Nuova edizione per le 'dolcezze' del compianto Righi Pareni

Redazione Nove da Firenze
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01 dicembre 2006 18:54
Nuova edizione per le 'dolcezze' del compianto Righi Pareni

Firenze, 01/12/2006 - A pochi mesi dalla scomparsa dell'Accademico della Cucina Italiana Giovanni Righi Parenti, grande studioso della storia senese e toscana e ultimo testimone dell'antica e celebre fabbrica dolciaria Parenti, esce una nuova edizione del suo Dolcezze di Toscana (Polistampa, pp. 240, euro 12), . L'opera, dotata di utili indici, è organizzata nelle sezioni Dolci invernali, Dolci di Pasqua e primavera, Dolci per tutte le stagioni, I dolci tradizionali, Altri tempi, Vini, rosoli e derivati.

Apprendiamo che in inverno a Viareggio si mangiano i befanini, mentre a Pistoia i necci e un po' ovunque il castagnaccio. E poi ci sono il migliccio, il ciambellone montanaro (con farina di castagne), i bolli di Livorno (dolcetti di origine ebraica, simili a panini pieni di marmellata), i cenci, gli ossi di morto e i rompidenti. In primavera compaiono i ciambelloni, le schiacciate, le crostate e le torte di riso. Poi trionfano i pani dolci, i panforti, le copate, i torroni e altre squisitezze dai nomi antichi ed evocativi.

Il volume, nella nuova edizione "lusso", con copertina cartonata e interno arricchito da fotografie d'epoca e illustrazioni a colori delle squisitezze proposte, raccoglie memorie e ricette che trasportano il lettore goloso alla riscoperta di oltre 200 dolci della tradizione toscana. Dolci poveri, almeno all'apparenza, eccezion fatta per quelli senesi, che sono la quintessenza della raffinatezza e incoronano Siena capitale del dolce toscano. Scritto con un linguaggio genuino come i dolci che descrive, piacevole racconto pieno di aneddoti e storie curiose,ricchissimo ricettario, Dolcezze di Toscana è anche un appassionante viaggio nel passato, fatto con l'amore di chi nei sapori della propria terra sapeva riconoscere anche le proprie radici.

Un modo per interpretare usi e costumi di un popolo, di una regione còlti nel momento caratteristico della preparazione di cibo e vivande.
"Si conclude con un dulcis in fundo - scriveva Righi Parenti nell'introduzione - quando in tavola appaiono i dessert. L'acquolina in bocca di fronte a tante squisite ghiottonerie ci fa perdere il ricordo che quella frase venne pronunciata dagli anacoreti per mettere bene in luce che 'dolcissimo sarebbe stato il traguardo, dopo le pene della vita terrena, il Regno dei Cieli'...".

Irene Gherardotti

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