Il primo Rapporto sull’istruzione in Toscana

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 febbraio 2002 08:45
Il primo Rapporto sull’istruzione in Toscana

FIRENZE- Se fosse un’azienda, sarebbe sicuramente la più grande della regione, con un costo pubblico stimato sui 3.700 miliardi di lire, pari a quasi 2 milioni di Euro e con oltre 60.000 dipendenti, fra dirigenti, insegnanti, personale amministrativo, tecnico e ausiliario, il tutto per qualcosa come 450.000 alunni che frequentano le scuole toscane, dalla materna alle superiori. Un sistema poderoso, disseminato in maniera capillare sul territorio, con ben 287 i Comuni ad avere almeno una scuola e soltanto 10 quelli che non ne possiedono alcuna (pari allo 0,7 per cento del totale) mentre in Italia i Comuni a non avere nessun tipo di scuola sono il 10,5 per cento, 15 volte di più.

Sono questi alcuni dei grandi numeri dell’istruzione in Toscana, così come emergono dal Primo rapporto messo a punto dal neonato Sistema informativo scolastico regionale, frutto di un lavoro coordinato della Regione insieme alla Direzione regionale scolastica per la Toscana. Una cinquantina di pagine di dati, elaborati dall’Osservatorio scolastico provinciale di Pisa, che fotografano questa realtà non solo dal punto di vista statistico ma anche da quello strutturale e sociale, andando così al di là del semplice assemblaggio dei dati sulla scolarità per cercare di fornire, in un quadro di accresciute competenze, uno strumento di lavoro prezioso per l’elaborazione delle politiche regionali nel settore.

Ecco una sintesi.
Scuole, alunni, classi
Come si detto sono circa 450.000, per la precisione 448.200 gli alunni che sono iscritti alle scuole materne, elementari, medie inferiori e superiori della Toscana per l’anno scolastico 2001-2002: 57.220 sono icritti alla scuola dell’infanzia, 129.190 alle elementari, 87.109 alle medie, suddivisi in 125 circoli didattici, 178 istituti comprensivi (comprendono materna, elementari e medie), 67 sedi di scuola media. Alle superiori sono iscritti 128.632 studenti, suddivisi in 6.186 classi e 188 istituti.

La maggior parte degli alunni toscani si divide fra indirizzo classico (comprende i licei classico e scientifico, prescelti dal 36,4 per cento degli alunni) e istruzione tecnica (36,2 per cento); il 22 per cento ha scelto un indirizzo professionale (22,2 per cento) e il 5,2 per cento l’istruzione artistica.
Scuola statale e non statale
Un alunno toscano su 10 frequenta scuole non statali (private, pubbliche, paritarie). La presenza di questo tipo di scuola è più consistente nella scuola dell’infanzia (ex materna), con quasi il 33 per cento di alunni (1 su 3), sebbene pur sempre inferiore alla media del Centro e del resto d’Italia.

Il settore dove la scuola non statale è meno presente è quello della scuola media (2,9 per cento), seguito dalle superiori (4,39 per cento) e dalle elementari (7,8 per cento). Come dato generale è da osservare che le scuole non statali raccolgono complessivamente un numero di alunni inferiore rispetto al Centro e al resto d’Italia.
Insuccesso, lingue straniere
L’anticipo scolastico degli studi in Toscana appare meno diffuso che nel resto d’Italia (3,2 per cento), gli alunni in ritardo sul percorso scolastico sono meno che nel resto del paese ma un po’ al di sopra che nel resto del Centro, mentre le promozioni nella scuola media e superiore appaiono leggermente al di sopra rispetto al resto del paese.

Quanto alle “bocciature”, appaiono contenute nella scuola di base, elementari e medie, ma un po’ al di sopra della media nelle superiori (7,56 per cento contro una media nazionale di 6,3).
In Toscana si studiano, in media, più lingue straniere che nel resto del paese. Fra queste l’inglese è di gran lunga prevalente (supera l’80 per cento, più che nel resto d’Italia), contro un 18,9 per cento del francese, un 4,7 del tedesco e uno 0,8 dello spagnolo.
Alunni stranieri
La Toscana è una regione più accogliente per i cittadini stranieri, rispetto al resto del paese.

Gli alunni stranieri sono 13.558, il 3,1 per cento, contro il 2,57 del Centro e l’1,84 dell’Italia. La concentrazione massima di alunni stranieri è nella scuola di base. Le cittadinanze rappresentate sono 184. La più presente in Toscana è quella albanese (16,9 per cento), particolarmente diffusa nelle province di Arezzo, Livorno, Massa, Pisa, Pistoia e Siena. Consistente anche la rappresentanza cinese, prevalente nelle province di Prato e Firenze, mentre a Lucca predomina la cittadinanza marocchina.

Curioso il fatto che, nella provincia di Grosseto, sia dominante la componente tedesca, con oltre il 15 per cento. La provincia con minore percentuale di stranieri è quella di Livorno, con l’1,34 per cento; quella con la maggiore è Prato, con il 5,44 per cento.
Personale
L’istruzione pubblica coinvolge, in Toscana, quasi 60.000 lavoratori, distribuiti nelle 10 province. I docenti costituiscono quasi il 75 per cento del personale, formato per il resto da amministrativi, tecnici e dirigenti.

Di questi dipendenti il 15 per cento circa è assunto a tempo determinato. Interessante l’apporto femminile, che è molto consistente fra gli insegnanti (80 per cento) è che tende però a diminuire via via che si sale di qualifica: fra i dirigenti scolastici e nelle superiori è dominante, anche se con differenze fra provincia, la presenza maschile.
I costi dell’istruzione
Un calcolo diretto dei costi sostenuti dal sistema pubblico (Stato, Regione, Province, Comuni) non è attualmente possibile, mentre sono stati utilizzati alcuni indicatori per arrivare ad una stima che, per il 1999, è risultata di circa 3.700 miliardi di lire, quasi 1,9 miliardi di Euro.

Per la sola istruzione professionale la stima riferita al 2000 è pari a un costo pubblico di circa 300 miliardi di lire (155 mila Euro).

La parola d’ordine è integrazione, ovvero tenere insieme ciò che invece è stato, fino a poco tempo fa, diviso: istruzione e formazione, il tutto collegato da un terzo elemento che dovrà fungere da collante, il lifelonglearning, ovvero l’apprendimento lungo tutta la vita che si concretizza nelle iniziative di educazione degli adulti. E’ questa la prospettiva in cui si muove la Regione Toscana e l’orizzonte entro cui ritiene si debba inserire il dibattito sulla riforma della scuola.

Un dibattito che oggi appare, a livello nazionale, condizionato da due fondamentali questioni: da una parte l’attuazione della riforma costituzionale, che con la modifica del titolo V attribuisce alle Regioni nuove e più ampie competenze in materia di istruzione e formazione, dall’altra, la presentazione di una legge delega (quella del ministro Moratti) che in parte contraddice queste indicazioni e propone scenari per molti aspetti antitetici rispetto a questi.
Il nuovo titolo V della Costituzione stabilisce con chiarezza quali sono le competenze della Regione: esclusive per quel che riguarda la formazione professionale e concorrenti per quel che riguarda l’istruzione.

In altre parole, fatti salvi gli standard minimi per la formazione e le norme generali, i titoli di studio, i programmi per l’istruzione, passano alle dirette competenze delle Regioni la programmazione dell’offerta formativa e la gestione. Questo disegno, in parte anticipato dal decreto Bassanini che, dal settembre 2002, affida alle Regioni la programmazione integrata dell’offerta formativa, è la base sulla quale la Toscana si sta muovendo nella costruzione del suo modello.
Regione ha lavorato, nell’ambito delle attuali competenze, per prefigurare questo modello.

Come? Potenziando gli strumenti per rendere effettivo il diritto allo studio che, dal 2001, includono novità come le borse di studio per tutti gli alunni, dalla materna alle superiori, le cui famiglie hanno una situazione economica non superiore ai 50 milioni di reddito annuo, che si affiancano agli assegni di studio per il biennio delle superiori, ai contributi per trasporti, mense, libri di testo, ai contributi a favore dei Comuni che stipulano convenzioni con le scuole dell’infanza paritarie, private e di enti locali.

Nel campo del diritto allo studio universitario la Regione ha registrato da quattro anni un record a livello nazionale, assegnando borse di studio al 100 per cento degli studenti aventi diritto e potenziando sia il numero che l’entità delle borse. Nel 2002 le risorse finanziarie messe in campo per il diritto all’apprendimento (scolastico e universitario) saranno complessivamente di oltre 130 milioni di Euro (circa 260 miliardi di lire).
Il disegno Moratti
Il disegno ispiratore della legge delega del ministro dell’istruzione Letizia Moratti appare in contraddizione netta con tutto questo e, soprattutto, appare antitetico rispetto al nuovo dettato Costituzionale, interferendo con competenze che il testo affida espressamente alle Regioni e ignorando il parere delle Regioni.

La legge Moratti mantiene allo Stato la competenza sull’istruzione, affidando alle Regioni solo l’istruzione e formazione professionale. Così facendo - è il giudizio della Regione Toscana - si creano due canali paralleli, con gestioni diverse con scarsa possibilità di interazione fra loro, discriminando di fatto fra i due percorsi di studio. Un passo indietro rispetto alla situazione attuale, un irrigidimento del sistema e un arretramento anche rispetto alle istanze provenienti dall’Europa.

Manca del tutto, infatti, il riferimento al lifelonglearning e al territorio come terreno di incontro e integrazione di risorse e sistemi, vanificando, di fatto, anche l’autonomia scolastica. Di fatto anche l’obbligo scolastico, che attualmente arriva a 15 anni, viene nuovamente anticipato a 14, prevedendo un generico “diritto dovere” all’istruzione fino ai 18 anni.

La Regione si appresta a varare un testo unico che riunisca tutte le leggi regionali in materia di istruzione, formazione e lavoro, attuando così una notevole semplificazione amministrativa e, nel contempo, realizzando anche a livello normativo quell’integrazione che è alla base del modello di sviluppo del sistema scolastico toscano.

Lo ha annunciato il presidente Claudio Martini nel corso del convegno “Verso una Costituente della scuola toscana” organizzata dalla Regione al Teatro Verdi che ha visto, ieri mattina, un afflusso di oltre 900 persone fra insegnanti, pedagogisti, amministratori, imprenditori, sindacati. “Si tratta di un segnale importante – ha spiegato Martini – che va nella direzione da noi voluta di delegificazione e semplificazione amministrativa ma anche nel senso di una crescita complessiva del sistema dell’istruzione e della formazione, un sistema sul quale abbiamo intenzione di investire molto anche per il futuro perché crediamo sia la base indispensabile per garantire al nostro sistema economico competitività e respiro europeo”.

A proposito di investimenti, Martini ha citato l’altro grande impegno, previsto dal piano straordinario di investimenti approvato dalla giunta e oggi all’esame del consiglio che prevede, fra l’altro, un investimento di circa 44 milioni di Euro nell’edilizia universitaria che permetterà di raddoppiare entro il 2005 il numero degli alloggi per gli studenti. Non va in questo senso, secondo il presidente Martini, il disegno di devolution proposto da Umberto Bossi che non rispetta la reale autonomia delle istituzioni locali e della scuola.

“Quello di Bossi è un approccio ideologico e propagandistico”, secondo Martini, che ha il valore di un “messaggio culturale vagamente secessionista il cui obiettivo è quello di introdurre una quota regionale nella programmazione scolastica. Ma non sentiamo l’esigenza di far studiare nelle nostre scuole la storia del Granducato o degli Etruschi, vorremmo, semmai, che fossero studiate anche dagli studenti pugliesi o del Veneto”. Un obiettivo che la Toscana non condivide, come ha spiegato anche l’assessore all’istruzione, formazione e lavoro Paolo Benesperi cui è toccato illustrare ciò che oppone la Regione Toscana alla riforma Moratti.

Un disegno che non riforma veramente la scuola perché non rinnova i cicli didattici, ripropone l’obbligo fino a 14 anni, crea un doppio canale fra formazione e istruzione, non chiarisce le competenze che, anche alla luce del nuovo titolo V della Costituzione, dovrebbero essere affidate alle Regioni. In base al nuovo dettato costituzionale la Toscana rivendica, da parte sua, una titolarità piena nella programmazione sia per l’istruzione che per la formazione professionale. Ma quello della Moratti è un disegno in netta antitesi con il modello toscano che punta, ha ricordato Benesperi, ad esaltare l’autonomia scolastica e all’integrazione fra formazione, istruzione e apprendimento per tutta la vita e che vede come traguardo quella società della conoscenza indicata come obiettivo di qui ai prossimi cinque anni anche dal Consiglio europeo.

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