La riforma della PAC appena licenziata dall’Unione europea, introdurrà a breve cambiamenti radicali nel regime di erogazione degli aiuti comunitari per le aziende agricole

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 gennaio 2004 13:20
La riforma della PAC appena licenziata dall’Unione europea, introdurrà a breve cambiamenti radicali nel regime di erogazione degli aiuti comunitari per le aziende agricole

Per il comparto dei ‘seminativi’ la novità principale – tra le tante – riguarda l’introduzione di un regime unico di pagamento per tutte le colture, con la possibilità di scegliere da parte dello Stato membro forme di disaccoppiamento parziale: mantenendo un aiuto specifico per alcune colture fino al 25%, (che nel caso del grano duro può arrivare fino al 40% dell’attuale premio supplementare).
Entro il 1° agosto di quest’anno, i singoli Stati nazionali dovranno comunicare alla Commissione di Bruxelles sia il momento a partire dal quale la riforma andrà a regime (1° gennaio 2005, 2006 o 2007), sia quali deroghe al disaccoppiamento intendono introdurre tra quelle previste dal Regolamento Ue 1782/2003.
La discussione fra Mipaf (Ministero per le politiche agricole e forestali) e associazioni di categoria è appena all’inizio, ma entro pochissimo si entrerà nel merito delle singole questioni, in vista della decisione finale da comunicare a Bruxelles.
“L’introduzione di un regime unico di erogazione dei contributi per tutti i seminativi – spiega Luciano Rossi, direttore di Toscana Cereali – va salutato positivamente, perché elimina gli effetti distorsivi del precedente regime, che condizionava gli agricoltori nelle scelte agronomiche, le quali ricadevano quasi sempre sulle colture più incentivate (come nel caso del grano duro), senza che ci si preoccupasse troppo della rotazione colturale e quindi della fertilità dei terreni, né della qualità delle stesse produzioni”.
“Se da una parte il nuovo regime unico di pagamento avrà l’effetto positivo di spingere gli agricoltori a programmare piani colturali basati sulle ‘buone pratiche agronomiche’ e orientati a soddisfare la domanda effettiva di mercato - cioè più mirati alla vendita del prodotto che all’acquisizione del premio per ettaro – dall’altra però, dobbiamo considerare che un’applicazione rigida di alcuni parametri della nuova riforma, rischia al contrario di favorire proprio coloro che in passato hanno puntato solo sui premi a discapito della qualità.

Il premio unico, infatti, viene calcolato prendendo a riferimento la media dei premi percepiti dagli agricoltori nel triennio 2000/2002, secondo il vecchio regime”.
“Per scongiurare questo rischio, e per sostenere chi ha puntato sulla qualità e chi in futuro vorrà farlo – continua Rossi – Toscana Cereali propone di puntare su un’applicazione flessibile della riforma della PAC, scegliendo la strada della regionalizzazione, mantenendo l’incentivazione del 40% al frumento duro rispetto alle altre colture.

Questo, naturalmente, in virtù dell’importanza che questo tipo di coltura ha in Toscana e nel nostro Paese, in relazione all’industria pastaria”.
“La regionalizzazione – sottolinea ancora Rossi – dovrebbe basarsi poi sull’identificazione di zone vocate alle quali riservare il premio supplementare e riconoscere anche il premio qualità pari a 40€/ettaro, condizionandolo all’applicazione da parte degli agricoltori di specifici disciplinari di produzione che prevedano, tra l’altro, l’obbligo delle analisi dei terreni ed i relativi piani di concimazione, l’introduzione della rotazione colturale biennale e l’utilizzo di varietà certificate ad alto contenuto proteico e di qualità del glutine, oltre ad una buona resa produttiva per ettaro.

Il premio qualità, inoltre, dovrebbe scattare quando il contenuto proteico superi il 12,5%. In questo contesto, un ruolo fondamentale può essere svolto dagli accordi di filiera che regolano i rapporti tra produttori e industria molitoria, in virtù dei quali formare lotti qualitativamente omogenei, che l’industria s’impegni a ritirare e premiare in forza del contenuto proteico ed in considerazione del fatto che reperisce sul mercato locale quanto oggi acquista sul mercato internazionale. Un criterio che, oltretutto – conclude Rossi - indurrebbe gli agricoltori a seguire buone pratiche agronomiche e alla tutela dell’ambiente”.

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