Il Candidato. Piccola guida ad uso e consumo di chi candidato non è mai

Il candidato in generale, il candidato copulativo, il candidato che ci crede, il candidato fanatico... descritti da Marco Bazzichi

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 novembre 2009 09:47
Il Candidato. Piccola guida ad uso e consumo di chi candidato non è mai

di Marco Bazzichi IL CANDIDATO IN GENERALE Il candidato. Il candidato alle elezioni. Questa figura, degna di curiosità e compassione, tornerà tra qualche tempo, grosso modo a febbraio, ad arricchire le nostre grigie giornate invernali. Si farà attendere ancora un po', dovrà passare attraverso due fasi, l'una meno sintomatica della seconda, ma poi, il candidato si manifesterà nuovamente in tutto il suo candore. La prima fase sintomatica corrisponde a quando si devono comporre le liste del partito o della lista civica, la seconda a quando l'individuo acquista la transitoria condizione di "candidato". Il candidato per eccellenza non è però quello di grosso calibro, quello che, per intenderci, se ne va -di tutto diritto- nelle tv locali a rubare tre, quattro secondi del nostro frenetico zapping, in cui non possiamo evitare di cogliere quasi mezze frasi, come: "...voro è la questione assolutamente cruciale che abbia...2, o come: "...grazione sì, ma nel rispetto assoluto delle rego...", o anche: "...iano di rilancio dell'economia, che prevede il ricorso alla cassa integr...".

No, il candidato allo stato puro, colui che esaurisce la propria auto-definizione nell'esser candidato, non è nessuno dei 18 che si presentano alle primarie del PD -che pure costituiscono un'interessante via di mezzo- né, tantomeno, nessuno dei capilista che effettivamente si presenteranno alle vere e proprie regionali. Infatti, i personaggi di questa caratura, per essere arrivati lì, durante tutto l'anno hanno ben altro di cui occuparsi. Il Candidato con la c maiuscola, colui che per un mese non ha altro titolo di cui fregiarsi -perché non è né presidente di una partecipata, né imprenditore, né giornalista, né magistrato né segretario del partito a livello comunale e regionale, è piuttosto quel comune individuo (un militante del PD direbbe: "un banale cittadino"), che ogni tanto, e più precisamente una o due volte ogni cinque anni, si ritrova coinvolto, e non sa neanche lui bene perché, nel numeroso elenco di qualche partito, partitino o lista civica, bisognosi di arrivare alla quantità massima stabilita dalla legge elettorale per non fare brutte figure.

Ed ecco che, passate le primarie del PD e passato il frenetico periodo all'interno dei gruppi politici per il completamento delle liste -partiti o movimenti, tutti uguali in questa pratica-potremo ammirare ancora una volta il fenomeno del candidato, sia pur in un numero assai ristretto e relativo più che altro alle liste minoritarie. Quest'anno, cioè nel 2010, il candidato dovrebbe tornare a trovarci -o trovarvi, dipende- a febbraio, se si vota a marzo, o comunque un mese prima del voto. In questo momento, cioè ancora a quattro mesi dal voto, pochi, dei futuri candidati, sanno che questo morbo sta per colpirli di nuovo o per la prima volta.

Ma veniamo alle diverse tipologie di candidato che affliggono normalmente le elezioni più ricche di fauna, le comunali e le provinciali. IL CANDIDATO COPULATIVO Secondo una recente ricerca, la gamma dei candidati varia secondo tre specie principali. Vi è, innanzitutto, ed è il più diffuso, il candidato copulativo. Il candidato copulativo, assai diffuso durante le elezioni comunali, fa dell'essere accidentalmente candidato, tutto il senso della sua giornata e della sua ritrovata vita in società.

Si dice "candidato copulativo", perché, a un certo punto, quando chi gli fa compagnia meno se lo aspetta -o fa finta, per gentilezza, di non saperlo- nel prendere un caffè dopo pranzo al bar, nello stare in coda alla cassa del supermercato, nel porgervi il secchio mentre vi aiuta a lavare la macchina, quando insomma non c'entra proprio nulla con quanto stavate dicendo, enuncia, con enfasi variabile a seconda della sottospecie ch'egli costituisce, la seguente sentenza: "Io sono candidato". Vi sono, appunto, delle varianti all'interno della specie "candidato copulativo".

Nella sostanza, egli afferma, pensa e vi dà a comprendere sempre il medesimo concetto: "Io sono candidato". Ma vi è pure chi ricorre a delle varianti linguistiche, potremmo dire formali, che non intaccano per niente la sostanza. Vi è quindi il "candidato copulativo insicuro" o il "candidato copulativo timido". Egli (o ella) si esprime per lo più così: "mi hanno candidato" o "non lo sa ancora nessuno, ma sarei candidato". Tali varianti, lungi dal differenziarsi concettualmente dal più ortodosso: "sono candidato", servono inconsciamente a trasferire la colpa di questa transitoria condizione ad un indefinito altri.

Questo "altri", per chi mastica almeno un po' di politica, sarà inevitabilmente il presidente del circolo, il portavoce del movimento o una collettività indefinita assidua animatrice di riunioni serali (riunioni che diventano notturne proprio quando c'è da fare le liste). Sempre all'interno della categoria "candidato copulativo", troviamo il "candidato copulativo sciolto". Non che si sia liquefatto, è che si ritrova a dichiarare in società la propria transitoria condizione di candidato nella maniera più disinvolta, nonché artefatta, possibile.

Sarà dunque con estrema scioltezza che il candidato (o la candidata) vi dirà, ad esempio mentre allunga un euro all'edicolante e prende il giornale: "ah, tra l'altro sono candidato". Oppure, mentre si lamenta delle faccende grandi e piccole che hanno improvvisamente popolato la sua vita fin lì abitualmente tranquilla ("mia suocera sta poco bene", "ho un problema a pulire i lampadari", "mi arriva troppa pubblicità in cassetta"), vi dirà, sempre guardando altrove: "in più sono anche candidato".

Il candidato copulativo sciolto è infatti sempre "anche" candidato. In Toscana, bisogna vedere però se è di destra o di sinistra. Se è di destra, fulminato dall'entusiasmo di poter finalmente o nuovamente brandire le armi del garantismo e dell'efficienza economica contro il pachidermico potere rosso che da mezzo secolo affligge la nostra regione, metterà molta più enfasi nell'affermazione di essere candidato. Sarà persino capace di far passare avanti chi ha meno roba di lui alla cassa, di dosarvi egli stesso l'acqua e il sapone nel secchio, e di dire all'edicolante di tenersi pure il resto: le frasi "sono candidato", "mi hanno candidato", "in più sono candidato" usciranno allora dalla sua bocca come le bollicine da una bottiglietta di coca-cola che precedentemente vi era caduta per terra, ma senza stapparla del tutto (sennò finisce tutto il liquido fuori e quello è il caso solo del leghista). Se invece è di sinistra, il candidato vi dirà di essere candidato con un tono molto più remissivo o comunque più asciutto.

Svogliatamente, vi passerà un secchio troppo sudicio, non si accorgerà di essere alla cassa del salva-tempo senza averne l'apposito strumento, e, persino, capirà troppo tardi di aver speso un euro e cinquanta per colpa dell'illeggibile supplemento del venerdì. Queste che abbiamo elencato, sono solo alcune delle varianti della categoria del "candidato copulativo". Ma, sostanzialmente, dovremmo esserci. Il CANDIDATO CHE CI CREDE La via di mezzo tra i tipi di candidati, diciamo la seconda categoria, è rappresentata dal "candidato che ci crede".

E' quello, per intenderci, che si dà un gran da fare tutto l'anno con cinque o sei sigle di associazioni diverse, si iperspecializza su di un tema e, al momento di votare, effettivamente dai 15 ai 30 voti se fa parte di un partito piccolo, o dai 50 agli 80 se fa parte del PD o PDL, non se li fa mancare. Il "candidato che ci crede" è estremamente teso, ma in genere sorridente, si adombra quando vi parla di qualcosa che tocca l'argomento drammatico e scabroso della sua iperspecializzazione e coltiva un discreto, ma non esagerato, culto della propria persona.

E' l'animale da riunione e da convegno. Nel giro di un anno, partecipa a 40 convegni diversi, cui in media partecipano 40 persone e in cui intervengono 40 persone. Praticamente, col "candidato che ci crede", avviene sempre che o lui batte le mani agli altri o gli altri le battono a lui. Tutto, al momento della campagna elettorale, viene da lui o lei ricondotto al suo campo di intervento. C'è quello specializzato sull'acqua, quello sulle carceri, quello sui poveri, quello sul razzismo, quello sull'ambiente e più la causa è persa in partenza, più vi si specializza. Se chiedete che ore sono al candidato copulativo, questi vi risponderà: "ah, considerato che sono candidato, sono le quattro".

Il "candidato che ci crede", vi risponderà: "sì, ora ti dico che ore sono...gli orologi sono in mano alle multinazionali che gestiscono l'acqua in Italia...i carcerati sono senza orologio...gli orologi inquinano più delle clessidre...sono le quattro e un minuto". IL CANDIDATO FANATICO Non avrà invece il tempo di dirvi che ore sono il terzo tipo di candidato, quello che troviamo all'opposto del "candidato copulativo": è il "candidato fanatico". Questo, lo si intuisce, è molto più pericoloso e attaccabottoni del "candidato copulativo". Lui o lei [ma molto più spesso lui, qua le donne non si offenderanno se lasciamo da parte il lui o lei] non si limita affatto a dire di essere candidato.

Al contrario. Il fatto di essere candidato, come la crema di marrone riempie il tacchino, infarcisce tutta la sua giornata, tutta la sua vita. Ci limitiamo a due sottospecie di "candidato fanatico". Quella più diffusa è il "candidato fanatico sbalordito". Sbalordito sì, e, ma non ci riesce, sbalordente. Lui vorrebbe insomma sbalordirvi continuamente con questo fatto di essere candidato, facendovi partecipe del suo sbalordimento. Si agita, ha sempre degli incartamenti in mano, fa caso a tutto ciò che riguarda, anche da lontanissimo, l'imminente tornata elettorale e, naturalmente, vi chiede, anzi vi ordina, di votarlo senza il benché minimo pudore.

Non contento delle riunioni che, in campagna elettorale, terminano all'una di notte, una volta a casa, stravolto dall'adrenalina, viene raggiunto dall'alba in salotto, elaborando conti su conti, segnando su una gigantesca carta della città (o peggio, della provincia) i nomi di chi gli ha promesso di votarlo, con gli indirizzi corrispondenti. Copia e ricopia a ripetizione rubriche telefoniche piene zeppe di numeri e si fa cogliere dalla mania di spedire un email a dieci mila persone diverse, che gli tornano indietro come spam, e studia quanto gli converrebbe mettere un'ipoteca sulla casa per poterci finanziare la stampa di trecentomila volantini con la sua faccia.

Sudato, invasato e in totale agitazione, avverte vampate di calore anche in pieno febbraio, e i vicini, nel vederlo a finestre spalancate, con la luce accesa e tutti quei fogli, pensano di avere a che fare con un grande architetto o un compositore di colonne sonore. Le prossime elezioni regionali saranno popolate dall'altro tipo di "candidato fanatico", più raro ma potente, che è quello silenzioso. Il "candidato fanatico silenzioso" è il peggio di tutti. Lui di essere candidato, ci pensava da tempo.

Ha preparato tutto da un anno, o anche da anni, se si tratta di diventare sindaco o presidente di regione. Nel più profondo della sua anima malata, il candidato fanatico silenzioso cova tutte le peggiori degenerazioni di tutti gli altri tipi di candidati. Lui non dice: "io sono candidato" né "mi hanno candidato" perché, al momento del deposito delle liste, ci sono già decine di militanti pronti a farlo per lui. Il "candidato fanatico silenzioso" attende col ghigno l'esito dell'urna, attende la mietitura del grano senza apprensione né sentimento di sbalordimento.

Sa di aver lavorato bene, ogni giorno, in ogni sede più opportuna, perché la semina e quindi il raccolto fossero massimamente ricchi. Costui, che in sintesi gli antropologi chiamano "politico", passa la vita a dar mostra di sé nelle televisioni, negli enormi manifesti sui viali, sui giornali cittadini, male che vada per radio, e via internet. Per il politico stampare 10 mila volantini è un affar da nulla, anche perché non gli interessa di raggiungere tutto l'universo mondo, ma soltanto le centinaia (magari 1666 precise) di persone che sono in debito con lui, in modo che si ricordino, nel segreto dell'urna, dei favori ricevuti.

All'indomani delle elezioni, mentre il politico attende l'autoblu, nella sezione del comitato, tra i militanti che hanno festeggiato tutta la notte, il "candidato copulativo" ritorna verso casa camminando un'ultima volta in questa o quella viuzza sui cui muri sono attaccate, ancora per poche ore, le illeggibili e lunghissime liste elettorali, crudelmente ignorate dai passanti, indicanti, al numero 46 o 47 della tal lista, i suoi dati anagrafici, e mormora: "cinque preferenze...allora...mia moglie, mia madre, mio padre...chi manca?".

Notizie correlate
Collegamenti
In evidenza