Un prodotto agricolo su due raccolto in Toscana passa per mani straniere. Sono quasi 24 mila i lavoratori immigrati impiegati regolarmente nelle campagne toscane, garantendo circa tre milioni di giornate di lavoro all'anno. Senza di loro, l'eccellenza del Made in Tuscany – olio, vino, frutta pregiata e quant’altro - semplicemente non esisterebbe.
Il 53% delle aziende agricole toscane ricorre a manodopera straniera, soprattutto nei periodi di raccolta primaverile ed estiva. Quasi un'azienda su due si trova in carenza di personale. Unioncamere prevede per il 2024-2028 un fabbisogno del 31% di lavoratori immigrati sul totale necessario, la percentuale più alta d'Italia. Gli stranieri occupati in agricoltura rappresentano il 42,5% del totale, producendo il 15,7% del PIL del settore.
Ma dietro l'etichetta dell'eccellenza si nasconde spesso un sistema di sfruttamento consolidato. Ad aprile 2024, dieci persone sono state arrestate a Livorno per caporalato: sfruttavano 67 extracomunitari pakistani e bengalesi ospitati nel centro di accoglienza di Piombino, impiegandoli nella raccolta di ortaggi e olive tra Livorno e Grosseto. Nel 2022, il numero verde del progetto SATIS ha ricevuto 567 chiamate e gestito 203 situazioni di sfruttamento lavorativo nella sola Toscana.
Gli infortuni raccontano la pericolosità del lavoro: tra il 2016 e il 2021 l'INAIL ha registrato oltre 17 mila denunce in agricoltura, di cui il 26% riguardava lavoratori non italiani. Nel 2021, su nove morti sul lavoro nel settore agricolo toscano, due erano di origine immigrata. I fattori di rischio derivano da povertà materiale, degrado abitativo, condizioni igieniche precarie e difficoltà di accesso ai servizi sanitari.
La Toscana rinnova per il 2026 il “Protocollo contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura”. L’intesa, sottoscritta per la prima volta dieci anni fa, rappresenta lo strumento con il quale la Regione e gli altri firmatari contribuiscono a innalzare attraverso azioni coordinate i livelli di legalità, salute e sicurezza sul lavoro nel mondo agricolo.
Al protocollo aderiscono storicamente enti pubblici e parti sociali: la direzione interregionale per il Centro Italia dell’Ispettorato nazionale del Lavoro, le direzioni regionali toscane di Inps e Inail, Cgil Toscana, Flai-Cgil Toscana, Cisl Toscana, Fai-Cisl Toscana, Uil Toscana, Uil-Uila territori toscani, Coldiretti Toscana, Cia Toscana, Confagricoltura Toscana, Agci Toscana, Lega Regionale Toscana Cooperative e Mutue, Confcooperative Toscana.
Confermati gli assi principali su cui i firmatari si impegnano, ognuno nell’ambito delle proprie competenze, a muoversi per combattere fenomeni a casi di caporalato e sfruttamento lavorativo.
Dall’attivazione di interventi coordinati tra gli organismi pubblici di controllo e quelli paritetici di prevenzione alla promozione di concrete azioni a garanzia delle condizioni di legalità, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Dall’individuazione e diffusione di pratiche per valorizzare e incentivare le imprese che operano in condizioni di legalità e sicurezza, alla previsione di meccanismi di condizionalità per l’accesso ai fondi europei alla tutela dei diritti contrattuali dei lavoratori e dell’osservanza delle norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Nel protocollo restano centrali le iniziative di formazione e informazione per datori di lavoro e lavoratori e il rafforzamento del ruolo dei Centri per l'Impiego per l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro regolare.
A proporre in giunta la delibera per il rinnovo del protocollo, gli assessori Leonardo Marras, Monia Monni e Alberto Lenzi, rispettivamente responsabili per l’agricoltura, la sanità e il sociale, il lavoro.