Una retrospettiva di Hsiao Chin alla Galleria Il Ponte

Il significativo itinerario di un artista straordinario. Tra informale e astrattismo

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 febbraio 2024 17:49
Una retrospettiva  di Hsiao Chin  alla  Galleria Il Ponte

La mostra che si inaugura il 1 marzo alla galleria il Ponte è una sintetica retrospettiva dedicata a Hsiao Chin, sedici opere su tela e su carta e alcune acqueforti dal 1960 al 1997. All’inizio degli anni ’90 Vincenzo Albrandi, fondatore della galleria e stampatore, aveva collaborato con l’artista per la realizzazione di alcune opere grafiche, che erano sfociate nel 1993 in una cartella di 16 acquetinte a colori dal titolo Verso il giardino eterno e nel 1998 in una mostra di opere su carta, corredata da un catalogo, con nei primi 60 esemplari un’acquatinta originale.

Quello di Hsiao Chin è un percorso estremamente personale. Formatosi nell’habitat artistico cinese, alla metà degli anni Cinquanta giunge in Europa, prima in Spagna dove ha rapporti con i maggiori esponenti dell’Informale spagnolo (Tapies, Saura, Millares, …). Entra così in contatto con tutte le recenti esperienze informali europee e con la prorompente vivacità dell’espressionismo astratto della nascente New York School.

Del 1958 è il suo primo viaggio in Italia e l’anno successivo espone proprio a Firenze, alla Galleria Numero di Fiamma Vigo. Si trasferisce poi a MIlano, dove frequenta il milieu artistico della città (Fontana, Manzoni, Castellani, …) e conosce Giorgio Marconi, con cui inizia un lungo rapporto di collaborazione.

Il colore è veramente alla base della pittura di Hsiao Chin. I suoi dipinti si costruiscono con i suoi colori, sempre puri, decisi, privi di incertezze, come lo è d’altra parte il gesto. La sua esecuzione è rapida, priva di ripensamenti. La costruzione dell’immagine è così semplificata da non ammettere esitazioni. Il controllo dell’atto pittorico è totale. Il gesto è unico, irripetibile, frutto di una lunga e profonda meditazione, che rivela come le sue radici affondino nella cultura, e nella tradizione orientale.

La superficie dell’opera è il luogo dove si rivela l’accadimento e ogni singolo gesto è un evento che definisce e determina lo spazio, conferendogli senso. Questa mostra, scrive Michele D'Aurizio” una piccola ma preziosa retrospettiva di Hsiao offre l’occasione non solo di rincontrarne l’opera ma di avviare un più acceso dibattito sulle storie globali dell’arte italiana. Oltre a una selezione di dipinti realizzati da Hsiao negli anni di Punto, ne raccoglie le successive evoluzioni: dalle esplorazioni della forma del mandala tibetano dei tardi anni Sessanta alle incursioni nella pittura Hard Edge dei primi Settanta (Hsiao soggiorna brevemente a New York nel 1969) e alle immaginifiche evocazioni di fenomeni meteorologici degli anni Ottanta, vere e proprie traduzioni della forza della natura in energia cromatica – fino agli ultimi, magniloquenti esperimenti gestuali, un ritorno alle origini calligrafiche dell’astrattismo orientale.

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