Teatro di Rifredi: Anne Frank in collaborazione con Comunità Ebraica venerdì 14, sabato 15, venerdì 21, sabato 22, domenica 23 febbraio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
12 febbraio 2003 06:59
Teatro di Rifredi: Anne Frank in collaborazione con Comunità Ebraica venerdì 14, sabato 15, venerdì 21, sabato 22, domenica 23 febbraio

1942-2002: sono passati sessantanni dai drammatici giorni in cui la tredicenne Anne Frank annotava su un piccolo diario dalla copertina rossa e bianca tutte le paure, le speranze, i sogni e gli incubi della propria vita di ebrea nascosta in una vecchia soffitta nel centro di Amsterdam. Questa nuova edizione teatrale si presenta al pubblico come un fedele specchio della versione originale del diario; non si propone di assumere alcuna presunta oggettività, bensì tenta di far assumere allo spettatore il punto di vista di Anne, di fargli leggere la realtà attraverso gli occhi di una tredicenne ebrea costretta a nascondersi dal resto del mondo.

Ecco allora che la realtà del rifugio si colora a seconda dell’umore della protagonista, ecco che i suoi otto ospiti vengono ad assumere tratti drammatici, patetici, ridicoli o grotteschi a seconda del personalissimo punto di vista della giovane Anne. Gli intermezzi filmati che accompagnano lo spettacolo sottolineano in questo senso come l’origine della vicenda descritta sia da cercarsi solo e soltanto nell’ostinata scrittura di un diario tutt’altro che improntato ad una cronaca oggettiva.

Non basta: il diario di Anne Frank si caratterizza soprattutto per la sua sfrontata, orgogliosa, inarrestabile voglia di vivere, per il tenace proposito di dimenticare le brutture della propria segregazione in nome del gioco, del ridere, dell’amicizia, dell’amore. Lo spettacolo procede dunque su due livelli emozionali: da un lato l’incubo della deportazione (nebbiosa ossessione di un treno che corre verso Auschwitz), dall’altro la spensieratezza, la speranza, le mille attese di un’eterna vita tutta da vivere.

La straordinaria vivacità di Anne e la sua ostinata volontà di non arrendersi al terrore si fanno contagiose, stemperano le più crude avversità, dipingono il sorriso sui volti più cupi, ci fanno quasi dimenticare che la sua è una vita di stenti, di fame, di continue privazioni. Le terrificanti immagini di morte che concludono lo spettacolo si abbattono come un uragano improvviso sui personaggi e sul pubblico, allo stesso identico modo in cui la furia impazzita della deportazione spazzò via i mille sogni di una vita negata.

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