Bertoldo martedì 6 e mercoledì 7 novembre al Teatro Puccini

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
02 novembre 2001 12:30
Bertoldo martedì 6 e mercoledì 7 novembre al Teatro Puccini

Lo spettacolo si ispira liberamente alle opere di Giulio Cesare Croce, cantastorie di piazza e scrittore di componimenti burleschi nato 450 anni fa a San Giovanni in Persiceto (Bologna), che hanno come protagonista Bertoldo, rozzo ma arguto contadino che prende in giro i potenti.
Adottato e con amore dalla tradizione popolare, Bertoldo è l’archetipo del contadino astuto ed è diventato una parola che riassume un mondo (l’astuzia bassa, il cervello fino, l’ignorante che sa più del Re).

Non ci sono stati dubbi sulla scelta del protagonista: Vito è Bertoldo. Originario, come Croce, di San Giovanni in Persiceto, l’attore comico ha già nel suo personaggio quelle stesse caratteristiche di furbizia popolare.
Vito-Bertoldo è come fosse sempre ubriaco di vita, una vita sempre accompagnata dalle sue figlie legittime, la fame e la miseria, che lo insidiano, lo mordono alle calcagna e lui allora risponde scalciando in una lotta continua con l’esistenza grama, volando con battute leggere o grevi che lo fanno alzare un poco da terra.


Il regista Marco Baliani ha accettato con entusiasmo la sfida di mettere in scena questo personaggio: "Quando Nuova Scena mi ha proposto questo spettacolo ho accettato anche perché c’era Vito. Bertoldo è soprattutto Vito, un attore eccezionale che stimo tantissimo. In più mi attirava questo finto sciocco, Bertoldo, una figura complessa, perché pur appartenendo alla cultura materiale sa destreggiarsi con scaltrezza con la parola. E’ un sempliciotto che può esprimere un pensiero complesso senza perdere in comicità."
Nel riscrivere per il teatro la storia di Bertoldo, Francesco Freyrie ha cambiato parecchie cose, a partire dal periodo storico: lo ha ambientato infatti nei primi del 900, nella campagna di San Giovanni in Persiceto, un orizzonte infinito di argini e campi che galleggiano nella pianura padana, dove i ricchi potevano ancora permettersi di comportarsi da tiranni e i poveri soffrivano ancora una fame medievale.

Alboino da re tiranno è diventato industriale e la sua corte da regale è diventata agricola. Ma Bertoldo, Bertoldino e la Marcolfa sono sempre loro, la sostanza per loro è la stessa: esser costretti a far frullare il cervello per cavarsela dalle insidie del mondo.
Nella messinscena di Marco Baliani, tutto ruota, come una giostra implacabile e assurda, intorno a Vito-Bertoldo che, con quella testa troppo piena di parole, è costretto ad arrabattarsi con tutta la sua arguzia per addentare un pezzo di salamella, spesso chiudendo secche le mascelle su un sogno fatto d’aria e di immaginazione.

Scene, luci e costumi sono di Marcello Chiarenza, grande giostraio e poeta della scena capace coi suoi "poveri" materiali riciclati, per lo più attrezzi agricoli trasformati in macchine celibi, di suggerire intere drammaturgie.

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