Nella storia recente della città di Firenze, scrive Idra al ministro dei Beni culturali, il “Franchi” è qualcosa di più di uno stadio. “E’ un luogo infatti che conserva una memoria tragica dell’ultima guerra. Era ancora il “Berta” quando, la mattina del 22 marzo 1944, sotto la curva lato ferrovia, poco lontano dalla torre di Maratona, vennero fucilati cinque giovani trascinati qui dai campi coltivati del Mugello, colpevoli di essersi sottratti all’arruolamento nelle fila della Repubblica Sociale Italiana, per un’esecuzione che servisse da monito ai coetanei. A cominciare dalle giovani reclute schierate ad assistere alla fucilazione”.
Di questo avvenimento si sono occupati una ventina di anni fa gli studenti del Liceo Scientifico “Antonio Gramsci” di Firenze, sotto la guida della prof.ssa Alessandra Povia: insieme hanno lavorato a una ricostruzione toccante dell’accaduto, “Ragazzi come noi”, che ripropone quel capitolo di storia con gli occhi del mondo attuale. Un filmato che l’insegnante-regista mette volentieri a disposizione del pubblico. Oggi forse più utile che mai, in tempi di didattica a distanza!
Ma è stato Ezio Campani, storico associato di Idra, a richiamare l’attenzione su quell’evento. Mentre si discute di stadio sì, stadio no, stadio dove, stadio come, è forse opportuno ricordare: “Oggi un Altare con un Cristo alto 2 metri e una lapide in ricordo dei 5 giovani martiri è ben visibile attraverso una cancellata di protezione, sotto quella curva”, si legge nell’appello trasmesso al ministro Dario Franceschini e per conoscenza al sindaco di Firenze Dario Nardella.
Il Cristo è opera di Emanuele Zambini, scultore e pittore, che abitava nel viale Manfredo Fanti, a pochi metri dallo stadio comunale. “Nei giorni successivi alla fucilazione - spiega Ezio Campani - l'allora parroco della chiesa di San Gervasio si recò a casa dello scultore chiedendogli di fare un Cristo da sistemare sul luogo del triste evento. Emanuele lo fece, e ancora oggi l'Opera è lì, vigile sui cinque nomi”. In un documento allegato all’appello c’è anche la lettera manoscritta indirizzata al fratello la notte prima dell’esecuzione da uno dei condannati, Guido Targetti, e il racconto di don Angelo Beccherle, che assisté le vittime fino alla fine.
Nel pro memoria al ministro, evita di addentrarsi nella complessa matassa della querelle sul futuro dello stadio comunale Franchi, Idra così conclude: “In queste ultime ore, abbiamo appreso, l‘ACF Fiorentina Le ha trasmesso alcuni quesiti circa le conseguenze che la nuova normativa sugli stadi produrrebbe in relazione alla conservazione del complesso progettato da Pier Luigi Nervi e Gioacchino Luigi Mellucci. Noi Le scriviamo qui, sollecitati dal sig. Campani, affinché non si trascuri – nel contesto del dibattito sull’opera - l’importanza e il valore della tutela del sacrario. Il monumento di Campo di Marte infatti – a nostro avviso - rappresenta di per sé per Firenze e per il Mugello un presidio inamovibile di memoria collettiva, un valore civile profondo la cui conservazione appare necessaria e ineludibile a fini testimoniali.”
Il Sacrario di Campo di Marte nelle parole di Ezio Campani
C'era una volta, nell'anno 1944, uno scultore e pittore, Emanuele Zambini. Abitava nel Viale Manfredo Fanti, al civico 103, a pochi metri dallo stadio comunale di Firenze, oggi "Franchi". In quegli anni artista sconosciuto. Oggi le sue opere valgono migliaia di euro.
Successe che la mattina del 22 marzo 1944, sotto la curva lato ferrovia dello stadio, vennero fucilati cinque giovani colpevoli di aver rifiutato di rispondere al bando di arruolamento alla Repubblica Sociale Italiana (la Repubblica di Salò).
Oggi un Altare con un Cristo alto 2 metri e una lapide in ricordo dei 5 giovani martiri è ben visibile attraverso una cancellata di protezione, sotto quella curva.
Il Cristo è opera proprio dello scultore Emanuele Zambini. Quindi, non solo lo stadio è una imponente opera dell'architetto Pier Luigi Nervi, ma al suo interno troviamo, oltre al mausoleo, un'altra importante testimonianza di uno scultore fiorentino molto noto, riconosciuto da gallerie d'arte, aste, riviste italiane e internazionali.
I giorni successivi alla fucilazione, l'allora parroco della chiesa di San Gervasio si recò a casa di Emanuele chiedendogli se poteva fare un Cristo da sistemare sul luogo del triste evento. Emanuele lo fece, e ancora oggi l'Opera è lì, vigile sui cinque nomi.
Si vuole abbattere le curve per rifare uno stadio più bello e confortevole. Ma ci siamo tutti - dico tutti - dimenticati dei cinque giovani martiri che ogni anno il sindaco, il presidente della Regione, il presidente del Quartiere e quanti altri onorano recandosi il 25 Aprile, a nome della cittadinanza, a deporre una corona di alloro sulla lapide che ricorda quella brutale fucilazione?
Aprile 2000: la SPI (il Sindacato pensionati italiani), per l'anniversario del 25 Aprile, pubblica un inserto speciale sulla fucilazione del Campo di Marte (di cui qui allego copia). All'interno, la lettera scritta da uno dei condannati, Guido Targetti, al fratello: una testimonianza TRISTISSIMA!
Ezio Campani, cittadino fiorentino