Abitare Firenze: una emergenza compatta, ma intoccabile

In centro non si possono fare alloggi sotto i 50 metri, fuori dalle mura si può vivere in 28 metri quadrati

Antonio
Antonio Lenoci
21 aprile 2015 14:51
Abitare Firenze: una emergenza compatta, ma intoccabile

Contro la speculazione edilizia, ma occorre accogliere nuove esigenze abitative. La risposta può essere solo quella di cambiare modi e metodi, oppure occorre avere un quadro organico dell'intero tessuto urbano?Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Jaff, docente presso la Facoltà di Architettura di Firenze, già presidente dell'Ordine degli Architetti di Firenze e dal 2010 Presidente della Fondazione Centro Studi e Ricerche Professione Architetto. "Se noi abbandoniamo il concetto della città che si espande all'infinito - spiega l'architetto Alessandro Jaff, per andare verso una città compatta perché non sosteniamo più l'urbanizzazione diffusa ed al fine di migliorare la sostenibilità sociale ed economica, non possiamo poi porre troppe limitazoni al riuso del patrimonio esistente, serve fare una scelta politica chiara".

Stop al consumo di suolo. "Vogliamo i Volumi Zero? Serve allora promuovere il riuso dei grandi contenitori come dei piccoli appartamenti, altrimenti viviamo una situazione assurda. Ci siamo burocratizzati con dei paletti che ci vedono bloccati davanti ad una finestra troppo piccola a fare i conti con il rapporto illuminante, con ostacoli che impediscono di sfruttare gli spazi in virtù di un interesse pubblico inesistente.

Il rispetto del decoro è nelle parti esterne, la garanzia di sicurezza è nella stabilità, ma la riqualificazione interna deve essere libera. In altri paesi europei c'è la completa libertà di operare, in Francia i locali li svuotano all'interno, facendo attenzione a mantenere la sicurezza dello stabile".Locali commerciali sul Mercato immobiliare residenziale. "La destinazione d'uso residenziale non è legata al prenderci la residenza o meno, che si abiti saltuariamente o si affitti a persone che abitano altrove magari per brevi periodi, deve essere comunque un immobile adibito ad abitazione non può essere un negozio o un laboratorio artigianale, sia chiaro questo. Il fatto che ci sia un angolo cottura in un magazzino non ne caratterizza l'abitabilità, il mio consiglio è di affidarsi ad un tecnico di fiducia specie quando parliamo di situazioni complesse come gli ex negozi dove il regolamento è cambiato più volte.

Siamo passati da una lunga stagione in cui si difendeva ad oltranza la residenza soprattutto del centro e quindi il cambio di destinazione d'uso verso la residenza era sempre possibile, e non il contrario. Questa tendenza si è poi invertita poiché il fenomeno degli affitti turistici ha creato una spinta verso l'ospitalità di genere ricettivo, e non si tratta più del classico residente ma del soggetto di passaggio. Il mio parere è che obiettivamente in una città che rappresenta un mix di funzioni dal commercio all'artigianato ai servizi alla persona i locali su strada sono una ricchezza per la città, la rendono viva e vivibile, una tutela dallo sfruttamento selvaggio deve esserci".

Ma tecnicamente si può rendere vivibile un negozio? "Dal punto di vista tecnico sono state poste condizioni per poter fare il cambiamento d'uso, l'abitazione che viene realizzata deve rispondere ai criteri di un edificio di nuova concezione e non può più esserci l'ingresso dalla pubblica via, né si può contare come finestra l'affaccio su strada, questo per evitare l'effetto di "casa a vista". Ci sono tutta una serie di regole per il frazionamento ed il cambio di destinazione introdotte dal nuovo regolamento comunale e che rendono difficile se non impossibile in certi casi la trasformazione di un negozio in una abitazione.

Noi questo l'abbiamo messo in evidenza, ma persino sul singolo appartamento ci sono troppe restrizioni".Tanti contenitori vuoti: conservare la tradizione o aprirsi alle nuove tendenze? "La risposta non sono solo i locali commerciali ma occorre guardare a tutto il patrimonio immobiliare. Sono state introdotte norme troppo rigide ad esempio per trasformare una camera da letto in soggiorno, parliamo di paletti che limitano persino l'adeguamento alle esigenze interne all'abitazione già esistente.

Ci sono restrizioni anche per realizzare superfici accessorie come soppalchi o soffittine, una scelta fatta nel regolamento urbanistico. Prima era consentita la ristrutturazione di tipo leggero per ridisegnare gli appartamenti e sfruttare gli spazi interni ad esempio per una famiglia che cresceva, adesso questo non è possibile. La società urbana è cambiata? "Le famiglie sono diminuite di numero, si va verso gruppi piccoli o addirittura mononucleari, ed in terza età gli anziani tendono a ridurre i propri spazi.

Sono cambiate le esigenze, oggi si cambia molto più casa, per studio o per lavoro ci si muove molto di più e quindi cresce la domanda di alloggi per periodi di un anno o due anni perché i contratti di lavoro sono a tempo determinato. Questo comporta che il mercato non riesce ad offrire tutti quei piccoli tagli bitativi che le persone richiedono. Firenze poi risente della pressione del settore turistico, dobbiamo ammetterlo questo".Firenze in emergenza cronica. "La risposta non è solo nella nuova edificazione, serve il recupero dell'esistente e occorre coprire una fascia "grigia" della popolazione che non sono i cittadini in graduatoria, ma coloro che non possono permettersi affitti a canoni di mercato.

Serve una partnership pubblico-privato che porti ad affitti calmierati per mettere sul mercato immobili come gli stabili vuoti, coinvolgendo le cooperative che facevano espansione oppure i detentori di vasti patrimoni immobiliari privati e pubblici per una gestione che porti a canoni di locazione calmierati. Occorre continuare con l'edilizia residenziale pubblica per la fascia di estrema povertà, ma appena fuori dalla povertà ci sono persone che non arrivano a fine mese e non riescono a sostenere i costi di un affitto, questo è il problema".

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