Semplificazioni amministrative? Un miraggio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 gennaio 2001 16:43
Semplificazioni amministrative? Un miraggio

Il 2000 si è concluso, dal punto di vista delle riforme amministrative, con due leggi. La prima, il Decreto legislativo 340/2000, contiene norme sulla semplificazione amministrativa, la seconda è la Legge Finanziaria. Cosa hanno in comune le due? L'elevato numero di articoli e le norme più eterogenee e disparate contenute nello stesso corpo normativo. E' paradossale che la legge sulla semplificazione contenga 38 articoli, suddivisi in lunghissimi commi, lettere e rimandi ad altre leggi, che si occupano delle materie più diverse, dall'eliminazione dell'omologa dei tribunali sugli atti societari ai Piani urbani di mobilità, dalle conferenze dei servizi alla tassa sui concorsi pubblici.

Non meno terrificante è la Legge Finanziaria, un Moloch di 158 articoli che combina insieme l'istituzione del Fondo per gli investimenti della ricerca sul programma Antartide e le disposizioni in materia di concorso pronostici Enalotto.
E' ormai evidente che la stagione delle riforme del sistema pubblico promossa da Bassanini è rimasta sulla carta, non solo per cattivo costume politico. Le quattro leggi Bassanini, modificate più volte da altre leggi, hanno prodotto dal 1997 ad oggi circa un centinaio di decreti delegati e tantissimi regolamenti attuativi.

Il tanto decantato federalismo amministrativo a Costituzione invariata invece di semplificare e snellire la burocrazia ha solo prodotto moltissime altre norme senza incidere sui problemi strutturali del rapporto fra burocrazia e cittadini. Il nodo di fondo consiste nel fatto che senza una convinta liberalizzazione, intesa come drastica riduzione delle funzioni pubbliche, è impossibile riformare la burocrazia. Solo ritirandosi a vantaggio della società e del mercato, e non trasferendo le proprie competenze a Regioni, Province,Comuni e Comunità Montane, lo Stato può recuperare un rapporto più sano con il cittadino.

Invece di sottoporre le attività umane, in specie economiche, a tutta una serie di legittimazioni (autorizzazioni, visti, nulla-osta, licenze), il pubblico deve intervenire in via eventuale e successiva, nel momento in cui l'attività umana viola quelle (poche) norme che rappresentano interessi collettivi. E così, e in questo sta l'errore di fondo della riforma Bassanini, invece di regolamentare meglio un'autorizzazione, la stessa va del tutto eliminata. Del resto, come ci insegnano gli antichi (plurimae leges corruptissima respublica) è proprio l'intervento pubblico invasivo, manifestandosi in migliaia di norme, che genera corruzione.

(RO)

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