Made in Italy: dibattito ieri sera a Prato

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
25 ottobre 2005 13:42
Made in Italy: dibattito ieri sera a Prato

PRATO - Il Made In come strumento di rilancio economico e corretta informazione. Questo era il tema di Confartigianato Caffè che ieri sera ha visto il confronto diretto tra il segretario generale di Adiconsum, Paolo Landi, e il presidente di Confartigianato Imprese Prato ma anche presidente di Federazione Moda, Stefano Acerbi. Un confronto (moderato dal responsabile della redazione della Nazione, Luigi Caroppo) tutt'altro che scontato, viste le diverse posizioni che le due categorie stanno assumendo nei vari ambiti istituzionali circa gli strumenti che possono restituire competitività al nostro sistema economico.

Divergenze che si sono palesate anche nel corso di Confartigianato Caffè, in particolare sulla valenza che le due parti danno al fattore del Made In Italy: strategico e fondamentale per i produttori, assolutamente marginale per i consumatori.
"Non siamo contrari all'introduzione della norma per l'obbligatorietà del Made in a livello europeo, mentre siamo perplessi sull'efficacia della legge sul Made in Italy, ha sostenuto Landi - ma ritengo sia un errore grave concentrare tutti gli sforzi e le energie su questo aspetto, che anche se utile rimane un fattore di difesa e certamente non risolutivo.

È un errore perché distoglie da quegli aspetti che invece credo siano fondamentali per rilanciare la nostra economia: dobbiamo superare gravi lacune che accusiamo nei confronti degli altri paesi europei, che si dimostrano più bravi a commercializzare e a fare lobby. Gli imprenditori devono non solo difendersi dai mercati emergenti ma a loro volta attaccare quei mercati, non ripetendo errori del passato".
"Una squadra vincente - ha ribattuto Acerbi - deve giocare a tutto campo: c'è il momento di difendersi e quello per attaccare.

Ci sarebbe la volontà di affrontare un percorso comune con le associazioni dei consumatori: la marcatura del prodotto, infatti, metterebbe questi ultimi in condizione di poter scegliere. Del resto una griffe non dovrebbe avere assolutamente problemi a riportare l'indicazione del paese di origine: se un consumatore è affezionato a un articolo particolare, continuerà ad acquistarlo anche se viene prodotto, ad esempio, in Brasile. In gioco c'è solamente un discorso di trasparenza. L'importante, tuttavia, è che le istanze dei consumatori italiani collimino con quelle dei consumatori europei, mentre l'impressione è che questi ultimi riflettono la posizione della grande distribuzione".


Nel frattempo un passo in avanti è stato compiuto con la proposta legislativa sul made in Italy, già approvata dalla Camera e in attesa di completare il suo iter in Senato. Ma il disegno di legge presentato dall'onorevole Andrea Lulli rischia di arenarsi nella giungla dei lavori parlamentari, in vista dell'appuntamento delle elezioni politiche. "Lungi dal costituire un elemento di protezionismo economico - ha ribadito Lulli - la tutela del nostro patrimonio produttivo rappresenta l'atto di una battaglia politica da portare avanti con tutte le nostre energie.

È qualcosa che dobbiamo rivendicare con forza: non dimentichiamo che sono i prodotti italiani a rendere attiva la bilancia dei pagamenti dell'Unione europea". Sulla stessa lunghezza d'onda anche il presidente della Provincia di Prato, Massimo Logli, per il quale "la valorizzazione del made in Italy non è da intendersi assolutamente in chiave difensiva, in quanto contribuisce a dare valore immateriale a quello che possiamo esportare sul mercato".

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