Le polemiche politiche alla Mostra dell'Artigianato

Protesta per il Tibet dell'Associazione per l'iniziativa radicale "Andrea Tamburi". Cellai (FI): "Per Comune e Firenze Fiera l'allestimento allo Stand del Vietnam con manichini di soldati USA morti è legittimo perché rappresenta la storia del Paese asiatico"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 aprile 2018 23:10
Le polemiche politiche alla Mostra dell'Artigianato

A seguito delle proteste del consolato cinese di Firenze gli organizzatori della Fiera dell'Artigianato, aperta in questi giorni nella Fortezza da Basso, hanno deciso di rimuovere la bandiera del Tibet precedentemente esposta all'ingresso insieme a quella di tutti i Paesi espositori.

Oggi l'Associazione per l'iniziativa radicale "Andrea Tamburi" esprime la piena solidarietà al popolo tibetano. Nella foto un esponente dell'associazione mentre pacificamente espone la bandiera del Tibet di fronte all'entrata della fiera.

"Sia per Firenze Fiera che per il Comune di Firenze, l'allestimento dello stand del Vietnam alla Mostra dell'Artigianato in corso alla Fortezza, con manichini di soldati USA morti in modo cruento durante la guerra negli anni '60 e '70 è legittimo e non eccessivo. Secondo loro, l'allestimento racconta la storia del Paese, quindi tutto bene. Ci domandiamo cosa ne possa pensare un visitatore statunitense, magari qualcuno, tra i tanti, che ha avuto un familiare rimasto vittima di quella guerra". Lo dichiara il capogruppo di Forza Italia Jacopo Cellai, che venerdì in consiglio comunale ha svolto una domanda di attualità alla quale ha risposto l'assessore Bettarini. "Curioso che, nonostante si dica che non si tratta di nulla di eccessivamente violento, sia stato apposto un cartello che avverte che "le immagini potrebbero urtare la sensibilità", come se si trattasse di dividere il pubblico tra persone sensibili e persone insensibili.

Ma tant'è. A questo punto ci aspettiamo che se negli anni a venire l'ospite d'onore della Mostra sarà, invece che il Vietnam, la Cina, ci accolga alla Fortezza da Basso una gigantografia di Mao che sventola il libretto rosso della "rivoluzione culturale", e che quando toccherà alla Russia venga realizzato una fedele ricostruzione di un gulag, con tanto di dissidenti assiderati. Quando si aprono certe porte, non si sa cosa può accadere" aggiunge Cellai.

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