"Indovina da chi andiamo a cena" sabato 1 e Domenica 2 Febbraio al Teatro Manzoni di Calenzano(domenica ore 17.15)
con Katia Beni, Sonia Grassi, Niki Giustini, Graziano Salvadori

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 gennaio 2003 12:53
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Il 12 agosto 2048, alle 3 e 45 due donne - ciascuna al nono mese di gravidanza, ciascuna con un buon motivo per nascondersi – si incontrano/scontrano in un angusto e buio spogliatoio del reparto maternità di un ospedale come tanti. Due ore dopo, nello stesso spogliatoio, due vagiti in sincrono squarciano l’aria; dunque dobbiamo supporre che Giuseppe e Maria, entrambi nati il 12 agosto 2048 alle cinque e quarantacinque circa, nel buio e angusto spogliatoio del reparto maternità di un ospedale come tanti, abbiano tagliato in traguardo contemporaneamente.

Come negare allora l’assoluta inevitabilità del loro folle amore? E perché negarla?Il fatto è che la commedia parte da un presupposto fondamentale, quello che le cose nel mondo, siano andate diversamente. In una società fatta di cyber carrozzine, turbo trapani, techno lavatrici e monorotaie sopraelevate, è l’omosessualità la regola e l’eterosessualità, di contro, la deviazione, la malattia, la perversione. Katia e Sonia, madri democratiche dell’aitante Giuseppe e Niki e Graziano, padri intolleranti della sculettante Maria, si troveranno così a fare i conti, vent’anni dopo, con la diversità dei rispettivi figli.

Molto liberamente ispirata a “Indovina chi viene a cena?” di Stanley Kramer, “Indovina da chi andiamo a cena?” è una commedia frizzante, provocatoria, dal ritmo narrativo incalzante, in cui si parla d’amore, di sesso e di conflitti generazionali, ma anche, attraverso un gioco di specchi spinto fino alle estreme conseguenze, di intolleranza, di emarginazione per tutto ciò che secondo i più esce dalla norma, collocandosi nello spazio aberrante del contro-natura. E’ una satira forte e pungente sulla finta tolleranza, sul senso del peccato, su certi piccoli ma indimenticabili lapsus.

Perché le parole hanno un peso… “purtroppo”?

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