Firenze, 11 giugno 2025- “La legge toscana sul fine vita ha colmato un vuoto. Occorre però adesso una norma nazionale che formalizzi quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242 del 2019”. Così il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, dopo il primo caso di suicidio medicalmente assistito in Toscana a seguito dell'approvazione della legge regionale avvenuta lo scorso febbraio.
“Quanto avvenuto – spiega Giani - dimostra che la nostra legge, in realtà, non crea nuove condizioni, anche di disciplina, rispetto al fine vita medicalmente assistito. La legge si è limitata a tradurre in procedure obiettive, imparziali, neutre, uguali per tutti quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242 del 2019. La legge toscana ha reso concreti i principi contenuti nella sentenza, permettendo ai cittadini di accedere ad un percorso di fine vita medicalmente assistito, rispettando il principio di autodeterminazione. In poche parole – ha concluso Giani – siamo davanti alla dimostrazione più evidente di quanto la legge toscana abbia momentaneamente colmato un vuoto, che però non abbiamo la presunzione di riempire per sempre. Diventa adesso opportuno arrivare a una legge nazionale che traduca i principi della sentenza della Consulta”.
"Dopo che un cittadino ha utilizzato la legge regionale toscana 16/2025 sul suicidio assistito e si è tolto la vita, è ancora più importante che la Corte Costituzionale si pronunci con urgenza su questa legge, che noi abbiamo contrastato con tutte le nostre forze e che il Governo ha giustamente impugnato, in quanto questi sono temi di competenza nazionale. L'ultima sentenza della Consulta in materia, la n. 66/2025 del 21 maggio scorso, dice che lo Stato deve curare e proteggere i fragili, non agevolare la morte, e che il suicidio assistito non è un diritto, ma un'eccezione; quello che abbiamo sempre sostenuto noi, nonostante la maggioranza di sinistra dicesse il contrario" afferma il capogruppo di Forza Italia al Consiglio regionale della Toscana, Marco Stella.
"La sentenza 66/2025 della Corte Costituzionale - spiega Stella - ci dà tre indicazioni e, in sostanza, sottolinea che la Consulta non ha mai voluto inserire nel Servizio sanitario nazionale l'obbligo di procurare la morte a chi ne faceva richiesta; non ha mai voluto assecondare, come se fosse un diritto, il desiderio di suicidarsi contando sull'assistenza di un medico e a carico dello Stato; in secondo luogo, evidenzia che la libertà individuale non si può sovrapporre con il dovere dello Stato di proteggere i fragili e, infine, ribadisce che il principale dovere dello Stato è la cura dei più fragili e non la loro soppressione. Quindi, il desiderio di suicidarsi non è né un diritto né, da parte dello Stato, un dovere. Resta la possibilità di individuare, in via eccezionale, un'area di non punibilità".
“La vicenda di Daniele Pieroni dimostra che la legge toscana sul fine vita è uno strumento giusto, umano e conforme ai principi costituzionali. Va difesa con fermezza, almeno fino a quando non ci sarà finalmente una legge nazionale che garantisca a tutti, in modo uniforme, il diritto a una morte dignitosa” dichiara Irene Galletti, presidente del M5S Toscana, commentando il primo suicidio medicalmente assistito avvenuto nella regione, reso noto dall’Associazione Luca Coscioni.
“La scelta del Governo di impugnare la legge toscana è ideologica e priva di fondamento giuridico. Non possiamo permettere che cittadini come Daniele siano lasciati soli in momenti così drammatici. La Toscana ha colmato un vuoto legislativo con una normativa che pone soluzione adeguata, e noi continueremo a sostenerla”.
“Ribadiamo inoltre la massima vicinanza e solidarietà a Marco Cappato e a Felicetta Maltese, il cui impegno civile rappresenta un presidio fondamentale di libertà e dignità per tutte e tutti”, conclude Galletti.
“Fin dall'inizio di questa vicenda ho sempre sostenuto che servisse un intervento legislativo a livello nazionale, e ho sempre detto che le Regioni non hanno facoltà di legiferare su una materia così complessa che chiama in causa diritti costituzionali, questioni etiche e addirittura di rilevanza penale. Oggi ribadisco questa posizione.
In Consiglio regionale il nostro no è stato categorico rispetto alla legge approvata in Toscana, perché se va alle singole Regioni la disciplina di questo tema si creano diseguaglianze inaccettabili tra i cittadini. È paradossale che sia stata la sinistra, che invoca la Costituzione a ogni piè sospinto, ad aver voluto questa legge regionale. Non si può essere difensori della Carta a fasi alterne!
Già all’indomani dell’approvazione della legge toscana il ministro Schillaci aveva parlato di tempi maturi per discuterne a livello nazionale e proprio ieri il Governo ha avviato un confronto per presentare un testo unitario. C’è da chiedersi perché la sinistra non l’abbia fatto quando sedeva a Palazzo Chigi visto che la sentenza della Consulta risale al 2019. Il Governo e il Parlamento si accingono a fare una discussione articolata e capace di coinvolgere tutti su un tema così delicato: cosa che però non è stata fatta in Toscana dove il Pd aveva solo fretta di portare a casa il risultato in vista delle regionali.
Le azioni del Governo e del Ministro Schillaci dimostrano la grande capacità di ascolto di questa società nei confronti della società e delle numerose sensibilità che la compongono” afferma il consigliere regionale di Fratelli d’Italia e componente della Commissione Sanità Diego Petrucci.