Informare al tempo dei Social e degli Open Data: Giornalisti e Farmacisti

Il titolo dell'evento sul Data Journalism cambia prospettiva dopo l'intervento di Dario Nardella

Antonio
Antonio Lenoci
25 settembre 2018 08:57
Informare al tempo dei Social e degli Open Data: Giornalisti e Farmacisti

 La Sala d’arme di Palazzo Vecchio a Firenze ha ospitato un evento formativo su Data Journalism e cambiamento nel lavoro del giornalista tra smaterializzazione dell'informazione, nuove influenze, sviluppo ed involuzione di una comunicazione veicolata dagli algoritmi. L’incontro organizzato da Comune di Firenze, Cispel Confservizi Toscana, associazione PA Social e Firenze Digitale ha offerto ed imposto alcune riflessioni, non solo agli operatori della comunicazione. Siamo immersi in un flusso di dati: vite scandite dalle Applicazioni di uno Smartphone, il cellulare diventato prolungamento del corpo umano, un accessorio del cervello e ad esso persino collegato tramite dispositivi wifi in continua interazione.I dati sono la nuova fonte dell'informazione, il loro uso ed abuso determina reazioni e sposta equilibri sociali, economici e politici.

Chi ha in mano il controllo dei dati, chi è in grado di elaborarli e gestirli oppure manometterli, ha un vantaggio sul prossimo che potrebbe essere tradotto come: realtà virtuale. Di cosa si tratta? La rappresentazione di una realtà che genera emozioni e simula la percezione dell'ambiente esterno.

 A generare una scossa nel dibattito è il sindaco di Firenze, oggi tra i primi cittadini più autorevoli d'Italia poiché molti occhi sono puntati sul capoluogo toscano, misura del termometro politico e non solo. Dario Nardella è oggi il guardiano della Torre di Arnolfo, ultimo fortino della tradizione democratica: un faro per alcuni, un bersaglio per altri."I giornalisti sono equiparabili ai farmacisti" è questa la frase che cala sulla platea di addetti ai lavori e se non riesce a responsabilizzare tutti, certo resta nell'aria e più volte torna nell'arco degli interventi.

Il primo cittadino di Firenze si spoglia della fascia tricolore e diventa un osservatore interessato alle dinamiche della nuova comunicazione. Impegnato nell'amministrare la cosa pubblica, avverte più di altri il peso della somministrazione di informazione, della "posologia" delle pillole che ininterrottamente viaggiano sulle piattaforme mediatiche, in alcuni casi nuvole di dati e parole chiave, in molti casi solo nuvole. Questo significa che l'informazione tradizionale è più sicura? Assolutamente no.

Non lo è dal momento in cui i Social hanno superato i confini digitali. Le prime ad essere attaccate dal virus sono state le locandine delle edicole, là dove i titoli sono diventati "cliccabili".  Dario Nardella mette in evidenza "la tendenza dei media tradizionali nell'inseguire i social media", quando invece "dovrebbero preferire il ruolo di fonte autorevole di notizie fornendo un servizio ben fatto e veritiero ai cittadini". Sottolinea inoltre il sindaco, citando applicazioni in grado di fornire notizie utili in tempo reale riguardo al traffico urbano, "Il cittadino che fornisce i dati è anche quello che li riceve.

La raccolta può responsabilizzare il cittadino nel suo ruolo di fornitore di dati: è un'operazione di educazione, formazione e crescita culturale".

A moderare i lavori Francesco Di Costanzo, direttore di cittadiniditwitter.it e presidente dell’associazione PA Social che ha introdotto i panel curati da Giovanni Carta, giornalista e portavoce del sindaco di Firenze, Marco Pratellesi, condirettore di Agi, Roberto Bernabò, vicedirettore per lo sviluppo digitale e multimediale de Il Sole 24 ore, Marco Renzi, giornalista, presidente Lsdi, co-fondatore e organizzatore di Digit, Anna Tononi, esperta di comunicazione statistica dell’Istat, Elio Giulianelli, data architect di Ispra, e Marisandra Lizzi, founder di IPress Live, Laura Castellani, dirigente del settore Infrastrutture e tecnologie della Regione Toscana,  Gianluca Vannuccini, dirigente del servizio Sviluppo infrastrutture tecnologiche del Comune di Firenze, Emanuele Geri, responsabile di OpenData Firenze, Fabio Malagnino, giornalista e digital officer del consiglio regionale del Piemonte e Andrea Nelson Mauro di OpenData Sicilia.

 Gli interventi si spostano sulla raccolta e la gestione dei dati, sulla loro elaborazione necessaria per trasformarli in informazioni utili.Per maneggiare i dati occorre competenza in più settori, da qui la visione di una redazione che torna, per un attimo ed almeno concettualmente, alla sua forma originale di spazio condiviso da vari redattori che oggi non hanno più scrivanie ma desk ed interagiscono a distanza.Per rendere fruibili i dati serve alfabetizzazione su entrambi i poli della comunicazione: trasmettente e ricevente.

Se è vero che i frequentatori dei social non sono tenuti a conoscere tutte le materie, è vero anche che sarebbe bene fare selezione.Esistono più criticità. Un approccio poco obiettivo falsa il sistema. Il giornalista che manipola i dati traendone ciò che intende usare per spettacolarizzare la notizia e guadagnare così in click baiting, non è diverso dal lettore che intende leggere solo i titoli accattivanti per soddisfare le proprie convinzioni.In entrambi i casi la verità passa in secondo piano rispetto ad una rappresentazione distorta della stessa, ma in entrambi i casi compiacente. Una variabile inquietante.

Gli algoritmi sono l'intelligenza artificiale della nuova comunicazione. E' l'algoritmo che decide quali prodotti sottoporre all'attenzione del lettore. La scelta casuale è oggi un ricordo del passato. Nel marketing come nell'informazione esiste un calcolo matematico che prende in esame le personali inclinazioni al fine di proporre all'utente un pacchetto di dati "consigliati per te". Molto spesso si finisce per mettere il dito e cliccare in un palinsesto già selezionato. E quando l'individuo avrà smesso di pensare e di scegliere e le macchine avranno accumulato un numero tale di informazioni da concepire anche le contromosse dell'avversario umano, ad oggi forte della sua componente creativa?Semplificare è utile, ma è un rischio.

A parlarne è l'Istat che sui Social combatte quotidianamente una lotta contro la viralità dei dati buttati in pasto nei recinti frequentati da lettori di volta in volta più affamati. Un caso limite è il tasso di disoccupazione che si basa su parametri facilmente equivocabili poiché "Spesso si dà troppo risalto alle statistiche usa e getta che non tengono conto di chi o cosa sia effettivamente compreso nella conta". Quando poi arriva la spiegazione che disintegra la viralità del post originale, è oramai troppo tardi per cavalcare la stessa onda.

Una situazione non molto diversa dalla rettifica.Il data journalism è probabilmente il futuro dell'informazione mondiale, ma necessita di un investimento coraggioso nell'infrastruttura multimediale e nella formazione, affinché vi sia una predisposizione mentale alla verifica ed all'analisi che preceda la diffusione della notizia.

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