Apre i battenti l’8 febbraio Il mito della Golden Age

Da Vermeer a Rembrandt, una scelta di capolavori mai esposti in Italia, provenienti dal Mauritshuis Museum de L’Aja, attualmente chiuso per restauri e pertanto eccezionalmente visibili a Bologna

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 gennaio 2014 18:52
Apre i battenti l’8 febbraio Il mito della Golden Age

BOLOGNA - La dotta e gaudente città felsinea, patria dei Carracci, Guido Reni e altri esponenti dell’eccelsa scuola secentesca, conferma la sua vocazione culturale di respiro europeo aprendosi al confronto con la contemporanea scuola pittorica olandese della cosiddetta Golden Age, fondamentale nella storia dell’arte perché già nel XVII Secolo intravide strade che sarebbero state battute nei tre secoli successivi, da Chardin fino a Balthus. Apre i battenti l’8 febbraio Il mito della Golden Age.

Da Vermeer a Rembrandt, una scelta di capolavori mai esposti in Italia, provenienti dal Mauritshuis Museum de L’Aja, attualmente chiuso per restauri e pertanto eccezionalmente visibili a Bologna. Un’occasione unica per ammirare, fra gli altri, il celeberrimo ritratto della Ragazza con l’orecchino di perla, in anni recenti al centro di un caso letterario e cinematografico che non poco ne ha snaturato il fascino, e che la mostra ci si augura possa ristabilire. Già ospitata in Giappone e negli Stati Uniti, giunge a Bologna in una versione più completa delle precedenti; sono ben sette i dipinti visibili a Palazzo Fava, che non erano presenti all’estero, ed è stato realizzato un catalogo ad hoc, arricchito di interessanti saggi su Rembrandt e Vermeer.

La scelta di allestire una mostra dedicata alla Golden Age, è motivata dall’importanza che i suoi pittori hanno rivestita nella storia dell’arte. A fianco di Vermeer e Rembrandt, i vari Frans Hals, Gerrit van Honthorst, Jan van Goyen, Pieter de Hooch, sono stati gli innovatori della pittura introducendo la differenziazione dei generi, che per la prima volta si discostano dalla religione e dalla mitologia. La Golden Age fu un fenomeno vasto e complesso, che ha visti coinvolti decine di pittori in tante città, e caratterizzato da un’ampissima differenziazione.

Le ragioni determinanti di questa fortunata e prolifica stagione non sono stati chiaramente identificati, ma resta l’importante contributo dato allo sviluppo pittorico europeo. Piccola, raffinatissima esposizione di 37 splendidi capolavori scelti, ospitati nelle prestigiose sale al piano nobile dell’altrettanto splendido Palazzo Fava, la mostra è anche un’occasione per scoprire uno dei più bei palazzi cittadini che vanta soffitti affrescati dai Carracci, opere che, dal canto loro, ampliano la portata della mostra suggerendo un confronto con i dipinti esposti, a esse più o meno contemporanei.

Mentre nella Penisola la corrente caravaggesca riusciva a trovare un compromesso con i valori della società controriformata, la puritana Olanda viveva un clima politico e culturale diametralmente opposto, sublimato dalla proclamazione della Repubblica delle Province Unite, ribellatesi al dominio spagnolo. Il governo repubblicano favorì il consolidarsi di un ceto borghese colto e raffinato, importante bacino di committenza per l’attività dei pittori dell’epoca. Questo nuovo ceto, pragmatico e disilluso quanto basta, aveva una sorta di iconografia identitaria nelle scene di vita quotidiana, nel mondo delle botteghe dei mercanti, negli scorci urbani da esso abitati e quindi familiari.

Questo nuovo quadro sociale fu uno degli impulsi che favorirono l’affermarsi della nuova pittura che guarda all’uomo, al suo lavoro, all’ambiente in cui vive e lascia la sua impronta. Certamente la dottrina protestante non è estranea a questo modo di guardare alla realtà; l’immagine pittorica diventa specchio di quella stessa realtà, non più simbolica ma profondamente umana. Particolare diffusione ottiene la pittura di paesaggio con Jacob van Ruisdael, considerato l’inventore di questo nuovo genere.

Per la prima volta, la natura acquisisce una sua verità, non essendo più limitata al ruolo di semplice sfondo; al contrario, il paesaggio circostante, nel quale vive il moderno borghese delle Province Unite, è protagonista conosciuto e conoscibile del nuovo gusto artistico. Sei le sezioni della mostra, a partire da quella dedicata alla storia del Mauritshuis Museum, dove spiccano i ritratti dei grandi politici e mecenati olandesi, raffinati collezionisti della pittura del Seicento. La sezione dedicata al paesaggio ospita splendide vedute fluviali e lacustri, oltre che della campagna olandese, scene dove la natura è la prorompente protagonista.

Suggestiva la Battuta di caccia di Gerrit Berckheyde, cantore degli splendori del paesaggio urbano. La sezione dedicata ai ritratti è fra le più interessanti ed evocative: la Suonatrice di violino dipinta da Gerrit van Honthorst risente dell’influenza caravaggesca, sia per il forte contrasto fra la luminosità delle vesti della ragazza e lo sfondo scuro, sia per il suo malizioso sguardo zingaresco. Un ritratto dal sottofondo erotico, che fa da contraltare ai più severi soggetti di Rembrandt, fra i quali, L’uomo anziano ricorda per curiosa coincidenza il Don Abbondio di manzoniana memoria disegnato dal Gonin per l’edizione del 1840 dei Promessi Sposi.

Un personaggio il cui atteggiamento rilassato si distacca dalla ritrattistica convenzionale, esperimento riuscito dell’intransigente realismo di Rembrandt. Gli interni con figure, nella quarta sezione, introducono il pubblico nella dimensione più intima dell’Olanda dell’epoca, fatta di scorci silenziosi, momenti di raccoglimento, festeggiamenti, quotidiana routine. La tela Uomo che fuma e donna che beve in cortile, di Pieter de Hooch, è notevole per la figura della bambina sulla destra, che sembra anticipare lo stile di Balthus, mentre la Ragazza che scrive una lettera, di Gerard ter Borch ricorda la delicatezza delle femmine di Chardin.

Ovunque, in questi quadri, colpisce l’attenzione ai particolari preziosi, o semplicemente elaborati, delle vesti, della mobilia, dei drappeggi, degli elementi architettonici e d’arredo. Scene popolari o borghesi, dalle quali emerge una realtà vivace e interessante, frutto di un attento sguardo, anche sociologico, sui cambiamenti occorsi in Olanda dopo la Riforma. La natura morta, genere tipico dell’arte olandese, caratterizza la quinta sezione, e la Vanitas di Pieter Claesz, con il suo teschio in primo piano, non avrebbe stonato nella Wunderkammer di un qualsiasi pensatore vittima del taedium vitae.

Allo spettro opposto delle emozioni, il suggestivo Cardellino di Carel Fabritius, che colpisce per il suo straordinario effetto illusorio, tale da far sembrare vero l’uccellino dipinto. Chiude la mostra, la Ragazza con l’orecchino di perla, capolavoro di Vermeer concepito prendendo le mosse dall’idea di tronie, ovvero un volto ideale, non esistente, nel quale l’artista è riuscito a immortalare la bellezza assoluta, arricchita dal fascino esotico conferitole dal turbante blu. Impreziosisce la mostra un allestimento sobrio ed elegante insieme, che rispecchia le delicate atmosfere suggerite nei dipinti esposti, dipinti illuminati in modo impeccabile dalle luci soffuse delle sale. Incentrata sul celeberrimo ritratto della Ragazza con l’orecchino di perla, a fare da potente richiamo mediatico, la mostra propone un affascinante viaggio nella pittura olandese del XVII Secolo, pensato per incuriosire e avvicinare all’arte anche il pubblico più giovane, tradizionalmente restio a esperienze di questo genere.

Una mostra interessante e intelligente che, accostando quadri di estrema bellezza, dà, fra le righe, la cifra storica di una politica lungimirante quale quella olandese repubblicana, un modello di società il cui rigore sarebbe opportuno venisse adottato al più presto anche in Italia. La mostra, realizzata grazie alla collaborazione fra Genius Bononiae, Fondazione CaRisBo, e Intesa Sanpaolo, è un’ennesima dimostrazione della necessaria sinergia fra ambito pubblico e privato per tenere viva la scena culturale e creare importanti occasioni di rilancio, anche economico, delle città italiane.

In un periodo nel quale l’investimento in cultura sembra essere l’ultimo pensiero di un inadeguata classe politica, l’iniziativa è lasciata alla buona volontà di tutti coloro che custodiscono direttamente l’immenso patrimonio artistico nazionale. Bologna, città-museo fiera della sua tradizione, ha ben chiaro come la cultura possa rappresentare una risorsa strategica per Il successo della mostra si può già misurare sulla base delle circa 100.000 prenotazioni effettuate, sia dall’Italia sia dall’estero.

Numeri destinati comunque ad aumentare. La mostra è visitabile dall’8 febbraio al 24 maggio. Ulteriori informazioni su orari e biglietti, al sito www.lineadombra.it. Niccolò Lucarelli

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