Consumi: a dicembre 2020 la Toscana a -53,6%

Appello dei pubblici esercizi al Ministro Patuanelli: “Una strategia per ripartire”. La preoccupazione di Confcommercio per gli equilibri e la sopravvivenza di migliaia di imprese. Naccari (TNI-Ristoratori): "Divieto di asporto alle 18? L'ennesima pugnalata. Sulla coscienza ci sono 20 mila imprese"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 gennaio 2021 23:45
Consumi: a dicembre 2020 la Toscana a -53,6%

Firenze, 19 gennaio 2020- Dai dati dell’Osservatorio EY-Confimprese che analizzano l’andamento dei consumi di mercato di dicembre 2020, nei settori abbigliamento e accessori, food&beverage (ristorazione servita, quick service e bar) e non food (retail cosmetica, arredamento, servizi, cultura), dai quali emerge che:

  • l’anno del 2020 si chiude a -38,9% vs il 2019: ancora un calo drammatico dei consumi a dicembre rispetto al 2019 con -46,6% in miglioramento rispetto al -67,1% di novembre.
  • Il crollo più importante a dicembre arriva dalla ristorazione -66,8%, l’abbigliamento chiude a -45%, il non food a -29,3%.
  • Sempre in grande sofferenza il travel con -67,2%.

    Su base annua chiude a -59,7%.

  • nei trend per regioni a sorpresa le peggiori sono Friuli-Venezia Giulia e Veneto -55,5%, seguite a breve distanza da Toscana -53,6%, Campania -51,5%, Emilia-Romagna -50,4%.
  • nei trend per città Firenze segna -59,6%.

Restituire la dignità al settore dei Pubblici esercizi, attraverso un piano ben definito che conduca a una riapertura in sicurezza dei locali. Una riapertura anche graduale, purché stabile e in grado di garantire l’effettiva possibilità di lavoro a 300mila imprese, che negli ultimi 12 mesi hanno registrato circa 38 miliardi di euro di perdita di fatturato. È questa la principale richiesta rivolta da Fiepet-Confesercenti al ministro per lo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, nel corso dell’incontro che si è tenuto lunedì 18 gennaio, tra le associazioni di categoria rappresentanti delle imprese e dei sindacati dei lavoratori. Un incontro fortemente voluto dalla nostra Associazione, e che ha visto la presenza anche del viceministro Alessia Morani.

Crediamo che sia fondamentale tutelare e salvaguardare l’aspetto sanitario, rispettando le regole e misure previste. – afferma Franco Brogi Presidente Fiepet Confesercenti Firenze - Una scelta per la salute che, però, non è stata sostenuta da una politica di sostegno alle imprese sufficiente. Nonostante gli investimenti già fatti dagli imprenditori del settore siamo disponibili a implementare i protocolli sanitari, coinvolgendo anche il Comitato tecnico scientifico, con l’obiettivo di riprendere l’attività serale di ristorazione nelle Regioni gialle e dare la possibilità ai locali di restare aperti almeno sino alle 18 nelle zone arancioni”. “Nel 2020 il mondo della ristorazione è rimasto chiuso in media 160 giorni, moltissime attività sono vicine a superare il punto di non ritorno.

Le nostre imprese necessitano di indennizzi; senza sostegni immediati, e ben più consistenti di quelli ricevuti fino ad ora, migliaia di imprese falliranno. – prosegue Brogi – E’ essenziale rafforzare le misure economiche a sostegno del settore, a cominciare dal decreto ristori Quinques, rivedendo i meccanismi di calcolo dei contributi a fondo perduto su base annua. Non solo. È indispensabile esentare i Pubblici esercizi dal pagamento dell’Imu 2021, prolungare gli ammortizzatori sociali fino al termine del periodo di crisi, intervenire sulle locazioni commerciali, prorogando di altri 4 mesi il credito d’imposta e incentivando i locatori a ridurre i canoni ed estendere a 15 anni il periodo di ammortamento anche dei prestiti fino a 800mila euro garantiti dal Fondo Centrale di garanzia.” “Chiediamo provvedimenti straordinari per far fronte a un’emergenza straordinaria, che rischia di far scomparire un settore che dà lavoro a 1,2 milioni di persone e rappresenta una componente essenziale del tessuto economico del nostro Paese. – conclude il Presidente Fiepet Confesercenti FirenzeSono necessarie scelte coerenti nelle riaperture e risposte chiare e immediate.

Le nostre imprese non sono interruttori, ma da sempre tengono accesa la luce in tutto il Paese: oggi meritano questo rispetto”.

Il Ministro Patuanelli si è mostrato disponibile a collaborare e ha ritenuto condivisibili le considerazioni e le richieste fatte dalle associazioni. Il Ministro ha inoltre dichiarato di aver già richiesto un tavolo di confronto con il Ministro della Sanità e con il CTS per discutere sulle modalità di ripartenza del settore intervenendo sui Protocolli Sanitari, ha condiviso l’ipotesi di un commissario straordinario che gestisca lo stato di crisi del comparto, e ha confermato lo stanziamento di ulteriori ristori perequativi e progressivi, rapportati alle perdite di fatturato dell’intero anno 2020, mentre per l’esercizio 2021 si procederà inizialmente riprendendo le vecchie modalità utilizzate per gli indennizzi a fondo perduto.

“Il divieto di asporto dopo le ore 18:00 per i codici Ateco 56.3 (bar senza cucina) e 47.25 (commercio al dettaglio di bevande) cala come una mannaia su migliaia di piccoli bar e attività che finora hanno animato i nostri centri storici e i paesi. Non ha alcun senso dal punto di vista della sicurezza ed è evidente che sia solo un modo per scaricare sulle imprese l’incapacità dello Stato di gestire l’ordine pubblico”. Lo dice il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni, che conferma così la posizione di netta contrarietà della sua associazione alla norma contenuta nell’ultimo Dpcm approvato dal Consiglio dei Ministri il 14 gennaio scorso. “La priorità di tutti, ormai da un anno, è contenere la pandemia.

E questo si fa con il rispetto delle regole fissate dai protocolli di sicurezza e con il buon senso e l’intelligenza di tutti, imprenditori e cittadini. Ecco perché servono più controlli: per reprimere chi fa il furbo ma lasciar vivere tutti gli altri che invece le regole le osservano con diligenza”, prosegue Marinoni. “Invece, per fare prima, si decide di impedire di lavorare a qualcuno sì e a qualcuno no, creando tra le imprese figli e figliastri, che aumentano con l’aumentare dei Dpcm.

Questo mentre file e assembramenti continuano ad essere tollerati sui mezzi di trasporto pubblico, nei supermercati o nelle strade cittadine anche con i pubblici esercizi chiusi, come accaduto la settimana scorsa a Lucca e in qualche altra città toscana”. “Liquidare il tema della movida mettendo in capo ogni responsabilità ai gestori dei locali è non vedere la realtà. Si tratta infatti di un fenomeno sociale che va gestito con strumenti, anche psicologici e culturali, adeguati. Riguarda una generazione che ora, evidentemente, si sente allo sbando.

E se i gestori sono chiamati a rispondere della sicurezza dentro i loro locali, non possono certo risolvere quel “male di vivere” che porta i giovani allo sballo senza regole. Va studiato e governato in ben altro modo, con il coinvolgimento di famiglie, scuole, istituzioni. Neppure la repressione basta a risolverlo, anche se non guasterebbe un presidio rinforzato. Poi c’è il problema degli spazi: quelli privati come i nostri sono controllati, ma quelli pubblici come le piazze chi li gestisce anche dal punto di vista sanitario, facendo rispettare distanziamento e altre regole? Ma continuiamo pure a dire che è tutta colpa dei baristi…”

Secondo Confcommercio Toscana, l’esperienza collettiva del Covid19 è destinata a cambiare profondamente il mondo dei pubblici esercizi e non solo: “molto del nostro stile di vita e di consumo è già cambiato e non tornerà come prima. Ristoranti e bar che hanno spazi più ampi potranno dare più garanzia di sicurezza per il consumo interno, i locali più piccoli dovranno invece reinventarsi, puntando di più su asporto e consegna a domicilio. Ma non è un processo che può avvenire dall’oggi al domani.

Le imprese andranno accompagnate e sostenute, per esempio abbattendo i costi fissi –utenze, affitti, tasse, costo del lavoro – fino a che i ricavi continueranno a languire. Il rischio è che le più non sopravvivano, come abbiamo più volte denunciato. Dei 21mila pubblici esercizi che esistevano in Toscana nel 2019 cosa resterà fra sei mesi, di questo passo? Un quarto almeno è destinato a scomparire. E con loro l’occupazione che esprimevano. Ma dovremo dire addio anche ad un modello di ospitalità e accoglienza al quale siamo abituati da generazioni”.

“Il divieto d'asporto per i bar dopo le 18:00? E' una misura drammatica, che colpisce una categoria già in ginocchio. Nessun imprenditore che vuol fare bene il suo mestiere viola le regole. Se c'è qualcuno che lo fa, va punito. Ma non è giusto che per pochissimi, ci debba rimettere un'intera categoria. Si dovrebbe invece fare il contrario: consentire di lavorare a tutti quei locali che operano nelle regole e in sicurezza e inasprire le sanzioni per chi invece viola la legge. Alla luce degli ultimi dati, bisognerebbe studiare un piano che ci permetta di riaprire anche la sera.

Lo ripetiamo da mesi: bisogna mettere gli imprenditori nelle condizioni di lavorare se si vuole evitare che si arrivi a gesti estremi”, afferma Pasquale Naccari, portavoce di Tni Tutela Nazionale Imprese e presidente di Ristoratori Toscana. “Non siamo sorpresi, però. Il modo in cui agisce il Governo è sempre il solito: siccome non è in grado di individuare i trasgressori, allora preferisce chiudere tutti. Se si continua così, ci attende la distruzione del tessuto economico della nostra regione, già messo a dura prova” . “Secondo i dati di Unioncamere-Infocamere – sottolinea Naccari – nel 2020 hanno chiuso definitivamente i battenti 273mila imprese in Italia, di cui quasi 20 mila in Toscana.

La situazione peggiore si registra nelle città più legate ai flussi turistici. Solo a Firenze nel 2020 sono sparite 5.324 imprese, con un saldo negativo di -347, a Siena 1.387 (saldo -121), a Pisa 2.175 (-16). Che direzione vogliamo dare a questo 2021? Le imprese creano lavoro. Al terzo trimestre 2020, dati Istat, in Toscana ci sono 117mila disoccupati, 14mila in più rispetto al 2019”.

"È un provvedimento inutile che sposta il problema senza risolverlo. Assurdo imporre a un locale un divieto quando a pochi metri ci sono attività che possono continuare a vendere alcol senza problema" spiega Carlotta Marcucci, titolare del Bar Fernando a Incisa.

"L'ennesimo provvedimento che penalizza le nostre attività. Inutile tra l'altro, visto che basta spostarsi di pochi metri per comprare da bere. Gli assembramenti sono in strada non all'interno dei nostri locali. E noi gestori siamo i responsabili di quello che succede dentro e non fuori" aggiunge Veronica Polimeni del bar ristorante Amici del Circolo Casa del Popolo al Galluzzo.

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