Difficile annunciare la morte di un animale, parte integrante di una famiglia. Ancora più difficile è annunciare la scomparsa di un cane che lavora al fianco dei bambini e di chi ne ha bisogno, un cane di pet therapy, un cane amato da migliaia di persone.
Polpetta non c’è più. Il barboncino dell’associazione Antropozoa che era una figura abituale nell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze all’interno degli interventi assistiti con gli animali, non entrerà più scodinzolando nei reparti per portare sorrisi, ridurre lo stress, aiutare a diminuire la paura nei piccoli ricoverati.“Da poche ore si è diffusa la notizia e siamo stati letteralmente travolti da messaggi, pensieri, ricordi, fotografie – dice Francesca Mugnai, presidente di Antropozoa, esperta in interventi assistiti con gli animali e che viveva da sempre con Polpetta nella fattoria socioterapeutica di Antropozoa -. Abbiamo capito che il nostro Popi non ha lasciato solo un immenso vuoto in noi, la famiglia con cui è cresciuto in ogni momento di questi 12 anni.
Polpetta ha lasciato un vuoto in tantissime persone che ha incontrato nel suo cammino negli ospedali, nelle carceri, nelle scuole, nelle residenze per anziani. Ovunque entrava, lasciava un segno nel cuore e nella memoria”.
L’animale che lavora ha un valore sociale, uno status che gli viene riconosciuto in vita e di cui ci si accorge quando non c’è più per un senso di mancanza e di gratitudine generalizzati.Succede coi nostri animali, abituati a entrare in punta di zampa negli ambienti dove c’è bisogno di loro. Come i suoi colleghi a quattro e due zampe di Antropozoa, Polpetta aveva lo status di operatore sociale, amato da grandi e piccini che conquistava con poco: gli bastava buttarsi a terra a pancia all’aria e farsi accarezzare i suoi boccoli morbidi. Tutti rimanevano conquistati.
“La sua assenza, come quella dei cani che hanno preceduto Polpetta e che non ci sono più – dice Mugnai - ci fa riflettere sul lutto dell’animale che ha una funzione pubblica. Si crea un senso di amicizia che va oltre la frequentazione, diventa un “parente di tutti” e parte di una famiglia talmente allargata da non avere un numero precisabile di componenti. Polpetta è entrato in una memoria collettiva legata alla sanità e alle esperienze relazionali e educative che ha avuto. È come quando muore un personaggio noto: dispiace, anche se magari non l’hai conosciuto. Così il cane di pet therapy o che ha comunque una funzione sociale: lascia dietro sé qualcosa di più di un vuoto. Lascia un senso di gratitudine per quello che ha fatto nella sua vita, di rispetto, di nostalgia. Perché ha un ruolo. E quel ruolo va oltre la distinzione tra umano e animale”.