Consumo di acqua in Toscana: tra pozzi e canoni demaniali è già caos

I Geologi criticano il "DPGR 21 aprile 2015, n. 50/R" recentemente approvato dalla Toscana

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 maggio 2015 08:51
Consumo di acqua in Toscana: tra pozzi e canoni demaniali è già caos

 Il fabbisogno è di 138 milioni di metri cubi di acqua all'anno per gli usi in agricoli e di 195 milioni di metri cubi per l'industria. La presidente dell'Ordine dei Geologi, Maria Teresa Fagioli spiega: «Il regolamento presenta non poche imprecisioni e ambiguità e qualche palese errore, che rischiano di minarne lo spirito e di promuovere una miriade di contenziosi»

Impreciso, ambiguo, con errori, il regolamento di attuazione dell’art 12bis della LR91/98 “Disposizioni per la riduzione dei consumi di acqua prelevata ad uso diverso dal potabile”, recentemente varato dalla Regione non convince i geologi. «Da appena un mese la Regione ha promulgato il lungamente atteso regolamento ignorando la disponibilità a collaborare sul tema che l’Ordine dei Geologi aveva offerto gratuitamente, in qualità di rappresentante di chi si occupa professionalmente e quotidianamente della materia», commenta la presidente dell'Ordine, Maria Teresa Fagioli. Certo, «Nulla da eccepire, chi fa da se fa per tre, se non fosse però che il regolamento presenta non poche imprecisioni e ambiguità e qualche palese errore, che rischiano di minarne lo spirito e di promuovere una miriade di contenziosi».

Quello che il regolamento dice. Per la presidente Fagioli non deve trarre « in inganno il fatto che il regolamento parli solamente di usi "non potabili" dell’acqua, perché se l’acqua potabile, quella da bere, è un diritto inalienabile, gli altri usi della risorsa non sono meno essenziali per la collettività ed il benessere psicofisico dei suoi membri. Stupisce quindi che la Regione Toscana sia inciampata malamente su un argomento così critico».

Possibile che triplichino i canoni demaniali. Inoltre «stupisce, farebbe anzi pensar male, quando si nota che tra le ambiguità della nuove norma, ce ne sono di quelle che consentirebbero di triplicare i canoni demaniali per la concessione di acque pubbliche (e tutte le acque, lo rammentiamo per chi non lo sapesse, sono demanio pubblico)».

L'acqua, un bene prezioso per l'economia della Toscana. Dai dati messi a disposizione dalla Regione, gli ultimi disponibili fanno riferimento al 2009, escluso il fabbisogno per scopo domestico, in Toscana sono necessari 138 milioni di metri cubi di acqua all'anno per gli usi in agricoltori mentre sono 195 milioni i metri cubi necessari all'industria. Un fabbisogno complessivo di 333 milioni di metri cubi di risorsa idrica sui quali pesa il 30% di perdite per irrigazione in agricoltura.

Pozzi domestici senza collaudi certificati, la responsabilità penale è dei cittadini. Quel che poi «più che stupire, preoccupa è che per la realizzazione dei pozzi domestici che sono i più numerosi in assoluto, decine di migliaia su tutto il territorio regionale, in aree “non critiche” si lascia ampia discrezionalità alle imprese di fornire al cittadino committente un’opera priva di collaudo certificato. In questo modo si riversa addosso al cittadino stesso la responsabilità, non solo amministrativa, ma anche penale, di attestarne la buona esecuzione. Non si comprende perché, con tutta l’attenzione alle falde idriche, non si richieda, quando ci si va a fere un buco dentro, che sia sempre e comunque un tecnico competente a verificare e certificare che non facciano danni. Verrebbe quasi da pensare che qualcuno abbia paura della professionalità di noi geologi».

Sui pozzi un calderone raccogliticcio con violazioni delle buone pratiche. Certo è che «quando un geologo legge il “disciplinare di buone pratiche per la realizzazione di pozzi” allegato alla norma, gli cadono le braccia. Un calderone raccogliticcio, con qualche vera perla che brilla per palese violazione non solo della buona pratica, ma anche del più elementare principio di precauzione. Una norma che si limita a dire che in caso si perforino più falde idriche è semplicemente buona norma captarne una sola, significa di fatto continuare a tollerare una pratica pericolosa e diffusa, che mette in comunicazione artificialmente falde naturalmente separate, senza nemmeno sincerarsi se una di esse è inquinata, con danno per sia per gli utenti che per la risorsa.

Non fare ciò non è semplicemente “buona norma” è rispetto dell’ambiente, del buon senso e della salute pubblica, e dove ciò fosse stato fatto in passato è compito del legislatore imporre che vi si ponga tempestivamente rimedio».

I geologi rinnovano il loro invito a collaborare. «L’assenza di norme, o peggio, la loro qualità discutibile sono, nel caso specifico dell’acqua, un segnale di disattenzione particolarmente allarmante. Auspicando che la nostra Regione, che ha già ampiamente dimostrato la capacità, in materia di ambiente e salute pubblica, di legiferare bene, sappia e voglia riprendersi dallo scivolone in cui è incappata, rinnoviamo la piena disponibilità dei geologi, che l’argomento lo trattano con competenza tutti i giorni, non solo sulla carta, ancorché bollata, a contribuire a trasformare una pericolosa svista in un esempio di come ci si riprende dopo uno scivolone», conclude Fagioli.

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