Firenze: Joan Wasser a tre anni dall’ultimo show

Ieri sera sul palco del Viper Theatre la cantautrice americana con il nuovo album “The Classic”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
13 aprile 2014 23:52
Firenze: Joan Wasser a tre anni dall’ultimo show

Firenze, 13 aprile 2014- Dopo Milano e Ravenna è approdata ieri sera al Viper Theatre di Firenze Joan as police woman, band nata nel 2002 e capitanata da Joan Wasser, polistrumentista newyorkese che già ha collaborato con artisti del calibro di Lou Reed, Sparklehorse, Dave Gahan e Afterhours. Il tour primaverile appena iniziato è a supporto dell’uscita della quinta fatica discografica dell’artista americana, The classic, album uscito lo scorso 10 marzo e che sta già raccogliendo i pareri positivi sia del pubblico sia della critica.

Il palco fiorentino ha accolto l’asciutta ed essenziale strumentazione del quartetto: batteria, chitarra e due tastiere, oltre, naturalmente, all’immancabile violino che sin dagli inizi accompagna la Wasser in ogni suo show. Quando la musica di sala si abbassa e le luci del palcoscenico si accendono, il locale è affollato (piccola curiosità: fra il pubblico notiamo un’attentissima Irene Grandi, che evidentemente dimostra di apprezzare le qualità musicali dell’ensemble proveniente dalla Grande mela).

Il concerto si è aperto con What would you do, sesta traccia di The classic. Spicca immediatamente la presenza scenica della cantante: corpetto color oro, pantaloni attillati neri e stivaletti blu stile cowboy. Il pezzo segue lo stile tradizionale del gruppo: l’incedere quasi ipnotico della batteria viene accompagnato dalla voce e dalla tastiera, le quali disegnano intrecci melodici a metà strada fra il pop e il soul e dove all’intimità e al calore della voce si accompagnano tonalità più inquietanti e “seriose”. Questo, difatti, è uno tratti peculiari di Joan as police woman, confermato anche dalle successive Holy city e Get direct: il chiaroscuro, il permanere dell’atmosfera musicale in bilico fra cupezza nostalgica di un cantato a tratti quasi melanconico e una trama ritmica spesso incalzante e sostenuta, come a tracciare il profilo di una donna divisa fra delusioni, incertezze, fragilità e la determinazione ad affermare la propria forza e la propria identità.

Non sono mancati, d’altro canto, momenti più tipicamente rock, come nel finale di Good together, dal sapore decisamente postrock, evasioni in stile Motown come in Shame, dove la base ritmica macina passaggi in pieno stile funky e aperture verso sonorità più ambient ed eteree ad esempio in Feed the light e New year’s day, supportate da un utilizzo del violino che per certi versi ricorda la chitarra suonata con l’archetto dal leader dei Sigur Rós.

Nonostante la centralità in fase compositiva assunta da voce, tastiera e batteria, da notare è inoltre l’uso discreto ma efficace dei cori (Magic lamp e Let it be you) e la bravura dell’intera band in fase di arrangiamento, come dimostrato dall’utilizzo parsimonioso ma decisivo di strumenti quali tromba, Moog e organo.

A fine concerto, la sala ha dimostrato di aver apprezzato: gli applausi non sono stati risparmiati e il pubblico ha incitato l’energica Joan a concedersi negli abituali “bis” (The classic e Witness), terminati i quali la cantante ha sfoderato un ampio sorriso e commentato in modo inequivocabile l’impressione suscitatagli dalla serata: «Amazing!».

di Giacomo Dini

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