A Firenze continua a fare scalpore l'isolato ristrutturato in zona Unesco sulle ceneri dell’ex teatro comunale di corso Italia, ma che offenda lo skyline, perché svetta nero oltre i palazzi storici che lo circondano.
«Sono stato sindaco e sono abituato a cercare, prima di tutto, di risolvere i problemi che si presentano. La ricerca delle responsabilità, di chi c’era 6 o 7 anni fa, che ho visto in questi giorni, non mi appassiona più di tanto. Ancora meno lo scaricabarile di competenze. È certo che qualcuno abbia sbagliato ed è bene capire chi, ma a questo punto una sola domanda ha davvero senso per la città: adesso cosa è possibile fare per attenuare l’impatto del nuovo edificio?
Per questo chiediamo alla Sindaca di promuovere un confronto con la proprietà per individuare una modifica cromatica dell’edificio, più vicina ai primi rendering e più coerente con il contesto.
Approfondimenti
Sia chiaro: per noi gli investimenti privati non solo sono ben accetti, ma sono fondamentali. Ce ne vorrebbero anche di più. Ciò che oggi vediamo in Corso Italia sarebbe un bellissimo progetto, ma in altre zone più periferiche e da riqualificare, non certo nel centro storico o al suo ingresso. In quei contesti sarebbe stata vera rigenerazione urbana, che invece non viene mai nemmeno immaginata. La visione urbanistica in città, purtroppo, resta molto limitata e non da oggi.
Mi lascia inoltre perplesso il ruolo della Soprintendenza: un ente che spesso blocca interventi molto meno invasivi, mentre in questo caso non ha sollevato obiezioni. Non posso dimenticare, da ex sindaco, quante modifiche furono richieste per il progetto del Viola Park, persino sui campi da calcio. Com’è possibile che qui nessuno abbia detto nulla?
Una possibilità di rimediare, però, c’è ancora: l’amministrazione si attivi per richiedere modifiche cromatiche che rendano l’inserimento dell’edificio più armonico con il contesto in cui si trova» dichiara il capogruppo di Italia Viva Francesco Casini.
“Molti gli indignati, anche tra coloro che al tempo delle autorizzazioni non ci avevano fatto caso. Le autorità che hanno concesso le autorizzazioni hanno fatto sapere che sono state rispettate tutte le regole del caso. Punto. Altamente probabile che resterà com’è e dov'è, per la sua funzione principale, affitti brevi turistici -dichiara Vincenzo Donvito Maxia, presidente dell'Associazione Diritti Utenti e Consumatori- Due, tra le tante, le nostre riflessioni e stimoli.
Affitti brevi. Firenze, ormai Disneyland, non ne aveva proprio bisogno. Ricordiamo, per capire il fenomeno: Barcellona (1,7 milioni di abitanti) ha 10 mila alloggi destinati agli affitti brevi e la sua amministrazione ha deciso di vietarli da novembre 2028; Firenze (circa 380 mila abitanti), ha circa 16 mila alloggi per affitti brevi: basta registrasi al Comune ed avere il codice identificativo nazionale. Al momento, per soluzioni diverse, c’è solo tanto bla bla, anche istituzionale.
Autorizzazioni. Al Comune dicono che per il Coso Nero che tutto è in regola. Ne siamo certi. Ci sovvengono le riflessioni della scrittrice Anna Arendt che, dopo aver seguito il processo ad Adolf Eichmann, esecutore delle politiche naziste di sterminio di ebrei zingari e omosessuali, scrisse - colpita non dalla sua mostruosità ma dalla sua mediocrità - il libro La banalità del male. Eichmann, un burocrate grigio e pedante, che ubbidiva agli ordini, rinunciava a pensare e non assumeva responsabilità morale dei fatti, stava facendo il suo lavoro.
Il male - elaborò Arendt nel libro - può nascondersi nella routine quotidiana, nell'esecuzione meccanica di ordini. Per Arendt il crimine di Eichmann non fu l’odio verso gli ebrei, ma la sua incapacità di immedesimarsi, di riflettere, di chiedersi quale peso avessero le sue azioni. La sua colpa non stava solo nei terribili atti che commise, ma nell’aver smesso di pensare, nell’aver abdicato alla propria coscienza. La banalità non sminuisce l’orrore del genocidio, ma sposta lo sguardo dalla mostruosità del singolo alla patologia del sistema che sopprime la moralità in nome dell’efficienza.
Da questi scritti di Arendt ci viene di fare un parallelo, tra Eichmann e i burocrati del Comune di Firenze che hanno fatto il loro dovere, hanno applicato le leggi... coi risultati del Coso Nero”.