scattato subito a bordo, però, faceva desistere i pirati dall’abbordaggio che si allontanavano senza provocare danni alla nave od all’equipaggio. Successivamente la nave levava le ancore e prendeva il largo immediatamente. Nel suo rapporto, la nave dichiarava di aver informato anche la Guardia Costiera e le autorità di polizia indiane (notizia ANSA del 21/2/2012). Stranamente questo attacco e la stessa petroliera greca non sono mai menzionati né perseguiti dalle Autorità indiane nonostante l’episodio sia avvenuto in piene acque territoriali.

L’India cita e rivolge la sua attenzione solo ad altre 4 navi presenti in zona (tra cui la Enrica Lexie). Il comportamento successivo delle Autorità indiane è ormai ben noto: invito a rientrare in porto alla nave, arresto dei due Sottufficiali, sequestro di tutte le armi a bordo, autopsia dei corpi ed esame balistico senza alcuna presenza di legali o di rappresentanti della Polizia Italiana, diramazione di perizie confuse e più volte rimaneggiate sino a far coincidere i proiettili estratti con le armi sequestrate (ma dimenticando di controllare le matricole assegnate in dotazione, con successive nuove confusioni).

Si impone allora un’altra domanda: è possibile che le autorità di polizia siano così inefficienti da non riuscire neanche a periziare una pallottola? Possibile che per l’esame autoptico venga scelto un medico incompetente? La confusione ed il conseguente incerto comportamento della polizia risulta di difficile comprensione poiché adombra di incompetenza tutta la catena giudiziaria indiana: dalle indagini di polizia alla celebrazione del processo. Ma, onestamente, di fronte al retaggio storico di un popolo e di una Nazione che si proclama ed è di antica civiltà, la cosa mi sembra improbabile.

Ma allora, perché polizia e magistratura si sono comportati e si comportano in questo modo? Non si riesce a comprenderne le ragioni al di là di alcune considerazioni di carattere politico interno che da più parti sono state avanzate. Ma è proprio questa la ragione o vi è qualche altro motivo non confessabile? Torniamo alla nave greca, essa: è vicino al porto di Kochi; è in acque nazionali e nella giurisdizione della Guardia Costiera di Kochi; è all’ancora e quindi non in condizioni di muoversi e sfuggire con la manovra all’assalto pirata; informa subito le autorità di polizia che sta subendo un attacco di pirati.

In questa situazione, la Guardia Costiera (od altra Autorità di polizia portuale) resta a guardare gli eventi o si dirige immediatamente sul luogo del tentato assalto? Ed in caso affermativo, il suo intervento avviene con o senza l’uso delle armi? Allora, è così irreale ipotizzare che i due pescatori siano stati colpiti in questa circostanza? Se questa ipotesi si fosse effettivamente verificata, tutti i tasselli si comporrebbero ed i dubbi troverebbero risposta: la nave greca scompare rapidamente dalla scena (sono i possibili testimoni a carico) e non darà notizie di sé per circa sette giorni; viene coinvolta la prima nave che risponde all’appello e che ha segnalato un episodio simile; vengono ricercate o prodotte le prove che possano giustificare la morte dei pescatori per mano altrui.

Ripeto, quella enunciata è solo un’ipotesi di lavoro ma, guarda caso, è l’unica che dà risposta a tutti dubbi e gli interrogativi che finora ci siamo posti.

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