Cosa ‘insegna’ il sindaco ai giovani e ai cittadini dell’Oltrarno?

Idra contesta la pedagogia ‘ottocentesca’ di Nardella. E invia alla giunta proposte costruttive concrete da Mara Visonà

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 giugno 2021 12:50
Cosa ‘insegna’ il sindaco ai giovani e ai cittadini dell’Oltrarno?
Edvard Munch, 1893, L'urlo

Far maturare consapevolezza civica e culturale salendo in cattedra è una metodologia che non funziona, e già da tempo la scuola attiva l’ha saggiamente abbandonata. Non è di una riedizione della più ottocentesca delle pedagogie che le giovani generazioni sembrano avvertire il bisogno. E del fallimento educativo che il sindaco registra dovremmo cercare le cause, piuttosto che tentare di confinare autoritariamente le conseguenze.

Così commenta, oggi, Idra le parole del sindaco Dario Nardella sulle recenti vicende di Santo Spirito nell’undicesima lettera alla Giunta. Una riflessione complessiva sull’atteggiamento considerato non esemplare di Palazzo Vecchio in tutta la vicenda dell’Oltrarno. Una riflessione che salda il caso di Costa San Giorgio con quello della piazza delle discordie.

Per il bene architettonico Unesco proprietà oggi di Alfredo Lowenstein, Mara Visonà, storica dell’arte coordinatrice del gruppo di ricerca universitario istituito per redigere il catalogo delle sculture del Giardino di età moderna, ritiene che altre soluzioni possono essere proposte, consone alla vocazione formativa di Firenze per i giovani del mondo, che in città hanno la possibilità di educarsi alle arti, ai mestieri, all’artigianato”.

Nel concreto, “il complesso dei due conventi potrebbe accogliere un’espansione delle ricchissime collezioni di Palazzo Pitti e del Giardino di Boboli. (…) Non possiamo dimenticare gli affreschi e i graffiti staccati che giacciono ora invisibili e che troverebbero nei conventi di Costa San Giorgio una loro collocazione ideale (…). E ancora cercano casa il glorioso Museo di “Firenze com’era”, da tempo ridotto ai minimi termini, e un Museo dell’infanzia e del giocattolo, di cui si sente la mancanza considerate le collezioni private tuttora presenti a Firenze che raccolgono testimonianze legate all’infanzia”.

Certo, aggiunge Idra, tutto ciò va discusso e condiviso con chi ha potuto acquisire il bene storico-architettonico, che la mano pubblica ha inteso alienare piuttosto che difendere e restaurare, e sul quale il Comune di Firenze ha accordato la quota più alta di turistico-ricettivo-direzionale (91 per cento) fra quelle proposte dallo stesso privato attraverso il concorso internazionale che Palazzo Vecchio ha lasciato bandire e gestire. “E quello di individuare e far emergere soluzioni attraverso un confronto orizzontale fra cittadini, studiosi, cultori della storia e dell’arte, visitatori e giovani generazioni – scrive Idra alla giunta - è appunto l’obiettivo che persegue il processo partecipativo respinto fin qui da codesta Giunta con dubbia lungimiranza”.

Non si comprende quindi, alla luce di questi antefatti, aggiunge l’associazione ecologista fiorentina nella missiva trasmessa per conoscenza anche ai gruppi consiliari e del Quartiere 1, come il sindaco – proponendo ricette per la soluzione dei seri problemi di relazione, di agibilità democratica e di buon gusto estetico che interessano in queste ore piazza S. Spirito - possa dichiarare: “Andremo avanti con la gara di idee, cosicché intellettuali, storici dell’arte, architetti, cittadini, potranno in questa gara di idee avanzare delle proposte per proteggere in modo efficace ma non invasivo il sagrato di S. Spirito (…). Dico a tutti coloro che si sono sperticati in polemiche e commenti: si impegnino ancora di più per insegnare ai giovani di oggi la cultura del bello, il rispetto dei luoghi storici e il senso civico”.

Non è infatti di una gara di idee o di un nuovo concorso che sembra esserci bisogno, segnala Idra, quanto piuttosto, ancora una volta, di occasioni e spazi di ascolto reciproco e di comunicazione orizzontale fra le componenti della società civile, fra le classi di età, fra i portatori di interessi sociali, economici e culturali diversi o divergenti. “Non serve concorrere isolatamente l’uno dall’altro, scrive l’associazione al sindaco e agli assessori, per far poi emettere il verdetto da una giuria chissà come combinata.

Serve interagire, far crescere insieme le soluzioni ascoltandosi, correggendo e correggendosi, producendo cultura attraverso il confronto. Far maturare consapevolezza civica e culturale salendo in cattedra è una metodologia che non funziona, e già da tempo la scuola attiva l’ha saggiamente abbandonata”. E aggiunge: “Che senso avrebbe “che si faccia sul sagrato un ciclo di incontri pubblici con questi storici dell’arte, con questi intellettuali insieme ai giovani, per insegnare che cos’è il senso civico, che cos’è la cultura del bello, e che cos’è il principio costituzionale della legalità”? Non è di una riedizione della più ottocentesca delle pedagogie che le giovani generazioni sembrano avvertire il bisogno”.

Del fallimento educativo che il sindaco registra Idra invita a cercare le cause, piuttosto che a tentare di confinare autoritariamente le conseguenze. Evocando infine “il valore educativo dell’esempio”.

“Piazza S. Spirito è stata la sede nella quale si sono raccolte, con tutti i problemi della pandemia, ai tavoli del “Laboratorio Belvedere”, la maggior parte delle 677 firme di cittadini dell’Oltrarno depositate in Regione per l’apertura di un processo partecipativo già ammesso dalla Regione Toscana, pronto a partire con tanto di progetto articolato e coinvolgente. Dopo lunga titubanza, e dopo aver evitato di accogliere le ripetute richieste di colloquio, di incontro, di dialogo, codesta giunta non ha avuto neppure la delicatezza di rispondere in prima persona: ha affidato a un cortese funzionario amministrativo resosi disponibile il compito tutto politico di spedire ai cittadini il proprio rigetto. Lo stesso è accaduto nel Quartiere 1: una lunga audizione in Commissione Territorio di esponenti della cittadinanza ha prodotto un interessante scambio di punti di vista con i consiglieri delle forze politiche di opposizione, ma non una sola domanda da parte dei consiglieri di maggioranza. Costoro, sollecitati a rappresentare quanto meno un’opinione, un punto di vista, si sono trincerati dietro un fragoroso silenzio al termine dell’incontro, annunciando che solo in separata sede avrebbero discusso e formulato un proprio parere sulla proposta, avanzata dai cittadini, di sostenere il percorso di partecipazione.

Parere che è arrivato, puntualmente negativo, attraverso una nuova cordiale e-mail. Possono questi esempi costituire modelli apprezzabili di rapporto con la cittadinanza?

Prossimi interventi in dirittura d’arrivo a Palazzo Vecchio quelli di Maria Grazia Messina, già docente di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università di Firenze, e di Vittorio Maschietto, urbanista.


L’area su cui è concentrata la nostra attenzione, cioè il complesso dei due conventi di Costa San Giorgio, forma un insieme monumentale e rustico, intimo e familiare, un paesaggio, uno scenario in cui si svolge la vita quotidiana a contatto con il reale ed estranea al lusso artificiale e grezzo.

È invalso da tempo il concetto che il paesaggio non ha solo un carattere “panoramico”, ma ha un valore umano e sociale. La sua difesa è la difesa di una realtà su cui la storia ha profondamente inciso e che nonostante ciò rischia gravi manomissioni. Il caso di Costa San Giorgio è un esempio di eccellenza del nostro patrimonio su cui si fonda la nostra identità non solo fiorentina e italiana ma internazionale. Questo è tanto vero che la Costituzione coglie nel paesaggio naturale, architettonico e sociale un valore primario.

Vorrei ricordare, anche, che proprio a Firenze, in Palazzo Vecchio, il 19 luglio 2000 fu sottoscritta la Convenzione europea del Paesaggio, documento adottato dal Comitato dei Ministri della Cultura e dell’ambiente del Consiglio Europeo. L’Italia ratificò la Convenzione con la legge n. 14 del 9 gennaio 2016. Nel ventennale, il 15 ottobre 2020, si svolse con enfasi, sempre in Palazzo Vecchio, il Premio Paesaggio della Toscana.

Firenze e la Toscana tornino, dunque, a dare il buon esempio nella tutela di un bene vincolato per il quale è incompatibile la destinazione a cui ci opponiamo con forza, mentre altre soluzioni possono essere proposte, consone alla vocazione formativa di Firenze per i giovani del mondo, che in città hanno la possibilità di educarsi alle arti, ai mestieri, all’artigianato. Scendendo nel concreto il complesso dei due conventi potrebbe accogliere un’espansione delle ricchissime collezioni di Palazzo Pitti e del Giardino di Boboli.

Per proteggere il patrimonio statuario di quest’ultimo, si cercano da decenni dei locali adeguati a ospitare le sculture restaurate, che non sono in condizione di rimanere esposte alle intemperie. Non possiamo dimenticare gli affreschi e i graffiti staccati che giacciono ora invisibili e che troverebbero nei conventi di Costa San Giorgio una loro collocazione ideale: un progetto già proposto da Ugo Procacci e richiamato in tempi più recenti da Marco Chiarini in una relazione inviata al Ministero dei Beni culturali in cui paventava una destinazione “ad usi impropri” dei due conventi.

E ancora cercano casa il glorioso Museo di “Firenze com’era”, da tempo ridotto ai minimi termini, e un Museo dell’infanzia e del giocattolo, di cui si sente la mancanza considerate le collezioni private tuttora presenti a Firenze che raccolgono testimonianze legate all’infanzia. Un progetto, quest’ultimo, che risulterebbe consentaneo allo spirito di una città che ha fondato nei secoli istituzioni per la cura dei bambini, fra cui è obbligo citare l’Ospedale degli Innocenti.

Altri fuochi si sono accesi in città che meritano attenzione per la loro tutela. da Palazzo Portinari-Salviati ai conventi di Sant’Agata e di Monte Oliveto.

Mi chiedo se l’amministrazione comunale e la Soprintendenza siano in grado di far rispettare le leggi di tutela di tali beni culturali e a gestire tali imprese, che il nostro tempo ci impone alla luce degli importanti cambiamenti sociali in corso, sapendo contemperare la tutela con il progresso.

I comuni, in realtà, come altre istituzioni civili, sono anch’essi responsabili della tutela del paesaggio naturale e umano secondo il precetto costituzionale e l’amministrano in nome della comunità. Se c’è alterazione o distruzione non c’è autorizzazione che valga a legittimarle.

Mara VISONÀ

già docente di Storia dell'arte moderna, Università degli Studi di Firenze

co-curatrice del Catalogo delle sculture moderne del Giardino di Boboli

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