La Trattativa Stato-mafia nel libro di Giampaolo Grassi

Un processo, tre procure, tre verità

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
02 aprile 2015 14:58
La Trattativa Stato-mafia nel libro di Giampaolo Grassi

Firenze, 2 aprile 2015 – Lo Stato italiano trattò con la mafia o no? Le inchieste condotte dalla magistratura ci restituiscono non una, ma tre risposte distinte, come spiega con Giampaolo Grassi nel suo libro Processo alla trattativa (pp. 136, euro 11) appena uscito per l’editore Mauro Pagliai, con prefazione dell’ex procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi.

Grassi, giornalista dell’Ansa, ha ripercorso le indagini delle procure di Caltanissetta, Firenze e Palermo, scandagliando requisitorie, relazioni e sentenze, senza fornire un nuovo punto di vista, ma lasciando che a parlare fossero solamente i magistrati. Da una parte c’è la procura di Palermo, così certa che ci sia stato un accordo fra boss mafiosi e Stato da aver chiesto e ottenuto un processo. Sul fronte opposto c’è quella di Firenze che, indagando sulle autobombe agli Uffizi, a Roma e a Milano, si è convinta che quel patto non ci sia mai stato.

In mezzo c’è quella di Caltanissetta, titolare delle inchieste su Capaci e via D’Amelio, che lega i contatti Stato-mafia all’omicidio del giudice Borsellino. Uno dei punti qualificanti del libro è l’illustrazione della ‘versione’ dei magistrati toscani, finora rimasta all’ombra di quelle dei colleghi siciliani. Le ricostruzioni dei pm di Firenze e Palermo concordano invece sull’esito di una fase successiva, che riguarda la ricerca, da parte dei boss, di nuovi referenti politici: entrambe le sedi giudiziarie convergono nell’ipotizzare un’intesa di Cosa nostra con la nascente Forza Italia.

Il lavoro di Grassi è una lucida e appassionata analisi di una delle vicende più drammatiche della nostra storia. Lontano dalla ricerca di un facile sensazionalismo, senza l’ambizione di porre il sigillo definitivo a un dibattito ancora oggi accesissimo, il libro resta ancorato all’universo delle prove e della verità processuale per gettare luce sulle relazioni tra due mondi che non dovrebbero mai incontrarsi.

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