«Il biennio nero 1992-93. Massoneria e Legalità trent'anni dopo»

Per le Edizioni Perugia Libri il ricordo di Stefano Bisi e Michele Lembo

Nicola
Nicola Novelli
27 febbraio 2022 12:32
«Il biennio nero 1992-93. Massoneria e Legalità trent'anni dopo»

Stefano Bisi, attuale Gran maestro del Grande Oriente d'Italia, all’epoca dei fatti era stato iniziato da non molti anni al rito di Palazzo Giustiniani, la storica comunione massonica italiana. Nell’autunno del 1992, pochi mesi dopo l’inchiesta chiamata Mani Pulite, esplode un’altra bomba, definita dalla stampa Mani Segrete, l’indagine avviata da Agostino Cordova, Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Palmi, in provincia di Reggio Calabria. Una stagione avvelenata che si è trascinata quasi sino a oggi. Per esempio riaffiorando nelle commissioni parlamentari antimafia, o in tante interviste.

In quel periodo molti giornalisti si dedicarono alla massoneria. In Toscana “L’Unità”, “Il Tirreno” e “Il Cittadino” di Siena pubblicarono a puntate i nomi dei massoni delle logge locali. Centinaia e centinaia di nomi dati in pasto a una curiosità morbosa, mentre solo alcuni di loro sono davvero massoni. Il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, in seguito alle querele, fu costretto a risarcire pubblicando a proprie spese un bel libro sulla storia della massoneria italiana.

30 anni dopo è acclarato storicamente che quelle inchieste giudiziarie e giornalistiche, come pure il grande dispiegamento di forze dell'ordine per perquisire case, uffici e sedi si conclusero però con un decreto di archiviazione.

Il gran maestro Stefano Bisi, guida del Grande Oriente d'Italia, ricostruisce la mega inchiesta condotta nel 1992 dall'allora procuratore di Palmi, Agostino Cordova. Nel libro si documenta come Cordova sguinzagliò forze di polizia in tutta Italia per perquisire sedi massoniche e abitazioni private di centinaia di affiliati o presunti tali. L'ipotesi di Cordova era che la 'ndrangheta si fosse infiltrata nella massoneria per agganciare la politica su tutto il territorio. Alla fine mise insieme 800 faldoni di documenti e verbali. Ma la procura di Roma archiviò l'inchiesta.

Bisi precisa che nel decreto di archiviazione del 3 luglio del 2000, il Gip di Roma Augusta Iannini dice testualmente che la trasmissione degli atti del procedimento da Palmi a Roma è avvenuta su esclusiva iniziativa dell'ufficio del pubblico ministero di Palmi e con tempi da questo ufficio voluti, senza che vi sia stata alcuna rivendicazione di competenza, o richiesta di trasmissione da parte dell'ufficio del pubblico ministero di Roma. Non ci fu, dunque, nessuna avocazione.

L’equivoco in cui incorse Cordova, presupposto della sua indagine, fu che ogni sedicente loggia massonica potesse ricondursi in relazione con le principali organizzazioni massoniche nazionali. Ma così non era e a Palazzo Giustiniani nulla sapevano delle associazioni segrete calabresi in sui il magistrato si era imbattuto. Fermo restando che essere massoni non è di per se un reato.

Senza dimenticare che nel novembre del 2021 la seconda sezione civile del Tribunale di Reggio Calabria ha condannato Cordova a pagare le spese processuali in favore della Loggia Grande Oriente d'Italia, che lui stesso aveva querelato, perché il Gran Maestro Stefano Bisi, sul quotidiano 'Il Dubbio', aveva definito l'inchiesta di Cordova 'una caccia alle streghe finita con un buco nell'acqua'.

Bisi con il libro 'Il biennio nero 1992-'93, massoneria e legalità trent'anni dopo' ricorda così che dopo la denuncia, l'apertura dell’indagine giudiziaria, i giornalisti pubblicarono grandi titoli, ma poi, il 3 luglio del 2000, quando l'inchiesta si conclude senza condanne tutto è ormai passato nel dimenticatoio. Oggi che è stata archiviata anche la querela di Cordova il giornalista senese nel suo libro afferma che nonostante la tardiva conclusione dell'inchiesta la verità non va in prescrizione.

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