[CAMPI BISENZIO, 12 Gennaio 2022] - Ha avuto luogo stamattina al Senato l’evento di presentazione del Ddl AS 2335 in tema di delocalizzazioni in cui sono intervenuti anche la Viceministra allo Sviluppo economico Alessandra Todde e il Ministro degli esteri Luigi Di Maio.
Secondo l’RSU GKN "si continua a ribadire con questo nuovo ddl ciò che abbiamo già capito: lo Stato e il Governo di questo paese non hanno nessuna intenzione seria di dotarsi di strumenti per una reale politica industriale. Ancora una volta siamo di fronte a un disegno di legge che si muove tra incentivi alle aziende non realmente monitorati e proceduralizzazione delle delocalizzazioni. Il concetto secondo cui porre dei vincoli alle aziende non serve di per sé o, peggio, le fa scappare è ormai vetusto.
Così come è vetusto, vecchio, superato continuare a illudersi che gli incentivi a babbo morto alle aziende impediscano i licenziamenti. Sono le ricette di 40 anni di impoverimento salariale, professionale e anche industriale di questo paese. Diciamola tutta: l'idea che quando una multinazionale o un fondo finanziario devastino il territorio, lo Stato possa intervenire mettendo in sicurezza il valore aggiunto e le professionalità, è qualcosa che non volete e che non vi interessa. Guardiamo alla situazione di Gkn.
Qua un privato è arrivato e ha sottratto lo stabilimento al fondo finanziario. Perché non lo poteva fare lo Stato? E naturalmente il privato che arriva qua non è che non userà fondi pubblici: avrà bisogno di soldi della comunità, degli ammortizzatori sociali. E magari poi del Pnrr, e magari poi di corsi per la formazione pubblici. Insomma, i soldi sono pubblici ci sono, ma la politica industriale pubblica no. E si vede: ricordiamo infatti che Gkn non tornerà mai più a produrre semiassi. Decenni di storia industriale cancellati da un fondo finanziario.
Le macchine saranno probabilmente lentamente delocalizzate insieme a tutte le nostre competenze. E qua ci si prospettano mesi e mesi di ammortizzatore in attesa di chissà quale nuovo soggetto industriale. Mesi in cui ovviamente - e forse qualcuno ci spera anche - la comunità della fabbrica risulterà logorata e dispersa, con posti di lavoro bruciati. Questa è una vertenza che "ha vinto". Immaginatevi voi una che non ha vinto”.Secondo Diego Capomagi, RSU Caterpillar “questo disegno di legge sugli incentivi alle aziende così come l’emendamento del governo alla legge di bilancio sulle delocalizzazioni non rispondono alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori messi di fronte ad un processo di delocalizzazione.
Il risultato è solamente quello di una gestione ordinata della delocalizzazione, un aumento delle multe e la restituzione degli incentivi, cosa da poco per dei colossi finanziari come le imprese multinazionali. I lavoratori hanno bisogno di tutele vere e soprattutto di una legge che rimetta al centro quella che è la responsabilità sociale dell’impresa così come prevista nella nostra Costituzione. È necessario che questo elemento diventi un sentire collettivo non solo della politica ma anche della società civile.
Qui non si tratta solo di far pagare cifre irrisorie rispetto agli enormi costi dei disastri sociali che creano le imprese che delocalizzano. Si tratta piuttosto di creare, migliorare e mantenere quello che è il tessuto produttivo di un territorio e non prendersi il giocattolo e portarselo via in barba alla storia, al sudore ed alle lotte di chi quella fabbrica, quel sito produttivo lo ha fatto crescere.”Secondo Marzia Pirone, giurista del Telefono Rosso: “questo testo non tutela né il tessuto produttivo né i livelli occupazionali perché si basa sulla disincentivazione alla delocalizzazione tramite la previsione di aiuti di stato vincolati a adempimenti risibili.
La violazione degli impegni presi dall’azienda non è, inoltre, sorretta da un sistema sanzionatorio fortemente dissuasivo. Questo quadro normativo, già di scarso impatto, è ulteriormente impoverito dalla definizione di “delocalizzazione”, con cui il testo in commento intende il trasferimento all’estero delle sole aziende che hanno subito una riduzione die livelli produttivi e, conseguentemente, occupazionali. Di conseguenza, non incide sullo spostamento all’estero della produzione di aziende sane, che dovrebbero, invece, rimanere sul territorio.
Inoltre, manca del tutto la previsione di un monitoraggio da parte dello stato dell'effettivo utilizzo degli aiuti economici e della strategia produttiva ad essi collegata.”Danilo Conte dei Giuristi Democratici aggiunge: “il disegno di legge presentato questa mattina al senato suscita molte perplessità ed anche un certo stupore. Che su questo tema dopo tutti questi mesi di dibattito anche normativo, dopo un emendamento assolutamente inefficace presentato dal governo ed approvato, dopo il deposito di un disegno di legge elaborato dal collettivo di fabbrica, la politica elabori una proposta di legge così povera di contenuti e così intrinsecamente inutile, è un segno ulteriore della distanza tra il palazzo ed il paese reale.
La domanda che sorge subito dopo aver letto la proposta di legge è: se questo testo fosse vigente il fondo Melrose avrebbe potuto intimare comunque i licenziamenti? La risposta è sì. La politica rinuncia ad un vero governo dell'economia ed accetta un ruolo secondario e gregario. Siamo ancora al livello di premi ed incentivi per chi, bontà sua, non sposta la produzione all'estero. O al massimo (come nel caso dell’emendamento governativo) alla previsione di una ininfluente sanzione economica.
Vi sono poi altre perplessità anche più tecniche, la definizione molto restrittiva di delocalizzazione che la proposta prevede all’art. 1, l'assenza di qualsiasi ruolo di monitoraggio da parte dello stato sull’utilizzo degli incentivi di imposta. Riteniamo che se la politica intende affrontare seriamente il tema non può sottrarsi da un serio confronto con la proposta di legge del collettivo GKN.”