Woyzeck nella traduzione di Claudio Magris, da martedì 11 a sabato 15 novembre (ore 21.00) e domenica 16 novembre (ore 16.30) al Teatro di Rifredi di Firenze

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 novembre 2003 12:21
Woyzeck nella traduzione di Claudio Magris, da martedì 11 a sabato 15 novembre (ore 21.00) e domenica 16 novembre (ore 16.30) al Teatro di Rifredi di Firenze

Questa edizione del Woyzeck - sostanzialmente originale rispetto a quella nel carcere di Arezzo del 2000 e a quella realizzata nel 2001 da una compagnia mista di attori professionisti e attori-detenuti - giunge come punto di arrivo di una lunga ricerca, ora arricchita dall’importante collaborazione artistica con Nicola Rignanese.
Woyzeck è l'essere umano su cui tutti si sfogano. Al Capitano egli serve come oggetto da sbeffeggiare. Al Dottore come cavia. Al Tamburo Maggiore come rivale con cui competere.

A Marie come impossibilità d'amore. Ad Andres come limite dell'amicizia. Woyzeck viene agito da tutti gli altri personaggi, quasi incapace di reagire. Espressione e grido delle condizioni umane subalterne, Woyzeck è, insieme, vittima e carnefice. Egli è vittima della società che lo circonda piena di soprusi, moralismi, falsità, doppiezze ed è carnefice del suo unico bene prezioso, la sua giovane e bella Marie. Quando Woyzeck decide di agire uccide il proprio amore con un gesto di folle gelosia.
La messa in scena procede affrontando questo tragico eroe teatrale attraverso uno sguardo leggero che toglie alla vicenda la pesantezza datagli troppe volte da una lettura posteriore, forse, eccessivamente espressionista.

Il dramma di Woyzeck viene giocato all'interno di una situazione di festa dentro una "balera" popolare: quasi un locale di ritrovo in una zona marginale, una zona di frontiera dove i linguaggi e i comportamenti si incrociano. Un clima di festa sospesa domina la situazione; una situazione limite, indefinita, caratterizzata dal vedere e non vedere, dal ballo sfrenato e dal gioco anche violento, dall’ascoltare e dal suggerire quello strano equilibrio fra umanità e disumanità che regola i rapporti umani.

La messa in scena si sviluppa come in un montaggio cinematografico (accentuato dalla asciutta e poetica versione di Claudio Magris). Woyzeck, in silenzio, ascolta le voci: il petulante e strumentale chiacchiericcio dei capitani, dei medici, dei tamburi maggiori, ed ascolta anche le voci delle sue ossessioni, le voci che i diseredati hanno sempre sentito (o sono sempre stati costretti ad ascoltare) senza vera possibilità di replica. Una battaglia impari. Woyzeck capisce il mondo e la sua violenza ma non riesce a contenere simbolicamente il senso e la necessità di quelle relazioni umane.

Quando il circuito della comunicazione si chiude crolla il proprio, difficile equilibrio mentale.

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