Alla Pergola Beppe Navello dirige La colonia di Marivaux

In prima assoluta un testo utopistico di straordinaria attualità sulla condizione femminile

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 novembre 2022 20:05
Alla Pergola Beppe Navello dirige La colonia di Marivaux

Nel Saloncino ‘Paolo Poli’ del Teatro della Pergola di Firenze, dopo l’anteprima al Teatro Era di Pontedera, da mercoledì 30 novembre a domenica 3 dicembre Beppe Navello dirige per la prima volta in assoluto nel nostro Paese La colonia di Marivaux nella sua prima traduzione in italiano.

Dopo la Seconda sorpresa dell’amore, Navello mette in scena, con la stessa compagnia di attrici e attori, un testo utopistico del drammaturgo francese di straordinaria attualità sulla condizione femminile: il racconto di una rivolta delle donne contro i mariti legiferatori.

La produzione dello spettacolo è dell’Associazione Teatro Europeo, in collaborazione con il Teatro della Toscana e con il sostegno di MIC Direzione Generale Spettacolo e il patrocinio di Institut Franҁais Italia, nell’ambito del progetto Marivaux: le utopie.

Approfondimenti

Mercoledì 30 novembre, alle ore 18, vengono presentati alla Pergola anche i primi tre volumi del teatro di Marivaux editi da CuePress. Intervengono la curatrice Paola Ranzini dell'Institut Universitaire de France-Avignon Université, insieme al regista e traduttore Beppe Navello, a Stéphane Kerber dell’Institut français di Tel Aviv e a Monica Pavesio, docente di Scienze della mediazione linguistica all’Università di Torino. L’ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

Inoltre, il 1° dicembre, dalle 9 alle 18, sempre alla Pergola, si tiene la giornata internazionale di studi Marivaux nel secolo delle utopie filosofiche, organizzata dall'Associazione Culturale Teatro Europeo in collaborazione con il Teatro della Toscana, l'Università di Avignone e l'Institut Universitaire de France, con il coordinamento di Paola Ranzini. L’ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

In prima assoluta arriva nel Saloncino ‘Paolo Poli’ del Teatro della Pergola di Firenze, dopo l’anteprima al Teatro Era di Pontedera, La Colonia, testo utopistico scritto da Marivaux nel 1750, che narra di una rivolta di donne, dopo un naufragio su un’isola deserta, contro i mariti che vogliono legiferare senza coinvolgerle, per costruire un nuovo mondo in quella colonia sperduta in mezzo all’oceano. Un’opera di straordinaria attualità sulla condizione femminile scelta dal regista Beppe Navello, che l’ha anche tradotta per la prima volta in assoluto in lingua italiana, in scena dal 30 novembre al 3 dicembre.

Con le scene e i costumi di Luigi Perego, le musiche di Germano Mazzocchetti e le luci di Orso Casprini, la commedia è pensata per numerosi personaggi – più della metà sono donne, rarità nella tradizione teatrale – ai quali Marivaux offre la possibilità di misurarsi con molteplici registri interpretativi.

La compagine di interpreti, che fa parte de la “Compagnia di Sala Prove”, nata una decina di anni fa proprio grazie a Navello – è composta da Daria Pascal Attolini, Marcella Favilla, Luigi Tabita, Stefano Moretti, Maria Alberta Navello, Fabrizio Martorelli, Giuseppe Nitti, Cecilia Casini, Giulia Lanzilotto, Claudia Ludovica Marino, Erica Trinchera e al pianoforte Alessandro Panatteri.

Le tematiche espresse, che risuonano straordinariamente contemporanee alle nostre orecchie, erano uno dei più controversi argomenti nel dibattito filosofico e sociale dell’Illuminismo francese.

«Nel 1750 – ricorda Navello – Marivaux decise di riadattare una sua vecchia commedia in tre atti che non aveva avuto successo, ricompattandola in un atto unico: ventuno anni prima, il 18 giugno 1729 quella commedia, sotto il titolo La nouvelle colonie, era stata rappresentata al Théâtre des Italiens e, nonostante il cast annoverasse alcune star dell’epoca come Silvia Balletti e Pierre François Biancolelli, era stata ritirata dopo una sola rappresentazione. Colpa del testo ispirato a una delle questioni filosofiche più scottanti sollevate dagli illuministi? Colpa di un eccesso di verbosità in un teatro come quello italiano che i parigini continuavano a considerare erede della Commedia dell’Arte? Una scarna cronaca del “Mercure de France”è tutto quel che ci rimane della recita del 1729 e non consente valutazioni storico critiche convincenti.»

«Ma è un fatto significativo – continua il regista – che Marivaux, autore ormai affermato e consacrato alla fama, decida di rimettere mano a quell’opera dopo tanti anni: il problema dell’uguaglianza dei sessi poteva, sì, essere impopolare nella Francia ancien régime, ma non doveva essere rimosso per sempre nella storia contemporanea, proiettando la sua forza ineluttabile in un futuro prossimo nel quale le donne sarebbero state protagoniste. La colonia, quel secondo tentativo, Marivaux lo destinò soltanto alla lettura “in una Società”: come a ribadire che i tempi non erano maturi per declamare tanta sovversiva originalità sulle tavole del palcoscenico; come era successo d’altronde a un altro testo ispirato alle idee dei philosophe, L’isola della ragione, che l’autore si rammaricava di aver portato all’insuccesso teatrale dopo il buon esito riscontrato invece attraverso le letture ad amici e intellettuali.»

«Si dirà – conclude – che mettere in scena una commedia sulla rivolta delle donne non solo non comporta rischi, ma è così politicamente corretto da rischiare quasi il conformismo. Eppure, non è conformista ascoltare le parole di un classico (cioè di un autore che non finisce mai di essere contemporaneo, per ricordare una delle più felici definizioni della parola) a proposito della questione femminile, tema sociale e filosofico ben lontano dall’essere definitivamente risolto duecentosettantatré anni dopo.

Proprio perché tiene conto con autoironia delle timidezze, delle resistenze, delle paure ancestrali che accompagnano da sempre l’accettazione di una parità completa tra le due metà del cielo. E poi perché è una commedia, forma teatrale che non si prende sul serio neanche quando fa finta di predicare, ma gioca con gli strumenti del buon teatro, con i caratteri, con le battutacce, con l’invenzione del naufragio in un’isola deserta, mitologica risorsa in teatro per rappresentare utopie palingenetiche.

E se nel testo di Marivaux il finale resta prudentemente senza esito rispetto alle speranze che ha generato durante tutto il tempo dell’azione, è inevitabile sentire che quella conclusione è provvisoria e prefigura un futuro diverso affidato alle generazioni che verranno. È quanto cerca di esprimere questa messa in scena, la prima in italiano e nel nostro Paese, per quanto io sappia, della storia plurisecolare di questo testo”.

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