Opg di Montelupo Fiorentino: un'anomalia del sistema penitenziario e manicomiale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 settembre 2006 13:51
Opg di Montelupo Fiorentino: un'anomalia del sistema penitenziario e manicomiale


dell'on. Donatella Poretti, deputata Rosa nel Pugno

Accompagnata dall'Avv. Claudia Moretti, legale dell'Aduc, (associazione per i diritti degli utenti e consumatori), ho realizzato il 5 settembre una visita all'Ospedale Psichiatrico Giudiziario (Opg) di Montelupo Fiorentino. Occasione per incontrare il direttore dr. Franco Scarpa, gli agenti penitenziari e gli internati, e parlare con loro del futuro della destinazione della struttura -la Villa dell'Ambrogiana che la Provincia di Firenze con un recente documento approvato vorrebbe recuperare alla sua bellezza- e, piu' in generale, di questa anomalia del sistema penitenziario e manicomiale.

La struttura "ospita" 136 "ricoverati", eta' media 40 anni, tra cui non solo gli autori di reati di sangue, ma anche di reati minori contro il patrimonio.

Come confermato dagli stessi operatori, "il doppio binario" (pena e misura di sicurezza) previsto dal codice Rocco non garantisce ne' l'effettiva sicurezza sociale ne' le cure appropriate incompatibili con lo stato detentivo carcerario.

Nonostante l'amministrazione abbia provveduto a ristrutturare un'intera parte, e nonostante gli sforzi degli stessi operatori, gli internati vivono in condizioni disumane. Otto persone in una stanza con i letti tutti attaccati l'un l'altro, distanziati appena dallo spazio per passare.

Per non parlare dei servizi igienici e, in generale delle pessime condizioni della struttura, ormai fatiscente.

Nel 1978 e' stata approvata la legge Basaglia per la chiusura dei manicomi, basandosi su una concezione lungimirante contro l'istituzionalizzazione dei malati di mente. Oggi invece l'Italia e' l'unico Paese occidentale ad avere strutture mostruose come quelle dei manicomi criminali. Un'anomalia sfuggita al sistema?

In tutta Italia, per circa mille internati sono 6 gli istituti che, nonostante il nome rassicurante di "ospedale", fanno parte e dipendono dall'Amministrazione Penitenziaria e dal Ministero di Grazia e Giustizia.

L'ordinamento e' quello carcerario, con le sue limitazioni di orari delle visite, permessi, polizia penitenziaria, ora d'aria, celle chiuse con le sbarre, ecc.

Finire in questi luoghi abbandonati da tutti e' molto facile, basta una perizia psichiatrica prima o durante ma anche dopo il processo o una volta in carcere (i rei folli). Se l'imputato viene ritenuto incapace di intendere o di volere e socialmente pericoloso, esce dal circuito giudiziario. Viene ritenuto non imputabile (in altre parole non condannabile con una pena vera e propria) e gli viene comminata una misura di sicurezza di 2, 5 o 10 anni, che puo' essere ridotta, o prolungata (i sepolti vivi).

Ma in realta' questi imputati che vengono prosciolti, sono comunque condannati ad una pena indefinita.

Si dovrebbe riflettere sull'assurdita' di queste strutture: come si puo' instaurare un rapporto di fiducia con una persona con dei disturbi psichici in un ambiente penitenziario? Come stabilire un programma di riabilitazione o comunque un percorso di cura con le limitazioni del carcere? E come fargli capire che le sbarre e le guardie penitenziarie armate stanno vigilando sulla sua salute e soprattutto su quella della societa' che sta fuori?

Sentenze della Corte Costituzionale e indagini parlamentari hanno unanimemente rilevato che esiste una contraddizione tra la funzione sanzionatoria e quella riabilitativa e curativa.

Una ambiguita' su cui il legislatore deve intervenire.

Occorre rivedere profondamente il sistema attuale dell'imputabilita' penale e delle misure di sicurezza e porsi come obbiettivo primario la cura della persona malata, utilizzando strumenti gia' esistenti, ad oggi non utilizzabili per questi soggetti, quali le misure alternative alla detenzione. Nelle prossime settimane predisporro' alcune iniziative legislative in materia.

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