A un anno dalla morte una mostra celebra il fotografo anglofiorentino che nel dopoguerra insegnò all’America ad amare l’Italia

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 gennaio 2005 00:03
A un anno dalla morte una mostra celebra il fotografo anglofiorentino che nel dopoguerra insegnò all’America ad amare l’Italia

Firenze – Il 10 gennaio 2004, pochi giorni dopo la chiusura della straordinaria monografica alle Reali Poste degli Uffizi, moriva David Lees, il grande fotografo anglofiorentino che nel dopoguerra ha insegnato all’America ad amare l’Italia grazie ai reportage pubblicati dalla famosa rivista LIFE.

Un anno dopo, il curatore Cosimo Chiarelli e la sua Iconoteca gli rendono omaggio con una rassegna di ritratti realizzati da Lees tra la fine degli anni ’50 e gli inizi dei ’70 ad alcuni tra le più importanti personalità della cultura (Berenson, Pound, Montale, Fellini), dell’arte (Manzù, Dalì, Michelucci), dell’industria (Agnelli, Piaggio, Mattei, Borghi, Pinin Farina) e della moda (Armani, Pucci, Ferragamo).



La mostra, David Lees – Ritratti (studio Iconoteca, via Isola delle Stinche 3, Firenze) si inaugura sabato 15 gennaio, ore 17, e resta aperta fino al 14 febbraio. Per visitarla occorre prendere appuntamento con Cosimo Chiarelli, telefonando al 339.4606520.

Nella circostanza sarà possibile acquistare un numero limitato di fotografie originali dell’autore. Il ricavato sarà devoluto in beneficenza. Per maggiori informazioni rivolgersi a Iconoteca: lo studio promuove mostre fotografiche e coordina progetti per la conservazione e la valorizzazione di collezioni e archivi fotografici storici, moderni e contemporanei (iconoteca@tin.it)

David Lees, come noto, era figlio di genitori illustri (il padre, Edward Gordon Craig, importante drammaturgo, la madre, Dorothy Nevile Lees, poetessa).

Era nato a Firenze nel 1916 e in Italia aveva trascorso tutta la sua vita, affermandosi presto come uno dei fotografi di riferimento per l’editoria americana.

In particolare, sulle pagine illustrate di LIFE ha raccontato con attenzione e sensibilità la cronaca e il costume italiani in un periodo di profondi cambiamenti, quello appunto tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e i primi anni Settanta.

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