A che serve l'Autorità regionale per la garanzia della Partecipazione?

Dopo l’ennesimo caso di rifiuto -nello specifico del Comune di Firenze- di aderire alla proposta di “conciliazione”

Nicola
Nicola Novelli
09 maggio 2021 14:11
A che serve l'Autorità regionale per la garanzia della Partecipazione?

FIRENZE- “Il giudice era uno scimmione della razza dei Gorilla: un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente per i suoi occhiali d'oro, senza vetri”. Ricordate le parole con cui Carlo Collodi descrive il giudice che condanna Pinocchio alla prigione, dopo che ha denunciato di essere stato derubato dal Gatto e la Volpe? Un po’ la sensazione che deve aver provato anche Girolamo Dell’Olio, presidente dell’associazione Idra, bacchettato ieri dall'Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione, con un apposito comunicato stampa.

L’associazione fiorentina aveva presentato al Consiglio regionale della Toscana una proposta di processo partecipativo con oggetto la trasformazione in hotel a cinque stelle del complesso monumentale della ex caserma militare a Costa San Giorgio. Le legge regionale del 2013, che norma e finanzia i processi partecipativi, ha però una grave lacuna. Se l’interlocutore istituzionale, in genere un’amministrazione comunale, non aderisce alla proposta di percorso, il processo partecipativo non si avvia e non viene finanziato. Un po’ come accade nel caso della conciliazione stragiudiziale.

In effetti, com’era prevedibile sin dall’approvazione della norma regionale, la legge 46 del 2013 ha finito per finanziare per lo più proposte avanzate dagli stessi enti pubblici, che con i fondi regionali alimentano progetti di comunicazione istituzionale, al mero fine di promuovere la propria attività amministrativa verso un indistinto pubblico di elettori. In caso invece l’iniziativa venga presa dai cittadini, in genere organizzati criticamente in gruppi di azione, o comitati tematici, all’ente pubblico basta porre il veto e il meccanismo si inceppa.

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Quando l’associazione Idra ha appreso che la Giunta Nardella non ci pensava nemmeno a dare sponda a un processo partecipativo che avrebbe potuto mettere in discussione le decisioni già prese a favore del progetto di trasformazione immobiliare, ha manifestato il proprio disappunto a mezzo stampa. Con un comunicato in cui si stigmatizzava anche la scarsa iniziativa dell'Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione, che pare aver fatto poco per sensibilizzare il Comune di Firenze sui principi cardine del moderno istituto di democrazia partecipata.

Mal gliene incolse. Ieri i tre membri di nomina politica dell'Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione, che dal 2019 sono Bianca Maria Giocoli, Antonio Olmi e Andrea Zanetti, hanno diffuso un comunicato stampa in cui bacchettano l’associazione proponente. Le parole usate sono inappropriate per un’autorità di garanzia: “Se l’Associazione ha fatto finta di non capire non può ritenersi, oggi, delusa” e ancora, pur definendo il progetto preliminare “decisamente accoglibile” poi viene decretato privo di "fondamenta solide" “senza l’assenso dell’Ente coinvolto”.

Davvero un’occasione sprecata in un momento così difficile per la credibilità delle istituzioni politiche toscane. Mentre le procure indagano sui rapporti opachi tra aziende di smaltimento rifiuti e illustri interlocutori partitici, i processi partecipativi, specie su questioni urbanistiche controverse, potrebbero contribuire a restituire un briciolo di condivisione democratica al modo in cui la politica toscana governa il territorio.

Invece l'Autorità di garanzia regionale, non solo non fa abbastanza per sensibilizzare Comuni noncuranti dei principi fondanti la partecipazione, ma perde la propria statura di organo indipendente, alimentando una inutile polemica con i soggetti deboli le cui istanze dovrebbe promuovere.

E allora torniamo a domandare, come già facemmo quasi dieci anni fa da queste pagine: a che serve davvero l'Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione? Venuta meno all’istituzionale terzietà dovuta ai cittadini e incapace di incalzare gli enti locali renitenti, è a questa semplice domanda che dovrebbero rispondere i tre membri dell’organo regionale. E, tratte le inevitabili conclusioni, probabilmente rassegnare le dimissioni.

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