La crisi finanziaria di Firenze Mostre spinge il presidente Camarlinghi a rassegnare il mandato
La consigliera comunale Gaia Checcuci (AN) chiede chiarimenti sull'operazione Publiacqua

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 marzo 2004 17:51
La crisi finanziaria di Firenze Mostre spinge il presidente Camarlinghi a rassegnare il mandato<BR>La consigliera comunale Gaia Checcuci (AN) chiede chiarimenti sull'operazione Publiacqua

Il vicesindaco Giuseppe Matulli e l'assessore alla cultura Simone Siliani annunciano la decisione di Camarlinghi di lasciare la presidenza della società, sottolineando anche l'ottimo lavoro di promozione culturale svolto in questo periodo. "L'Amministrazione Comunale ritiene che questi anni abbiano rappresentato un forte avviamento per la cultura fiorentina attraverso importanti iniziative come l'attuale mostra di «Botticelli e Filippino Lippi» (che sta riscuotendo un grande successo di pubblico), «Belvedere dell'Arte» (in occasione della riapertura del Forte Belvedere, con la riscoperta di un luogo di antico prestigio per l'arte), «Perù tremila anni di capolavori», «La natura morta italiana da Caravaggio al settecento», «I 150 anni dei fratelli Alinari».

"L'attività espositiva di Firenze Mostre ha riposizionato la società e la città a livelli di eccellenza nelle politiche espositive - sottolineano Matulli e Siliani - Le mostre di qualità sono importanti per il rilancio culturale ed economico della città e in questo Franco Camarlinghi ha dato un ottimo contributo" "Le dimissioni di Camarlinghi - proseguono Matulli e Siliani - costituiscono il presupposto di una gestione che si ponga l'obiettivo di capitalizzare un patrimonio così prestigioso, nella prospettiva di un assetto gestionale che garantisca l'equilibrio finanziario della società.

In tal senso il Comune di Firenze sta operando, di intesa con gli altri soci, ed ha chiesto a Franco Camarlinghi di rimanere alla presidenza dell'Ente fino a quando il processo di riorganizzazione consentirà il cambio; cambio che dovrà avvenire comunque entro la prossima assemblea per l'approvazione del bilancio". "A partire dal lavoro svolto da Franco Camarlinghi - hanno concluso il vicesindaco e l'assessore - è necessario che forze economiche e sociali della città, insieme al Comune, rilancino questa nostra società per continuare a collocare Firenze fra le città di punta nella politica espositiva e culturale del nostro Paese".
Audizione urgente del presidente di Firenze Mostre Franco Camarlighi in commissione cultura».

La richiesta è stata avanzata dal vicepresidente della quinta commissione consiliare, Graziano Grazzini, secondo il quale «le dimissioni annunciate dal vicesindaco Matulli e dall'assessore Siliani in nome e per conto di Camarlinghi, nel pieno del successo della mostra su Botticelli e Filippino Lippi, hanno il sapore delle esecuzioni veterocomuniste della Bulgaria anni Sessanta». «L'ipocrisia - ha aggiunto Grazzini - il tenore e le motivazioni del comunicato sulle dimissioni lasciano aperti margini di ambiguità in tutta l'operazione.

A fronte di un colossale deficit di bilancio del Comune appare paradossale la sollecitudine nel troncare un'esperienza culturale che in breve, stante il successo delle iniziative, sarebbe stata in grado di offrire, oltre al credito culturale, un sano bilancio». «Le mostre di questi ultimi anni - ha concluso il vicepresidente della commissione cultura - la programmazione delle prossime, l'avere associato arte antica ed arte moderna, collegandola ad un turismo popolare e di qualità nel rilancio internazionale di Firenze, sono obiettivi centrati in pieno dalla gestione Camarlinghi.

Prima che vengano formalizzate le dimissioni e, soprattutto per fugare queste zone d'ombra, ho chiesto l'audizione urgente di Camarlinghi nella nostra commissione».

«Il passato - ha ricordato la Checcucci - evidentemente non insegna perché, dopo il fallimento della cartolarizzazione per 73 milioni di euro dello scorso anno anche in questo bilancio l'amministrazione ripropone quella strana entrata di "contributi da privati inerenti la funzione di gestione del territorio e dell'ambiente, risorsa 3005" di analogo importo al quale si aggiunge, addirittura un'altra entrata, la cosiddetta "risorsa 46550" pari a oltre 8milioni e 571mila euro.

Dei 73 milioni di euro, 21 sono destinati al finanziamento della spesa corrente, 44 all'estinzione anticipata di mutui contratti dall'amministrazione e circa 8milioni per il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto. Degli ulteriori 8milioni e mezzo si va finanziare il previsto aumento di capitale sociale di Publiacqua». «Essendo fallita l'operazione di cartolarizzazione dello scorso anno e nell'attesa di vedere come è stato coperto il buco di bilancio che ne è derivato - ha rilevato la consigliere di Alleanza Nazionale - appare fumosa e oltremodo precaria la riproposizione di oltre 81milioni di euro da un'operazione i cui contorni sono sconosciuti.

Da qui la necessità di far intervenire i revisori per permettere al consiglio comunale di sapere quali sono i termini ed i tempi di tale operazione: sarà tutto chiuso entro aprile o, invece, entro maggio? Il rischio è che ci si trovi con un nuovo buco di bilancio pari, questa volta, a 160 miliardi di vecchie lire. Il mio timore, data la disinvoltura e l'avventatezza di questa operazione, mi sembra condiviso dagli stessi revisori del Comune che, nelle raccomandazioni finali, individuano, fra le l'entrate la cui accertabilità è compromessa, 25 milioni di euro derivanti da questa operazione.

Per questo chiedono di tenere le spese ferme nell'ordine di 40 milioni di euro nella quale la parte maggiore, dal punto di vista della precarietà, è rappresentata da questa operazione. «Un dubbio - ha concluso l'esponente del centrodestra - riguarda infine la legittimità di usare gli oltre 8mlioni e mezzo per aumentare il capitale sociale di Publiacqua. Nell'ipotesi che questi soldi derivino da un mutuo contratto da Publiacqua in prima persona, che poi li gira al Comune, saremmo di fronte al caso di una società che ricapitalizzare sé stessa senza utilizzare i soldi dei suoi soci.

Il codice civile non lo prevede».

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