Moda: il 2020 chiude con un bilancio di 20 mila negozi in meno

Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici: “La reintroduzione di misure restrittive, gli acquisti natalizi compromessi e la ripartenza della domanda di nuovo rinviata avranno gravi ripercussioni sulle capacità di tenuta del settore”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
31 dicembre 2020 14:08
Moda: il 2020 chiude con un bilancio di 20 mila negozi in meno

Il comparto calzaturiero in Italia ha sperimentato nel terzo trimestre dinamiche un po’ meno sfavorevoli, ma comunque ancora non positive. E’ quanto emerge dai dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici, che evidenziano nel periodo esaminato cali a doppia cifra nel fatturato delle aziende raggiunte dall’indagine (-26,6%). Solo il 14% degli intervistati ha dichiarato di aver superato, o quantomeno eguagliato, il fatturato del terzo trimestre 2019, mentre più della metà del panel ha denunciato un calo compreso tra il -20 e il -50%. Dati che trovano riscontro nell’indice della produzione industriale di Istat, che ha registrato in luglio-settembre un -17,4%. Il calo da inizio anno resta considerevole, in tutte le variabili.

"I dati cumulati dei primi 9 mesi dell’anno – spiega Siro Badon, Presidente di Assocalzaturifici – ci mostrano un settore messo a dura prova dall’emergenza sanitaria. Registriamo contrazioni attorno al 20% in volume per consumi interni (-17,8%) e vendite estero (-20,1%), forti arretramenti nella produzione industriale (-29,4%) e una riduzione media di un terzo (-33,1%) nel fatturato delle aziende associate. Flessioni generalizzate, quasi sempre a doppia cifra, sui principali mercati di sbocco, con l’attivo del saldo commerciale che si è ridotto del -18,1%.

I primi timidi segnali di rientro alla “normalità” nella domanda, sia internazionale che interna (a settembre export e acquisti delle famiglie italiane avevano eguagliato i volumi dell’analogo mese 2019), rischiano di essere subito annullati dalla seconda ondata pandemica, con gravi ripercussioni sulle capacità di tenuta del settore, che ha visto ridursi ulteriormente nel 2020 il numero di imprese attive (-101 nei primi 9 mesi) e di addetti (sceso di circa 2.600 unità). Considerando anche i produttori di componentistica, i saldi negativi salgono a -231 imprese e -3.454 addetti.

Il ricorso alla cassa integrazione guadagni ha raggiunto l’ennesimo record (+930% nei primi 10 mesi dell’anno nella filiera pelle, con +1267% ad ottobre). Forte è la preoccupazione per i mesi a venire”.

In Toscana nei primi 9 mesi del 2020, il numero di imprese (tra calzaturifici e produttori di parti) ha registrato, secondo i dati di Infocamere-Movimprese, una variazione pari a -61 unità, tra industria e artigianato, accompagnata da un saldo negativo di -497 addetti nelle localizzazioni attive. Sul fronte dell’export si registra una flessione del -30,3% in valore sui primi 9 mesi 2019; in particolare il 3° trimestre ha evidenziato un +5,4%, in netto miglioramento rispetto al -60,2% tendenziale fatto segnare nel 2°.

Le prime 5 destinazioni per export sono: Svizzera, USA, Francia, Regno Unito, Germania. Nel dettaglio, relativamente al mercato interno nazionale, i dati cumulati dei primi 9 mesi mostrano contrazioni degli acquisti delle famiglie italiane del -17,8% in quantità e del -23% in termini di spesa, con prezzi medi in calo del -6,3%, anche per il maggior utilizzo, nei mesi di quarantena, di pantofoleria e calzature ad uso domestico di minor valore medio unitario (oltre che per il minor numero di cerimonie e occasioni di utilizzo).

Secondo il Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca per Assocalzaturifici, i segmenti merceologici più colpiti risultano quelli delle scarpe “classiche” per uomo e donna (con cali attorno al -30%), mentre per le calzature da bambino e le sportive/sneakers le flessioni sono comprese tra il -15 e il -20%. Meno pesante, come anticipato, la frenata per il segmento pantofoleria/relax, sceso del -7,4% in paia e del -6,8% in spesa. Malgrado il boom delle vendite online, si profila dunque un 2020 nero per gli acquisti in Italia, considerato anche il crollo dei flussi turistici dall’estero e dei mancati introiti da essi derivanti, soprattutto per le fasce lusso. Le esportazioni nazionali, che da sempre costituiscono il traino del settore, hanno subìto nei primi 9 mesi dell’anno una contrazione del -20,1% in quantità, con un -17,2% in termini di valore.

Complessivamente sono stati esportati da gennaio a settembre, operazioni di pura commercializzazione incluse, 127,1 milioni di paia (quasi 32 milioni in meno rispetto all’analogo periodo del 2019) per 6,4 miliardi di euro. Prezzi medi in aumento del +3,6%.

Incassi crollati in media dal 60% all'80%, 20 miliardi di euro di consumi bruciati, 20 mila negozi chiusi definitivamente con conseguente ricaduta sull'occupazione di oltre 50 mila addetti. E' impietosa la fotografia e il bilancio di fine anno che Federica Grassini, presidente di Confcommercio Provincia di Pisa e presidente regionale di Federazione Moda Italia scatta sul settore dei negozi alla moda, una costellazione di 115 mila punti vendita tra negozi di abbigliamento, accessori, calzature, articoli sportivi: “Siamo in ginocchio e i nostri margini sono ridotti a zero.

Il settore paga pesantemente gli effetti devastanti del Covid, del crollo dei consumi, dieci volte maggiore rispetto alla media di tutti gli altri settori, e indirettamente anche le chiusure di bar, ristoranti, palestre, piscine, teatri, per non parlare della cancellazione di tutti gli eventi e le cerimonie, ai quali si aggiunge l'impatto negativo dello smart working sugli acquisti per abiti di lavoro, che generano un importante volume di acquisti. E così 20 mila negozi chiuderanno in tutta Italia, circa 200 in provincia di Pisa, e quelli che ancora resisteranno hanno davanti solo di debiti: debiti con l'erario, debiti con i proprietari immobiliari, debiti con i fornitori.

Viviamo di collezioni stagionali, ordinate almeno 8 mesi prima, con ingentissimi investimenti di centinaia di migliaia di euro in merce che è ferma in magazzino, come accaduto per la stagione primavera/ estate e con il passare del tempo perde progressivamente il proprio valore”. “Le chiusure di Natale e Capodanno hanno aggravato ulteriormente il quadro e se non si interviene urgentemente, sopravvivere ancora per noi sarà impossibile” – ammette la presidente, mentre snocciola una serie di richieste in otto punti considerate essenziali per il settore moda, già inoltrate a Governo e Parlamento

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