Douglas Profumerie chiude 128 negozi in Italia, 11 in Toscana

Filcams Cgil: "Non siamo disponibili ad accettare questa logica, non accettiamo che si recuperi profitto togliendo lavoro alle persone"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
16 marzo 2021 23:45
Douglas Profumerie chiude 128 negozi in Italia, 11 in Toscana

Douglas Profumerie ha comunicato che entro gennaio 2022 chiuderà 128 negozi in Italia su 507, 500 in Europa su 2.400. In Toscana i negozi in chiusura saranno 11, 36 persone perderanno il lavoro, e l’elenco non è ancora completo. Al momento risultano coinvolti i negozi di: Poggibonsi (già chiuso), Calenzano, Pisa, Venturina, Navacchio, Montecatini Terme, Piombino, Follonica, Pistoia, Siena e Borgo S. Lorenzo. Il motivo? Salvaguardare la liquidità a fronte di calo di fatturato e redditività avuto durante la pandemia.

“Ovvio il calo di fatturato dei negozi in questo anno di chiusure e aperture a singhiozzo, epperò va detto che c’è stato un aumento importante del fatturato dall’e-commerce -ribattono dalla Filcams CGIL Toscana- Per un’azienda che guarda soltanto al profitto la scelta è facile: si chiudono i negozi, dove ci sono costi fissi di gestione e soprattutto costo del personale, e magari si sviluppa l’e-commerce. Lo immaginiamo, perché nell’incontro svolto tra le Organizzazioni Sindacali Nazionali e Douglas, nessun piano industriale è stato ancora presentato.

Siamo di fronte ad una multinazionale che non più tardi di due anni fa ha acquisito le profumerie Gardenia e Limoni, garantendosi così fette di mercato importanti, e che, dopo così poco tempo, sceglie in maniera irresponsabile di chiudere. Decide di lasciare a casa le lavoratrici, il 95% delle occupate in Douglas sono donne, sceglie di prediligere la redditività dimenticando la professionalità di tutte le sue dipendenti, professionalità che ha permesso in questi anni uno sviluppo del suo fatturato e che ha rappresentato per i clienti essere accolti in negozio, consigliati, coccolati, per poi uscirne con un sorriso.

Ad un anno di pandemia non ancora concluso Douglas aveva già deciso di abbattere i costi, il personale in tutta evidenza per loro è solo un costo, non un valore aggiunto. Non siamo disponibili ad accettare questa logica, non accettiamo che si recuperi profitto togliendo lavoro alle persone. Le Organizzazioni Sindacali nazionali hanno proclamato lo stato di agitazione, nei vari territori si stanno coinvolgendo le Amministrazioni Locali e si sta definendo il programma delle iniziative; già fatta un’assemblea regionale, da remoto, delle lavoratrici, erano presenti in tantissime, deluse per il comportamento dell’azienda, ma prima di tutto arrabbiate, disposte a contrastare le chiusure in ogni modo.

Siamo in attesa di convocazione del richiesto incontro al Mise, una vertenza questa di Douglas Profumerie da inserire in quella più generale contro le multinazionali che arrivano, fagocitano il mercato e poi se ne vanno lasciando disoccupazione e macerie. E’ previsto un nuovo incontro per la fine della settimana con l’azienda, chiederemo risposte sul futuro delle lavoratrici. Nel frattempo non staremo zitti, e insieme alle lavoratrici metteremo in campo ogni azione necessaria a sostegno della vertenza”.

"Succede che dell'ingranaggio della società di oggi, fatta di grandi marchi che si accaparrano fette di mercato sempre più ampie a discapito di realtà più piccole, per raggiungere il massimo guadagno qualcosa s'inceppi -interviene anche il Partito Comunista Toscana- Le cause sono varie, e non del tutto riconducibili alla pandemia, ma ad esempio ad un trend ormai galoppante che vede in primis l'e-commerce distruggere il commercio locale. Naturalmente a pagare sono sempre i lavoratori, anello debole ed unica pedina da sacrificare in funzione del mantenimento dei dividendi, come nel caso della catena di profumerie Douglas esempio perfettamente calzante a quanto detto. Tutto questo avviene nel colpevole ritardo dei sindacati di categoria, sempre troppo concertativi sulle cessioni e con complicità di enti locali troppo compiacenti. Occorre ripensare la società in cui ci muoviamo, non più in funzione del capitale ma che metta i lavoratori al primo posto".

Notizie correlate
In evidenza