Chianti: allarme per la tignoletta della vite

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 luglio 2008 14:10
Chianti: allarme per la tignoletta della vite

Firenze, 3 luglio 2008- Si alza la soglia di attenzione per le vigne della Toscana, con un nuovo allarme legato all’arrivo della Tignoletta della vite e nel Chianti parte l’offensiva ‘sessuale’. La Lobesia botrana, questo il nome scientifico del temuto insetto, è un lepidottero tortricide che depone le sue uova sulla vite e le larve si nutrono dei fiori o degli acini della pianta, provocando calo di quantità e creando le condizioni idonee ad attacchi fungini successivi.
“La presenza della Tignoletta della vite – spiega Simone Tofani, responsabile del Settore tecnico della Cooperativa Agricola di Legnaia – è stata segnalata in varie aree della provincia di Firenze: in aziende agricole del Chianti, nell’area di Greve, ma anche a Rufina, in Valdisieve e in altre zone.

I report dell’Arsia hanno evidenziato la presenza del lepidottero con i voli della seconda generazione della Tignoletta e l’invito a intensificare i monitoraggi per verificare la necessità o meno dei trattamenti. La Lobesia Botrana è stata registrata nelle province di Arezzo, soprattutto in Vadichiana; di Livorno, nell’area di Suvereto, Campiglia Marittima e Castagneto Carducci; di Grosseto, fra Massa Marittima e Gavorrano, di Pisa, nelle zone di Crespina, Lari, Terricciola e Santa Luce; Pistoia, fra Quarrata, Serravalle e Montale; e Siena, con alcune catture fra Montalcino e Valdorcia.

La larva di questo insetto fora l’acino d’uva e si nutre di esso, provocando una perdita di peso consistente nel grappolo e aprendo la strada a pericolosi attacchi di patogeni come la botrite e il marciume acido”. La ‘Lobesia botrana’ è un nemico consueto delle vigne toscane e i metodi di contrasto assumono anche forme singolari, seppur molto efficaci. “Nell’area di Panzano, nel Chianti – ricorda Tofani –, si è scelto di portare avanti il metodo della ‘confusione sessuale’, con risultati eccellenti testimoniati da numerose realtà della sona, come l’Azienda agricola biologica Fontodi.

In pratica si utilizzano diffusori di feromoni che impregnano l’aria dell’odore della femmina della Tignoletta e i maschi non riconoscono più le possibili compagne, le femmine sorgente, inseguendo invece una presenza virtuale. Questo impedisce l’accoppiamento e quindi la deposizione delle uova. E’ fondamentale che questo sistema sia attuato su interi comprensori, altrimenti rischia di essere vanificato dalla deposizione di uova da parte di femmine che arrivano da aree limitrofe. In generale è comunque essenziale effettuare i monitoraggi con le trappole a feromoni, per verificare il livello di presenza della Lobesia Botrana e per decidere il tipo di intervento da effettuare per salvaguardare la prossima vendemmia”.

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