"Le sorelle Bronte" al Teatro di Rifredi per la rassegna "Autrici A Confronto"
Commedia di Valeria Moretti e Lucia Poli, da mercoledì 13 a sabato 16 novembre -ore 21

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 novembre 2002 07:23
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La commedia non vuole essere una ricostruzione della vita delle tre scrittrici, ma una riflessione condita di ironia su alcuni temi dettati dalla loro singolare esistenza. In piena epoca vittoriana e in un ambiente quanto mai chiuso e bigotto, le tre ragazze timide, represse, minate dalla tisi, ma abitate da un genio forastico, riescono a fare emergere il loro talento visionario.
Vengono qui immaginate come giovinette un po’ buffe, surreali, perse tra sogni e incubi, tra manoscritti nascosti nel cestino da ricamo e fughe notturne nella brughiera.

Vivono in una canonica prospiciente un cimitero, rintronate dalle massime moraleggianti della zia, dallo spleen del fratello e dalle sentenze bibliche del padre ubriacone.
Al senso di morte che incombe nel mondo reale si contrappone una febbricitante vitalità del mondo fantastico, la repressione scatena un sottile e implosivo erotismo. Mentre il fratello rimane vittima delle proprie debolezze, le tre sorelle riescono, tramite la scrittura, a diventare protagoniste della propria vita.
In scena tre giovani scapigliate e divertenti cantano, ballano, recitano, si impongono come moderne dark ladies, circondate da una famigliola bizzarra e sinistra.

Qualche notizia della famiglia Brontë
Dal 1813 al 1820 nascono uno dietro l’altro i fratelli Brontë: Mary, Elisabeth, Charlotte, Patrick detto Branwell, Emily ed Anne.

Nel 1821 la madre, esausta, muore e poco dopo la raggiungono le due figlie maggiori.
La zia Elisabeth si trasferisce in casa Brontë per allevare i piccoli sopravvissuti. I quattro bambini, deboli di salute, sono costretti a studi sporadici e a un estremo isolamento nella casa paterna, una canonica che affaccia sul cimitero e sulla brughiera.
Nel 1845, per caso, Charlotte scopre le poesie di Emily. Così le tre sorelle rivelano l’una all’altra la propria vocazione di scrittrici.

Dopo molte discussioni decidono di pubblicare i loro manoscritti celandosi dietro gli pseudonimi maschili: Currer, Ellis, Acton Bell.
Charlotte è l’autrice di Jean Eyre, Emily di Cime tempestose, Anne di Agnes Gray.
Nel 1848 Branwell, già schiavo dell’alcool e dell’oppio, muore tisico. Emily prende freddo al suo funerale e dopo tre mesi lo raggiungerà nella tomba. Anche Anne, minata dalla tisi, verrà a mancare neppure un anno dopo. Tra il 1849 e il 1853 Charlotte conosce il successo e pubblica altri due romanzi: Shirley e Villette.
Nel 1854 Charlotte conosce anche la realizzazione amorosa: si sposa, rimane incinta, ma al terzo mese di gravidanza il suo fisico cede.
Rimangono a seppellire i morti il vecchio padre, quasi cieco e zia Elisabeth.

Lo spettacolo Le sorelle Brontë è una commedia musicale che trasforma le tre scrittrici ottocentesche, tanto sventurate, in tre moderne divertenti scatenate dark-ladies che cantano ballano e recitano con estrema vitalità.
Non per tradire la realtà storica, ma per interpretarla e renderla drammaturgicamente.
La vitalità interiore e lo spirito ribelle infatti sono le caratteristiche grazie alle quali le tre giovani donne riuscirono a riscattare la loro breve e tetra esistenza consumata in una canonica frustata dal vento della brughiera e circondata dalle tombe del cimitero.
Tutte e tre, di notte e di nascosto l’una dall’altra e dal Reverendo padre, scrissero romanzi fantastici come Cime tempestose (da cui il film La voce nella tempesta con Lawrence Olivier nel ruolo di Heathcliff e Merle Oberon in quello di Catherine), Jane Eyre ( da cui il film di Franco Zeffirelli con Charlotte Gainsbourg nel ruolo della protagonista e William Hurt in quello di Rochester) e Agnes Gray.

Storie inquietanti, torbide, appassionate che avvincono il lettore oggi come ieri.
La musica (composta da Andrea Farri, figlio di Lucia Poli, che ha vent’anni ed esprime quindi una tendenza giovanile) accompagna costantemente l’azione e le canzoni esprimono il mondo interiore, a volte lirico a volte aggressivo dei personaggi, con un piglio ironico e giocoso. Charlotte (Roberta Cartocci), Emily (Monica Bertolotti) e Anne (Valentina Arru) appaiono in scena timorate e maliziose, represse e scapigliate, martellate dalle sentenze che il padre Pastore protestante (Stefano Gragnani) distribuisce tra una sbronza e l’altra e dagli ammonimenti della pudibonda zia Elisabeth (Renata Zamengo) che non disdegna, sotto sotto, le avances del cognato, sempre febbricitanti di passioni e creazioni, dilaniate tra moralismo ed erotismo che dividono con lo scapestrato fratello Branwerll (Sandro Stefanini).
Le scene di Gianfranco Lucchino sono essenziali e fantasiose, i costumi di Stefania Carfora alludono all’Ottocento con gusto pittorico.

La regia di Lucia Poli cerca l’equilibrio tra la poesia e l’ironia.

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