E’ ricordato come Piano Solo un programma esecutivo segreto di tutela dell'ordine pubblico fatto predisporre nel 1964 da Giovanni de Lorenzo, allora comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, per volere del presidente della Repubblica Antonio Segni, in caso di emergenza politica. Un articolo, a firma del giornalista Lino Jannuzzi, pubblicato nel 1967 dal settimanale l'Espresso, in quel periodo diretto Eugenio Scalfari, rivelò che tre anni prima Segni e de Lorenzo avrebbero fatto pressione sul Partito Socialista Italiano, perché rinunciasse alle riforme pur di formare un secondo governo di centrosinistra, presieduto da Aldo Moro.
Il segretario del PSI, Pietro Nenni, avrebbe acconsentito, preoccupato della minacciata attuazione del piano. La risonanza mediatica portò a una grande polemica nell’opinione pubblica e un dibattito in Parlamento, dove si decise di istituire un'apposita commissione parlamentare d'inchiesta, presieduta da Giuseppe Alessi, che però escluse ogni concreto tentativo colpo di stato.
Di questa vicenda storica torna a occuparsi il libro di Francesco Bigazzi e Dario Fertilio “Il Piano Solo, golpe sì, ma rosso”, edito da Mauro Pagliai, con il testo introduttivo firmato dal Mario Segni. Nel saggio gli autori ripercorrono il clima spionistico dell’epoca, grazie a fonti inedite e documenti d’archivio desecretati, per concludere che dietro le accuse di colpo di stato, ci sarebbero stati i servizi sovietici segreti dell’URSS al fine di destabilizzare il percorso dei governi di centro-sinistra.
Va detto che simili piani, preventivamente messi a punto per fronteggiare l’evenienza di insurrezioni politiche, erano in realtà predisposti da tutti i governi dei paesi occidentali nel periodo della guerra fredda.
Approfondimenti
Alle pubblicazione alla campagna giornalistica che ne seguì i diretti interessati risposero con un’azione legale per querela nei confronti di Jannuzzi e Scalfari. Dopo una condanna dei giornalisti in primo grado il procedimento si concluse perché sia i giornalisti che il generale de Lorenzo furono eletti in parlamento.
In ogni caso la polemica provocata dalle rivelazioni giornalistiche favorì, sia pur indirettamente, il Partito Comunista Italiano, l'unica forza ben organizzata della sinistra, che infatti negli anni successivi riuscì ad animare intorno a sé un fronte democratico a guida comunista, alimentando la propria ascesa politico-elettorale.
Comunque la si pensi il fatto che i giornalisti dell’Espresso, entrambi deceduti, non abbiano mai rivelato le proprie fonti, lascia indimostrabile con certezza ogni tesi storica. Tuttavia il volume di Bigazzi e Fertilio ha il merito di riaccendere i riflettori sul ruolo dei servizi segreti sovietici nella storia politica italiana. Nell’era delle fake news e delle elezioni europee condizionate dai social network deviati, Bigazzi e Fertilio ricostruiscono un caso di scuola sull’ingerenza mediatica, l’occasione per ripensare la fragilità delle opinioni pubbliche nelle democrazie occidentali e la facilità con cui possono venire eterodirette, come un colpo di biliardo ben assestato è capace di disperdere le palle in molteplici direzioni, usando la felice metafora di Francesco Bigazzi.
La dezinformatzija è un'arma tattica russa sin dal 1923, quando il precursore del KGB costituì uno speciale ufficio di disinformazione per condurre operazioni tattiche di intelligence. Ma già la polizia segreta zarista aveva precorso i tempi con i Protocolli dei Savi di Sion, forse il più clamoroso falso documentale, redatto per diffondere l'odio verso gli ebrei nell'Impero russo nei primi anni del XX secolo, in forma di piano attribuito a una fantomatica cospirazione ebraica e massonica il cui obiettivo sarebbe stato impadronirsi del mondo.
Questa antica tradizione russa attraversa tutto il ‘900. Si trasmette e si evolve durante l’epoca comunista sino ai giorni nostri. Ne è maestro Vladimir Putin, ex funzionario del KGB, dal 1999 interrottamente primo ministro, o presidente della Russia. Singolare che proprio in questi giorni il regime di Mosca accusi il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelens'kyj di non essere legittimamente al potere, perché nel paese negli ultimi due anni non si sono potute tenere le elezioni politiche, proprio a causa della guerra imperialista scatenata da Putin. Non è l’ennesimo caso di dezinformatzija? Eppure in Europa tanti gli credono ancora.