Il Colore dei Bianchi, di Maurizio Parrini - intervista

Il Quartiere di Santo Spirito raccontato da “Lucignolo”

Massimo
Massimo Capitani
05 giugno 2016 22:28
Il Colore dei Bianchi, di Maurizio Parrini - intervista
foto: La Franci

Qui Campo dei Bianchi 25 Maggio 2016

E così mentre i compagni di squadra si preparano al Torneo 2016, Maurizio parla con noi. La gamba è bloccata dal gesso per via del malleolo rotto, ma la lingua è veloce, lasciamola andare:

Come mai Lucignolo: “non ho un aneddoto curioso, interessante da raccontare…

Allora raccontiamolo dopo.

La svolta: “l’anno della svolta è stato il 2011. Quando perdi per tanti anni, subentra lo sconforto, la frustrazione. Ti chiedi, ma dove stiamo sbagliando. Nel 2011 avevamo la semifinale con i Rossi, la squadra di Santa Maria Novella era un bel gruppo, atleti forti e di carattere. Mia sorella mi raggiunse durante il corteo per dirmi “Maurizio, i Rossi sono enormi”, ecco - risposi - tu me l'hai anche a dire. All’entrata in campo, girandomi, vedo la nostra curva piena di fumogeni, canti e tanto entusiasmo. Le persone che vanno allo stadio unite a quelle del quartiere, davano vita ad un gran tifo.

Tornando alla partita. Eravamo avanti nel punteggio ed io credevo che sarebbe successo qualcosa all’improvviso, così che comunque avremmo finito per perdere. Alla fine non sapevamo neanche come fare ad esultare. E chi ci era abituato.

Quell’anno ci siamo regalati ed abbiamo regalato al quartiere quel periodo che va dalla semifinale alla finale. Ricordo che tante gente era impazzita. Mario Morelli, il nostro capitano, mi disse con la sua voce rauca, “mi voglio godere questa settimana fra le due partite”. Credo proprio non abbia dormito per gustarsi il più possibile tutte le ore.

Come sanno tutti nel 2011 abbiamo finito per perdere negli ultimi minuti per due prodezze del portiere Azzurro Bersani. Eravamo in vantaggio, non riusciamo a tenere la palla e questa finisce nella mani di Bersani, ricordo di averlo riconosciuto per via della bandana che porta. In quel momento, conoscendo i missili intelligenti che riesce a tirare, ho pensato, siamo finiti. Ed infatti... Abbiamo avuto la forza di tornare in avanti per andare in caccia, ma sempre lui, Bersani, ha fatto quella gran parata e così abbiamo finito per perdere ancora. Ma quella sconfitta, che ci doveva seppellire, invece ci ha dato la consapevolezza di essere forti e di poter giocare alla pari con chi ci aveva sempre battuto.

L’esordio: “sono nato in via del Campuccio in pieno Quartiere, va da sé che ho sempre tifato Bianchi. Nel 1994 mi sono avvicinato alla squadra ancora giovanissimo - di certo non avevo pretese di giocare. Più tardi, nel 2003, sono stato escluso dal Torneo. Non ho preso bene l’esclusione e mi sono allontanato dedicandomi alla Boxe. Nel 2008, al funerale di Francesco Cocco ,a lui ed a Roberto Caiani è intitolato questo campo, ho rivisto tanti amici, mi è venuta nostalgia e così sono tornato ed ho esordito lo stesso anno”.

Il ruolo: “gioco alla battuta, un po’ decentrato, in mezzo ci stanno quelli grossi grossi. Di fianco a me Lorenzo Taddeucci e David Filipponi. Quando la palla ce l’hanno gli avversari non devo cedere terreno, quando siamo noi ad avere in mano il gioco, io ed i miei compagni di linea andiamo a prendere gli avversari. Questo permette di creare un buco nello schieramento opposto, che la nostra manovra dovrebbe sfruttare, fa rabbia che a volte i compagni se ne vanno dall’altra parte.

Clienti scomodi: “capita di incrociare questi avversari - Calcianti molto forti nel testa a testa - non li puoi evitare. Ora, sapendo lottare - combattere a terra - ho un piano B e me la posso giocare su due livelli. Ce ne sono tanti - clienti scomodi - il primo che mi viene in mente è David Rettori che ha scritto pagine importanti per il pugilato fiorentino. Non posso dire di essere un suo amico, roba di andarci a prendere il caffè insieme o altro. Comunque, quando ci vediamo alla Samurai club, ci salutiamo.

Un altro scomodo è un ragazzo tunisino dei Rossi, non ricordo il nome, ricordo però che mi ha proiettato piantandomi a terra come un ombrellone. Il Mafara, pericoloso quando arriva in corsa e ti carica, una volta ho subito un suo placcaggio. Vedi arrivare questo treno in corsa e dici, ora mi fa male, stavolta esco in barella. Per fortuna è andata bene, così a terra gli ho detto, non mi hai fatto niente. Apprezzo Simone, ogni tanto vado al suo bar. Marcello Trotta, Pietro Cappelli altri avversari pericolosi.

I Polacchi dei Verdi - Kulik e Wlazlo - una volta avevo vicino quello più alto, tirava dei calci che avrebbero abbattuto dei faggi. Paolo Bologna con cui mi sono misurato nel 2015, lui era esordiente, pugile giovane, con lui ci siamo rispettati a vicenda. I Fratelli Schiavoni, Leonardo ed Antonio. Più pericoloso il primo, ma entrambi combattenti valorosi e corretti. Come ce ne sono tanti, è che poi lascorrettezza fa più notizia. Io ne ho subite un paio in tutti questi anni, roba da non uscire in barella comunque.

I Bianchi squadra da battere: “ci vuole un po’ di scaramanzia, siamo un bel gruppo, più o meno lo stesso delle scorso anno, al netto delle squalifiche e degli infortunati, la squadra c’è.

A proposito di infortunati, ce la fai a giocare: “mi sono rotto il malleolo il 7 Maggio, trenta giorni di gesso e poi fisioterapia. Di sicuro non sono pronto per la semifinale e poi non lo so se è giusto per chi sceglie, preferire me ad un altro che è in forma, che si è allenato per tutto il periodo”.

Curiosità, ultimo Torneo disputato: “nel 2015 avevamo la difesa da inventare. Rodrigue Nana, in squadra con noi dal 2008, ha contattato dei giovani rugbisti, ed ecco che sono arrivati direttamente dal Quartiere Guglielmo Sguerzo e Giacomo Peggion. Con loro, dalla squadra del Cavalesto, Pietro Mallardi e Fabio Natali. A quest'ultimo dico sempre che assomiglia ad Adam Sandler, e questo è un buon segno perchè Sandler è un vincente, ecco perché abbiamo vinto l'anno scorso. Segni a parte l'altro anno non abbiamo concesso una caccia su azione, e questo è un merito sia della difesa, che di tutta la squadra, eppure ce n'era di gente che capace di entrare nelle difese palla in mano”.

Torneo 2016, partita con i Verdi: “conosco tanti ragazzi della squadra di San Giovanni, per via del Pugilato e della Lotta. Il fatto di essere tornati a giocare una finale nel 2015 potrebbe comportare lo stesso entusiasmo che a noi è successo nel 2011. Sono una bella squadra, per il resto non so dirti altro, un po’ come oggi c’è il sole ed è facile che anche domani sia sereno.

Torneo 2016, le aspettative: “c’è un grande livello di atleti e di sportivi, credo che si vada verso edizioni sempre più corrette e con un grande tasso tecnico. Se ti riferisci alla palla giocata, dipende. Nelle squadre c’è un mix di Calcianti che si fronteggiano, e che ci vogliono perché è un gioco basato sulla prepotenza, ed altri che giocano la palla. Dipende in che percentuale è questa combinazione. Negli anni comunque è dimostrato che la ricerca del gioco paga”.

Nella lunga chiacchierata sono saltati fuori molti aspetti. Uno di questi, seppur senza domanda specifica, riguarda il Calciante Azzurro, Alessio Georgerini detto Piombino: “al termine della partita del 2013, gli ho scritto su fb, ho saputo che smetti, mi dispiace sei il migliore, con stima Lucignolo”. La finale Azzurri Bianchi di quell’anno fu una partita durissima, che dette il via a tanti veleni, a tante polemiche e, provare a chiuderla in questo modo, ci piaceva.

Se siete stati con noi ora vi diciamo anche il perché del soprannome Lucignolo: “ me lo mise Maurizio Barni, allenatore della squadra, oggi come 20 anni fa, così per darmi della mascotte. Questo fu ripreso da Mauro Querci che lo usava in continuazione e finì per farlo diventare il soprannome che ancora ho.

Si ringraziano la squadra dei Bianchi per la disponibilità concessa e Maurizio per aver permesso di lavorare all’articolo con spirito e passione. Un ringraziamento anche a Francesca per il consueto lavoro.

testo di Massimo Capitani e Alessio Farolfi

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