Il lavoro sommerso in provincia di Pisa: indagine della Camera di Commercio e dalla Provincia di Pisa

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 dicembre 2004 15:23
Il lavoro sommerso in provincia di Pisa: indagine della Camera di Commercio e dalla Provincia di Pisa

Seguendo i dati Istat, in Toscana il lavoro sommerso ha una diffusione inferiore a quella che per molti anni tutti gli osservatori hanno rilevato. La Toscana presenta un tasso di irregolarità del 13% nel 2000, sceso al 12,3% nel 2001, e si trova quindi in una posizione intermedia tra le regioni a più basso tasso di irregolarità, quelle del Nord-est e Nord-ovest, e quelle del Centro e del Sud, che hanno tassi di irregolarità superiori al 20%. Dalla disaggregazione settoriale emerge una struttura del sommerso regionale diversa da quella nazionale.

Si può notare che l'incidenza delle unità di lavoro sommerso in agricoltura e nelle costruzioni è inferiore non solo a quella media nazionale, ma anche a quelle di tutte le altre macro-aree (con l'eccezione del Nord-Est per l'edilizia); mentre per l'industria in senso stretto e il terziario i tassi di irregolarità, pur inferiori al dato medio nazionale ed a quello medio del Centro, sono superiori a quelli del Nord-Est e del Nord-Ovest.
I dati ISTAT non sono disponibili a livello sub-regionale.

Dobbiamo pertanto utilizzare quelli INPS sulle ispezioni condotte per contrastare l'evasione contributiva. Per leggere correttamente questi dati è però necessario applicare una complessa metodologia econometria, i cui risultati sono sintetizzati nel Grafico 1. I dati mostrano che la provincia di Pisa non si discosta in modo significativo dalla gran parte delle altre province della regione (si noti che la tendenza a un uso più inteso di lavoro sommerso nel terziario è solo apparente, poiché il valore stimato non è statisticamente diverso da quello medio di riferimento).

Dunque, con tutte le cautele del caso, è possibile affermare che le imprese operanti nella provincia di Pisa si comportano, a parità di altre condizioni (e, in particolare, di dimensione e di settore) in modo del tutto analogo a quello delle imprese considerate come riferimento.
La considerazione complessiva dei risultati permette di rafforzare alcuni elementi strutturali sull'uso del lavoro sommerso, già emersi nel lavoro di Unioncamere (2003), e che possono essere estesi alla situazione della provincia di Pisa:
(i) l'uso di sommerso è più elevato nelle piccole imprese rispetto alle grandi;
(ii) l'attività ispettiva ha effetti deterrenti omogenei per tutte le province e per tutti i settori;
(iii) hanno una minore propensione al sommerso alcuni settori, come la meccanica e la lavorazione dei metalli , il tessile e le utilities; mentre altri, come i servizi tributari ed il commercio ambulante hanno invece una maggiore propensione al sommerso;
(iv) quando si compara l'utilizzazione di lavoro sommerso tra imprese dello stesso settore e della stessa dimensione l'appartenenza o meno all'artigianato non modifica il modo in cui l'impresa utilizza lavoro sommerso.
Le evidenze qualitative
Sulla base dell'analisi qualitativa condotta nei primi mesi del 2004 si possono fare alcune valutazioni di sintesi sulle tipologie di lavoro sommerso diffuse nella provincia di Pisa.

Come per le altre province della regione, non si hanno evidenze rilevanti di attività svolte da imprese completamente sconosciute al fisco e alla previdenza sociale. Esistono però lavoratori completamente sommersi o neri che operano in imprese regolari, e lavoratori solo parzialmente sommersi o grigi che operano anch'essi in imprese regolari.

Il lavoro completamente sommerso. I lavoratori totalmente al nero sono assai diffusi nei lavori domestici e di servizio alle famiglie, con particolare riguardo ai ruoli di assistenza ai minori e agli anziani.

Si è raccolta, addirittura, notizia di sistemi di reclutamento illegale di questo tipo di manodopera da parte di caporali. Altra attività in cui è particolarmente diffuso il fenomeno del lavoro nero è il settore edilizio. Anche in questo caso si è raccolta notizia di forme di reclutamento illegali di manodopera, tramite caporali che reclutano lavoratori, in prevalenza extra-comunitari, nelle zone centrali del capoluogo provinciale, o lavoratori meridionali direttamente nei luoghi di origine.

Nei piccoli esercizi commerciali e del servizio al turismo si riscontra la presenza di un lavoro nero che riguarda, oltre agli studenti, extracomunitari e giovani disoccupati. Nel settore calzaturiero varie forme di sommerso si nascondono nei passaggi tra imprese committenti, terzisti e famiglie. Nel settore conciario è emersa una scarsa propensione da parte delle aziende al ricorso al lavoro sommerso nero, anche perché la massiccia presenza di lavoratori regolari senegalesi è gestita ricorrendo a contratti a termine e interinali.

Per quanto concerne il settore della lavorazione del legno, le prestazioni di lavoro sommerso nero riguardano in prevalenza pensionati (ovvero ex-dipendenti che continuano saltuariamente a collaborare).

Il lavoro parzialmente sommerso. Il lavoro grigio sembra essere ben presente nel tessuto economico della provincia pisana, specialmente nelle imprese piccole e piccolissime. La forma più pesante consiste nella strumentalizzazione del rapporto in essere tra prestatore d'opera e datore di lavoro, dove quest'ultimo è in grado di cambiare causa giuridica al contratto sottostante.

La parte più consistente di questo tipo di lavoro sommerso (grigio) è presente nei rapporti lavorativi caratterizzati da contratti a termine, di apprendistato, di formazione, di collaborazione occasionale e di lavoro autonomo, che mascherano in realtà rapporti di lavoro puramente subordinato. Tra i contratti utilizzati in modo improprio spicca in particolare la collaborazione coordinata e continuativa che viene utilizzata, per esempio, imponendo vincoli rigidi di orario, sotto la minaccia di sciogliere il rapporto di lavoro.

Lo stesso accade con il part-time, che spesso maschera un rapporto a tempo pieno. Queste forme di lavoro grigio sono utilizzate nella piccola distribuzione, nella ristorazione, nei bar; ma anche nelle imprese del cuoio/pelle, della calzatura e del tessile, specialmente nelle imprese terziste. Altre situazioni di sommerso grigio si trovano nelle collaborazioni di extracomunitari o di lavoratori appositamente trasferitisi dal Meridione che lavorano con contratti part-time nel settore edilizio; e nel comparto delle ICT, dove però il lavoro riguarda manodopera ad elevata specializzazione.

Situazioni di irregolarità più "lieve" si annidano nella gestione dei rapporti contrattuali tra impresa e lavoratore. Tra queste situazioni quelle indicate come prevalenti sono la remunerazione in nero delle ore di straordinario, in particolare nel settore del cuoio e della pelle, e nell'edilizia.

In sintesi, anche per la provincia di Pisa il fenomeno del sommerso assume la forma del «sommerso di convenienza», rivolto alla riduzione dei costi di impresa e alla flessibilizzazione estrema della forza lavoro impiegata, oltre i limiti imposti dalla legislazione sui contratti di lavoro.

Questa tipologia di sommerso, certo non preoccupante come quella che caratterizza il Meridione d'Italia, non deve però essere trascurata. Al di là della perdita del gettito fiscale e contributivo (le cui conseguenze negative non sono, comunque, da sottovalutare), il ricorso al sommerso segnala che molte imprese piccole e piccolissime di moltissimi comparti provinciali individuano nel basso costo del lavoro l'elemento centrale delle loro strategie competitive. Preoccupa, in particolare, notare che questa strategia è seguita anche dalle imprese dei comparti che non sono al riparo dalla competizione internazionale, per le quali si tratta di una strategia perdente già nel medio periodo, di fronte alla concorrenza di Paesi verso i quali la Toscana ha uno svantaggio, in termini di costo del lavoro, che è incolmabile.

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