Marco Paolini in “Nel tempo degli dèi – il calzolaio di Ulisse”

Al Teatro Puccini di Firenze il prossimo fine settimana, venerdì 31 gennaio e sabato 1 febbraio (ore 21.00)

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
29 gennaio 2020 14:36
Marco Paolini in “Nel tempo degli dèi – il calzolaio di Ulisse”

Marco Paolini si occupa di drammaturgia dagli anni '70, scrive e recita. Il suo spettacolo più conosciuto e premiato è “Il racconto del Vajont”.

Venerdì 31 gennaio, alle ore 10, l'attore visiterà la mostra di Modigliani in corso a Livorno al Museo della Città in compagnia del Sindaco Luca Salvetti e dell'autore e drammaturgo toscano Francesco Niccolini. Marco Paolini giovedì sera porterà in scena al teatro Goldoni “Nel tempio degli Dei – Il Calzolaio di Ulisse”. Venerdì e sabato metterà in scena lo spettacolo al Teatro Puccini di Firenze.

Era nata come Odissea tascabile, è cresciuta nel tempo, nei suoni e nello spazio: è diventata olimpica e quasi alpina. Perché Ulisse più lo conosci e più ti porta lontano: e la distanza (celeste e marina) è la condizione essenziale per comprenderlo e cantarlo. Perché di questo si tratta: un canto. Forse il canto. Antico di tremila anni, passato di bocca in bocca, e di anima in anima: il soul per eccellenza. Perché questa è la storia dell'Occidente, e tutto contiene: dal primo istante, quando nulla esisteva, e un giorno cominciò a esistere, a partire proprio da quelle misteriose, ambigue capricciosissime entità che questa storia muovono: gli dèi. Ex guerriero ed eroe, ex aedo, Ulisse si è ridotto a calzolaio viandante, che da dieci anni cammina verso non si sa dove con un remo in spalla, secondo la profezia che il fantasma di Tiresia, l'indovino cieco, gli fa nel suo viaggio nell'aldilà, narrato del X canto dell'Odissea. Questo Ulisse pellegrino e invecchiato non ama svelare la propria identità e tesse parole simili al vero.

Si nasconde, racconta balle, si inventa storie alle quali non solo finisce col credere, ma che diventano realtà e addirittura mito. È partito all'alba che segue la gara dell'arco e la strage dei pretendenti: ha avuto solo il tempo di un lungo pianto liberatorio con il figlio Telemaco e una notte d'amore con Penelope, e subito riparte. Perché un destino già scritto e la volontà degli dèi gli hanno imposto di massacrare i 108 giovani principi achei, che gli hanno invaso la casa, insidiato la moglie, e le 12 ancelle che agli invasori si sono concesse. Potrebbe dichiararsi innocente perché così gli hanno dettato gli dèi, che considerano quel sangue un rito sacrificale, ma Ulisse non ci sta. Impossibilitato a sottrarsi a quel destino di morte e violenza, e dopo essersi macchiato di quel sangue, ecco il colpo di scena: invece di godersi la vittoria con l'annessa protezione divina (Atena e Zeus sono al suo fianco a benedirlo prima, durante e dopo la strage), si auto-infligge la più dura delle punizioni e denuncia come crimine quello che gli dèi dell'Olimpo considerano un’ecatombe, cioè il più grande sacrificio che un essere umano possa loro offrire. Così, dopo venti anni di assenza e disavventure, Ulisse si obbliga a un nuovo esilio.

Rinuncia al governo, abbandona la moglie e il regno, riparte con Telemaco al suo fianco, che lo segue senza mai aprire bocca. Ma soprattutto Ulisse abbandona gli dèi che lo vorrebbero trionfante e immortale: si rivolta contro i loro capricci, la loro ambigua volontà e non ha paura di pagare il prezzo della propria scelta. Questo e molto altro, sotto le mentite spoglie di un calzolaio – anzi, del calzolaio di Ulisse, uno straniero dai sandali sdruciti, indurito dagli anni, dall'età, dai viaggi e dai naufragi – racconta il protagonista a un giovanissimo capraio incontrato apparentemente per caso. Parlano lungo un sentiero in ripida ascesa, dove una fila infinita di uomini formica faticosamente arranca, trasportando – è proprio il caso di dirlo – ogni ben di Dio: perché quello è il sentiero che conduce fino allo Chalet Olimpo, dimora divina dove sono in corso i preparativi per una grande e misteriosa festa.

Ma tutto questo, il calzolaio con il remo in spalla, lo deve ancora scoprire. 

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